Iscriviti OnLine
 

Pescara, 24/11/2024
Visitatore n. 740.939



Data: 13/12/2014
Testata giornalistica: Il Centro
«È stata una guerra ci picchiavano e basta». Il terribile racconto di Stromei storico direttore generale dell’aeroporto d’Abruzzo, per 20 minuti in balìa di quattro banditi a caccia di soldi

PESCARA «Mi hanno buttato subito faccia a terra, uno ce l’avevo addosso, sopra alle spalle. Questa è una rapina ci gridavano, il primo che parla spariamo. E da lì è iniziata un’autentica guerra». Gianfranco Stromei, 77 anni, storico direttore generale dell’aeroporto d’Abruzzo e attuale presidente del collegio sindacale dell’Aca, accetta di raccontare i venti minuti più brutti della sua vita con la serenità di chi può dire «per fortuna è finita. Ma è stato brutto, bruttissimo, un inferno». Con otto punti di sutura a un orecchio e la testa piena di ferite per quante volte giovedì sera i banditi gliel’hanno sbattuta contro le pareti di casa a caccia di soldi e cassaforti, Stromei ha passato la notte senza chiudere occhio. Per i dolori, la paura, ma soprattutto per la rabbia di aver visto picchiare la moglie. «È irriconoscibile», racconta, «le hanno rotto il setto nasale con il calcio della pistola, ha perso sangue, e ha preso botte e pugni come me. Ci vuole coraggio a prendersela così». Con la signora Gabriella, 71 anni, giovedì sera Stromei stava rientrando nella loro villa di via San Comizio, una traversa di via Andre Doria, in compagnia di un’amica di famiglia di 42 anni che dall’aggressione è uscita con una prognosi di sette giorni a fronte dei 30 della signora Stromei e dei 15 per l’ex direttore della Saga. L’agguato. «Siamo entrati nel giardino con la macchina», racconta, «erano circa le otto. e siamo scesi. Il tempo di togliere l’allarme per rientrare a casa e dopo un secondo ci siamo ritrovati quattro persone addosso. Ci stavano aspettando e da quel momento è iniziata un’autentica guerra, ci menavano e basta. Ho cercato di reagire, ma loro erano quattro e tutti grossi, almeno uno e novanta. Avevano la faccia coperta dai passamontagna, le pistole, si vedevano solo gli occhi. Tre di loro ci hanno portato dentro casa, il quarto è rimasto fuori, ha rotto pure la telecamera all’ingresso». I pugni e la pistola. È dentro casa che si scatena l’inferno. «Volevano principalmente i soldi», riprende Stromei, «e mi colpivano alla testa con i pugni e il calcio della pistola di continuo. Più mia moglie gridava di lasciarmi stare e più picchiavano anche lei, con il calcio della pistola l’hanno colpita al volto. Le gridavano zitta, non parlare. Anche l’altra persona che era con noi ha preso delle botte in testa, ma poi le hanno legate entrambe alla sedia. A me mi portavano in giro per casa alla ricerca di quello che volevano, principalmente soldi. Io cercavo di dirgli che i soldi in casa non ce li ha più nessuno, gli ho mostrato anche lo scontrino di un negozio in cui risultava che avevo pagato con il bancomat per fargli capire che non avevo contanti. Niente. Ogni volta una botta, la testa sbattuta contro il muro. Li ho portati alla cassaforte, ma per la paura e la confusione non trovavo neanche la chiave, ci ho messo un po’ e alla fine l’ho aperta». I gioielli e gli insulti. «Nella cassaforte, c’erano i gioielli di mia moglie, brillanti, oro, una collana con gli smeraldi, gli orecchini, cose di un certo valore, ma non si accontentavano. Hanno preso un altro cofanetto dove c’era la bigiotteria pregiata di mia moglie, ma continuavano a dire che li dovevo portare all’altra cassaforte. C’è solo questa gli dicevo, ma loro mi urlavano, se non mi apri l’altra cassaforte ti sparo. Poi hanno tirato fuori un cacciavite lungo 40 centimetri, lo puntavano alla gola di mia moglie: se non apri la scanno. A quel punto gli ho detto, allora facciamo il giro della casa, guardiamo dietro tutti i muri e così è stato. Solo che ogni volta che alzavano un quadro e la cassaforte non c’era, mi arrivava un cazzotto. Bastardo, figlio di puttana, pezzo di merda. Me ne hanno gridate di tutti i colori. In particolare c’era uno che sembrava più aggressivo, gli altri erano più determinati a cercare. Dopo venti minuti così, ci hanno chiuso nel bagno a tutti e tre. Ci hanno detto che rimanevano in casa, se gridavamo ci avrebbero sparato. Siamo rimasti immobli lì dentro per altri venti minuti, poi abbiamo sentito il silenzio più assoluto e siamo usciti dalla finestra. Da fuori abbiamo trovato la porta di casa aperta, loro non c’erano più e abbiamo chiamato polizia e carabinieri con il telefono fisso, perché ci avevano preso tutti i cellulari, che abbiamo ritrovato buttati in giardino». Rabbia e paura. Alla fine, ma l’ammontare è tutto ancora da quantificare, i banditi hano portato via gioielli e soldi per circa 50mila euro. «Mia moglie sta male», riprende l’ex direttore della Saga, «perchè ora ce lo possiamo raccontare ma è stato veramente brutto, da non augurare neanche al peggior nemico. Perchè sono dei delinquenti che menano e ammazzano, degli assassini». Eppure era convinto, Stromei, di essersi protetto bene: «Ho fatto questa casa in modo tale che i banditi per entrarci dovevano usare un cannone. L’unica possibilità per entrare era insieme a me e l’hanno fatto». I sospetti. Quanto a eventuali sospetti su chi può aver fatto da basista alla banda che arriva sicuramente da fuori, quasi certamente dall’est Europa, Stromei non ha sospetti: «In casa nostra non entra nessuno, abbiamo solo gente fidata che si conta sulle dita di una mano e che sta con noi da tanti anni. Piuttosto il problema è questa zona: siamo circondati da delinquenti, da gentaglia che bivacca in questi edifici fatiscenti dove proprio qualche giorno fa ci sono stati gli incendi: fino a quando non decideranno che cosa fare di quest’area sarà così. Ma tanto è così, dietro le sbarre delle nostre case ci siamo noi, i banditi stanno fuori».

www.filtabruzzo.it ~ cgil@filtabruzzo.it