PESCARA C’è il postino finito in ostaggio della vecchietta che lo ha chiuso dentro al cancello in attesa di accertarsi che le avesse messo nella cassetta delle lettere la bolletta che aspettava, a Bussi, o il portalettere che dopo un mese di assenza per malattia ha trovato tutta la posta della sua zona, ai Colli di Pescara, tutta ancora da consegnare. Non sono esempi limite, ma lo specchio di una situazione al collasso che riguarda Pescara e tutto l’Abruzzo, e che sta esasperando non solo i cittadini che patiscono i ritardi, con tutto quello che consegue per le bollette ricevute già scadute e per le quasi in tanti stanno presentando denuncia ai carabinieri, ma anche gli stessi portalettere, vittime di un sistema in cui sono proprio loro a pagare il prezzo più alto in termini di fatica e insulti da parte dell’utenza. «E invece i portalettere non c’entrano niente», tuona Sergio Di Marcantonio, segretario generale regionale del Sindacato lavoratori Comunicazione (Slc) della Cgil che il 3 dicembre ha comunicato a Poste Italiane la sospensione delle relazioni industriali Servizi postali. «Nonostante le ripetute denunce, l’azienda continua a essere inadempiente, e intanto perdurano le carenze organizzative che pregiudicano il raggiungimento di un seppur minimo standard qualitativo nel servizio». Una situazione destinata a peggiorare, sostiene Di Marcantonio, con gli emendamenti al piano di stabilità relativo al pacchetto poste e il nuovo piano industriale che sarà presentato domani: «Sicuramente ci sarà una nuova ristrutturazione dopo l’ultima del 2013 in cui ci fu un taglio di 5mila unità». Ma a fronte di giacenze e di zone che rimangono puntualmente scoperte, da Roseto ad Avezzano, passando per Tocco da Casauria, Pescara (soprattutto nelle zone centrali), Montesilvano (da cui dipende anche tutta l’area vestina) e i centri dell’alto Vastese, l’azienda continua a rispondere che in Abruzzo i numeri sono in linea, come sottolinea Massimo Giancola, coordinatore provinciale della Slc-Cgil. «È vero», dice Giancola, «che sulla carta i portalettere ci sono, ma non si tiene conto che quotidianamente ci sono le assenze per malattia, le ferie praticamente obbligatorie, le maternità, le 104 e gli infortuni, che nei report dell’azienda riguardano per il 70 per cento i portalettere. E il risultato è che mediamente nei centri primari manca almeno il 10 per cento del personale che esce a consegnare la posta con punte che a Montesilvano, ad esempio, arrivano al 25 per cento». Assenze che, come sostengono i sindacalisti e come raccontano i fatti, si traducono in cumuli di posta che non viene consegnata fino a quando il postino responsabile della sua zona non rientra al lavoro. «Dei 15 contratti a tempo determinato fatti quest’estate ne hanno riconfermati solo 5 su Montesilvano», sottolinea Di Marcantonio, «e intanto continuano a mettere in ferie il personale perché è tra gli obiettivi chiesti dall’azienda». Giorni quasi mai concordati con il lavoratore, fa notare il coordinatore regionale della Slc Cgil, Antonio Napoleone, «e che finiscono per cadere quasi sempre di venerdì». «Se si pensa che abbiamo la settimana corta e che il sabato non si lavora», sottolinea Giancola, «si fa presto a capire perchè ci troviamo in questa perenne emergenza. Carichi enormi che Poste cerca di smaltire con il ricorso agli straordinari e agli obblighi di flessibilità operativa. Vale a dire l’obbligo per i portalettere di coprire, nello stesso orario di lavoro di 7 ore e 12 minuti, anche parte di un’altra zona. «Anche nel caso dello straordinario», fa notare Di Marcantonio, «l’azienda ha sforato ampiamente il tetto delle 250 ore annuali previste dal contratto, ma tanto succede pure che i responsabili dei centri dove si accumula più giacenza ottengono i premi ad personam perché hanno raggiunto gli obiettivi». Il risultato sono le denunce penali che professionisti e commercianti hanno iniziato a presentare ai carabinieri, e un malessere sempre più diffuso tra i postini che, nelle zone interne, arrivano a coprire anche 120 chilometri al giorno. «Ma non è più accettabile», concludono i sindacalisti che annunciano «una denuncia all’ufficio del lavoro».