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Pescara, 24/11/2024
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Data: 23/12/2014
Testata giornalistica: Il Centro
Fascisti, esaltati e pericolosi. Dall’Abruzzo progettavano attentati, omicidi e rapine: 14 arresti, di cui 8 in regione. Nel mirino di Avanguardia Ordinovista anche Chiodi e Del Turco. Intercettazioni-choc

Si preparavano a uccidere politici, quelli senza scorta, magistrati, a far saltare in aria prefetture, questure, sedi di Equitalia e le metropolitane delle principali città, bruciare campi rom e non erano escluse azioni in Abruzzo come una bomba nella sede di Equitalia a Chieti in centro. Lo scopo di questo gruppo di esaltati dai metodi stragisti era di minare la stabilità sociale e preparare il terreno a un nuovo soggetto politico di ispirazione neofascista che potesse impadronirsi delle istituzioni. Ma la retata dei carabinieri del Ros, nell’operazione «Aquila Nera», ha bloccato sul nascere il piano eversivo del gruppo clandestino «Avanguardia Ordinovista», che aveva la base principale a Montesilvano, importanti ramificazioni all’Aquila e nella provincia di Chieti. Oltre a basisti in tutta Italia: Ascoli, Milano, Sassari, Gorizia, Como, Varese, Roma, Torino, Palermo, Modena e Venezia. Il bilancio provvisorio è di 14 arresti (3 ai domiciliari) e 31 indagati. Gente che di certo non aveva remore se, come si apprende da un’intercettazione, avevano chiesto soldi per finanziarsi (senza successo) anche all’ex premier Silvio Berlusconi. Gli arresti, chiesti e ottenuti dalla Procura distrettuale dell’Aquila dal pm Fausto Cardella e dal sostituto Antonietta Picardi, sono stati inevitabili, visto che dalle intercettazioni era chiara l’intenzione di fare un attentato prima di Natale. Anche in precedenza era stato sventato un tentativo di rapinare armi, 21 fucili, nell’abitazione di un collezionista residente in via Chieti nel centro di Pescara, che li deteneva regolarmente. I carabinieri hanno fatto irruzione nell’abitazione e, facendo leva su alcune irregolarità amministrative, hanno prelevato il piccolo arsenale. Il tentativo di procurarsi armi era palese, visto l’interesse per reperire anche ordigni della seconda guerra mondiale. Altre armi, i kalashnikov, stavano per arrivare dalla Slovenia. Tra i progetti (poi saltati) anche l’uccisione di Marco Affatigato, ex Ordine Nuovo, ma passato ai servizi segreti e dunque ritenuto un traditore. Alla conferenza stampa hanno partecipato, oltre ai due magistrati, anche il comandante nazionale dei Ros, Mario Parente, e il generale Claudio Quarta, comandante Legione carabinieri Abruzzo, Paolo Piccinelli comandante provinciale dei carabinieri di Pescara, che hanno spiegato l’evoluzione delle indagini durate due anni a fronte di reati gravissimi contestati agli arrestati: associazione con finalità di terrorismo o di eversione dell'ordine democratico e associazione finalizzata all'incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, o religiosi. Le indagini, agevolate dalla presenza di due carabinieri infiltrati, sono partite attorno al gruppo guidato da Stefano Manni, 48 anni, originario di Ascoli Piceno ma residente a Montesilvano (dove progettava rapine), il quale vanta un legame di parentela con Gianni Nardi, che negli anni Settanta fu uno dei maggiori esponenti di Ordine Nuovo. Il gruppo ha utilizzato Facebook come strumento di propaganda eversiva, incitamento all'odio razziale e proselitismo. A tal riguardo Manni (ex sottufficiale dei carabinieri nella stazione di Chieti Scalo fino al 1998, poi riformato per motivi di salute) aveva realizzato un doppio livello di comunicazione: in uno con un profilo pubblico lanciava messaggi volti ad alimentare tensioni sociali e a suscitare sentimenti di odio razziale, in particolare nei confronti di persone di colore; in un altro, con un profilo privato limitato ad un circuito ristretto di sodali, discuteva le progettualità eversive del gruppo. Tra gli arrestati anche la sua convivente, Marina Pellati, che faceva proselitismo tramite la pagina Facebook «Nuovo centro studi Ordine Nuovo» interagendo con nomi falsi; Luca Infantino, ritenuto un soggetto assai operativo nelle riunioni del gruppo a Pescara e Montesilvano, oltre che creatore del logo del gruppo eversivo. L’aquilano Piero Mastrantonio e la compagna anche lei aquilana, Monica Malandra (ai domiciliari), insieme a Manni, Pellati, Franco Grespi, Ornella Garoli, Emanuele Pandolfina, sono accusati dal pm anche di una tentata rapina per impossessarsi di armi. In manette anche Maria Grazia Callegari, collaboratrice di Manni con l’incarico di verificare la credibilità dei simpatizzanti, oltre a essersi dichiarata disponibile per ogni azione. Tra le principali indiziate anche Katia De Ritis che, come Infantino, svolgeva attività clandestina parallela ed era punto di riferimento di per individuare strategie e obiettivi. Franco Montanaro è accusato di essersi agganciato al gruppo di Manni «per la commissione di azioni violente». Analoghe le contestazioni mosse a Franco La Valle amico di Manni con il quale aveva partecipato a un incontro a Fara Filiorum Petri. Ai domiciliari ci sono Luigi Di Menno Di Bucchianico, in quanto sostenitore di un intervento violento e critico «per la lentezza delle azioni da mettere in campo da parte di Manni» e Marco Pavan, che ha dato disponibilità a porre basi operative del progetto in Veneto. «Crediamo di essere arrivati» ha commentato Cardella, «prima che l'organizzazione entrasse in azione, i progetti c'erano, non potevamo correre il rischio di scoprire dopo quanto fossero concreti. Per la prima volta abbiamo applicato la norma che prevede la presenza di agenti infiltrati assieme alle intercettazioni e agli altri strumenti investigativi utilizzati».

Nel mirino Chiodi, Del Turco e Casini
Il gruppo ce l’aveva con “la casta” e progettava di eliminare i politici senza scorta: «Farà scalpore»

PESCARA È stato sotto scorta da aprile al 30 settembre di quest’anno l’ex presidente della Regione Abruzzo Gianni Chiodi, che il 17 maggio dovette rinunciare ai comizi in programma a Gioia dei Marsi e ad Avezzano per motivi di sicurezza. Gli stessi motivi per cui gli fu sconsigliato, in piena campagna elettorale, di esporre sulla sua auto simboli politici che lo rendessero facilmente riconoscibile e, anche, di pubblicare sulla bacheca Facebook gli appuntamenti elettorali. E il tutto mentre, a settimane alterne, Digos e carabinieri iniziarono a scortarlo da mattina a sera. A distanza di mesi, si scopre che il gruppo neofascista abruzzese arrestato ieri stava mettendo a punto un piano per attentare non solo a Chiodi, ma anche al predecessore di Chiodi, Ottaviano Del Turco, e a Pier Ferdinando Casini. «Politici senza scorta» e dunque obiettivi con alto indice di fattibilità che, con «i punti di aggregazione di extracomunitari», rappresentavano gli obiettivi da abbattere per avviare quella strategia della tensione di cui parla spesso il presunto capo del gruppo, Stefano Manni. Ma in realtà il pallino dei politici cel’hanno i lancianesi Luigi Di Menno Di Bucchianico e Katia De Ritis, come si evince da una lunga conversazione registrata durante una riunione a Lanciano a casa di De Ritis lo scorso 11 ottobre. In quella sede Di Menno incita il gruppo ad andare da Del Turco, l’ex governatore della Regione, «andiamolo a trovare, lo facciamo trovare impiccato, questi sono senza scorta». Poi Di Menno insiste con Chiodi e quando Manni gli chiede: «Ma oggi il tuo problema qual è, il governatore della Regione Abruzzo?» Di Menno replica: «È la casta dei politici, a me interessa colpire il politico, è lui il problema. Pianifichiamo di mettere in ginocchio i politici». Manni non è d’accordo, ce l’ha con gli italiani che stanno avallando il sistema, è loro che devo colpire», ma Di Ritis incalza: «Se tu ammazzi 10-11 politici in un giorno, la cosa farà scalpore». Manni propone allora il vice sindaco dell’Aquila (Nicola Trifuoggi) e la senatrice aquilana Stefania Pezzopane.

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