L’AQUILA «È brutto dirlo ma credo sia il caso di riprendere la strada dell’Italicus, però su ampissima scala» dice Stefano Manni, considerato il capo indiscusso di Avanguardia Ordinovista, l’associazione sovversiva smantellata dai carabinieri del Ros (grazie anche a due infiltrati), in una conversazione intercettata, riportata nell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip dell’Aquila. «È giunto il momento di colpire, ma non alla cieca, vanno colpiti precisi obiettivi: banche, prefetture, questure, uffici di Equitalia, uffici delle Entrate, con i dipendenti dentro», aggiunge. Il gruppo progettava omicidi politici e stragi, ritenendo, come scrive Manni sul suo profilo Facebook il 28 settembre 2013, «il momento storicamente perfetto per carbonizzare Napolitano e la sua scorta».
GLI OBIETTIVI
L’operazione “Aquila nera” ha portato all’arresto di 14 persone, di cui 11 in carcere e 3 ai domiciliari. Altre 31 persone sono indagate. Le ordinanze di custodia cautelare sono state emesse nelle province di Chieti, Pescara, L’Aquila, Teramo, Padova, Milano, Como, Varese, Lodi, Pavia, Roma, Rieti, Ferrara, La Spezia, Gorizia, Ascoli Piceno, Napoli, Sassari, Modena, Udine e Torino. Tra gli obiettivi, l’ex presidente della Regione Abruzzo, Gianni Chiodi, messo sotto scorta qualche tempo fa, e l’onorevole Pierferdinando Casini. Alcuni degli indagati ipotizzavano azioni nei confronti di esponenti dello Stato (ministri, rappresentanti delle forze dell’ordine o magistrati): «1-10-100-1000 Occorsio (pm ucciso nel ’76, ndr) e di enti pubblici». Nel mirino Mario Monti, Matteo Renzi, Cecile Kyenge, Laura Boldrini ed Enrico Letta, a cui è dedicato un post: «Tu sai, vero, che sei stato condannato a morte?».
IL WEB
Il gruppo clandestino avrebbe elaborato un piano «volto a mirare la stabilità sociale attraverso il compimento di atti violenti» e anche previsto, in un secondo momento, di partecipare alle elezioni politiche con un proprio partito. Stando a quanto dichiarato in conferenza stampa all’Aquila dal generale Mario Parente, comandante nazionale dei Ros; dal procuratore dell’Aquila, Fausto Cardella e dal pm Antonietta Picardi, avrebbe «utilizzato il web e in particolare Facebook come strumento di propaganda eversiva, incitamento all’odio razziale e proselitismo». Manni aveva realizzato un doppio livello di comunicazione: in uno, con un profilo pubblico, lanciava messaggi volti ad alimentare tensioni sociali e a suscitare sentimenti di odio razziale in particolare nei confronti di persone di colore, e in un altro, con un profilo privato, limitato a un circuito ristretto di sodali, discuteva le progettualità eversive del gruppo. L’organizzazione era pronta a fare una rapina per sottrarre 21 armi in casa di un collezionista di Pescara e aveva effettuato un sopralluogo per portarne a termine un’altra ai danni di un supermercato di Montesilvano.
LA MENTE
Il fulcro dell’organizzazione era in Abruzzo: la mente era Stefano Manni, 48 anni, originario di Ascoli Piceno, ma residente a Montesilvano, fino a 10 anni fa maresciallo nei carabinieri. Si occupava del proselitismo e del reperimento dei fondi. Vanta un legame di parentela con Gianni Nardi, terrorista neofascista negli anni ’70, uno dei maggiori esponenti di Ordine Nuovo. Il ruolo di ideologo era affidato a Rutilio Sermonti (tra gli indagati), 93 anni, ex appartenente a Ordine nuovo, autore di uno “Statuto della Repubblica dell’Italia Unita”, una sorta di nuova carta costituzionale di matrice fascista.
GLI ARRESTATI
Gli arrestati, oltre a Manni, sono Marina Pellati, Luca Infantino, Piero Mastrantonio, Emanuele Pandolfina Del Vasto, Franco Montanaro, Franco La Valle, Maria Grazia Callegari, Franco Grespi, Ornella Garoli, Katia De Ritis. Ai domiciliari, Monica Malandra, Marco Pavan, Luigi Bucchianico Di Menno. Sono accusati di associazione con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico e associazione finalizzata all’incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi. «Azioni eversive erano in cantiere anche in Abruzzo» ha spiegato Cardella: «Crediamo di essere arrivati prima che l’organizzazione entrasse in azione». «All’ideologia neofascista tipica degli anni ’70 - ha aggiunto Parente - si sono affiancati temi come quella dell’immigrazione, definita “l’invasione degli stranieri in Italia”».
Tutti i deliri del capo dei neofascisti «È l’ora di carbonizzare Napolitano». L’appello ai proseliti del fondatore del gruppo:
«Siete pronti ad avere sulla coscienza 150 bestie?» La nuova strategia della tensione lanciata dal web «Colpire le sedi di Equitalia con i dipendenti dentro»
ROMA «Quando volete è tutto pronto...Una domanda preliminare: avete il coraggio di premere il tasto di un telecomando ed avere 150 bestie sulla coscienza?» È il 27 ottobre dello scorso anno, Stefano Manni, ex carabiniere congedato per questioni di salute, ora considerato il fondatore dell’associazione Avanguardia Ordinovista, cerca proseliti e inneggia alla «strategia della tensione». L’uomo che per gli uomini dell’Antiterrorismo del Ros, diretti da Massimiliano Macilenti, è il fondatore del gruppo di neofascisti, incita, offende, minaccia, e lo fa utilizzando principalmente il web e i social network.
I PROFILI
Ha più facce l’indagato di punta dell’inchiesta abruzzese, o meglio ha più profili su Facebook: Pietro Andolfi, Serit Hassein, o un non ben definito generale dei carabinieri di 71 anni che sarebbe uno dei fondatori di Ordine nuovo. Da una bacheca a un’altra, il Manni pensiero spazia tra il razzismo più becero e violento, e la minaccia di una nuova strage dell’Italicus. «Va fatta un’azione mirata - dice all’amico-complice Luca Infantino - È stata studiata a tavolino, eh. Fatta di cabine telefoniche, telefoni a un cellulare...e parte il grande katakum». Da un post pubblicato sul social network il 28 settembre del 2013 lancia l’attacco alle alte cariche dello Stato: «Se non lo dico scoppio. Questo è il momento storicamente perfetto per carbonizzare Napolitano e la sua scorta. Da qui deve iniziare la liberazione d'Italia». Il 29 ottobre posta la seguente frase: «D'ordine. Colpire tutte le sedi Equitalia con ordigni ad alto potenziale, quando i dipendenti sono dentro. Già perché Equitalia non ha un corpo e un'anima, opera (ed uccide) per mezzo dei suoi dipendenti. Diffondere». A seguire: «Credo che voi non abbiate capito bene. Se i Marò dovessero essere condannati a morte si aprirà una stagione di sangue che l'Italia non ha conosciuto neanche con i conflitti mondiali».
Scrive il gip nell’ordinanza: «In relazione agli obiettivi da colpire l'uso della terminologia mostra un'ininterrotta attività di proselitismo operata da Manni in cui lo stesso istiga gli amici ad una messa in atto di azioni eversive nei confronti di personalità dello Stato ed in particolar modo del Presidente della repubblica Giorgio Napolitano, del Presidente della Camera dei deputati, Laura Boldrini, del senatore a vita ed ex premier, Mario Monti, dell’onorevole Pierferdinando Casini, del presidente della Regione Abruzzo Gianni Chiodi e dell'allora Ministro all'integrazione, Cecile Kyenge».
GLI APPOSTAMENTI
Il gruppo mostra di volersi organizzare come facevano le Brigate rosse, «effettuando - sottolinea ancora l’ordinanza - specifici servizi di pedinamento e osservazione, al fine di capire le abitudini dei soggetti da colpire, e inoltre costituirsi in cellule di 4 o 5 persone». Le armi da comprare, invece, vengono chiamate «dolciumi», e si tratta per acquistare AK-47, il fucile d'assalto sovietico noto come kalashnikov. Il costo è di mille euro a pezzo, perché - sottolineano - «non ci si può andare di persona, altrimenti sarebbero stati sei o settecento euro». A questo si aggiungono gli immigrati «da eliminare». Due indagati ragionano sui centri di accoglienza: «Vedi, Forza Nuova li ha resi pubblici, tutti gli alberghi, le strutture che li stanno ospitando, con loro faremo i conti dopo - si fomentano a vicenda - tu hai un albergo, hai giocato sulla pelle degli italiani, facendo dare 50 euro al giorno ai baluba io non ti ammazzo, ammazzo i figli tuoi affinché tu abbia un ricordo indelebile per tutta la vita». Tra gli obiettivi non vengono risparmiati carabinieri e polizia: «sei un poliziotto, devi morire, sei un carabiniere devi morire - si accanisce Manni - Tu mi dirai che ti metti ad ammazzare tutte le Forze dell'ordine? Sì, perché oggi tu stai pagando 30 mila euro al mese per una Fornero che senza fare nulla va a fare shopping». E Di Menno Di Bucchianico, altro indagato, azzarda: «Allora perché non colpire la Fornero?». E Manni: «Perché non ci arrivi».