L’AQUILA Una cabina di regia tutta abruzzese per l'eversione nera: è quello che emerge dall'operazione Aquila Nera” della Dda dell'Aquila che ha sgominato “Avanguardia Ordinovista”, un'organizzazione di estrema destra che stava progettando attentati contro lo Stato. Quattordici gli arresti in varie regioni d'Italia e 44 gli indagati. “Bisogna innanzitutto togliere un po' di feccia dalla nostre città - si legge in un ’intercettazione tra i protagonisti dell’Avanguardia - colpire e sparire, siamo tanti e l'esercito non potrebbe fare nulla”. Così, per due anni circa, hanno pensato e si stavano organizzando quelli di “Avanguardia Ordinovista” smantelata dal Ros in tutta Italia, ma con capi e teste in Abruzzo: pescara, Montesilvano, Chieti e L'Aquila.
LE IPOTESI DI REATO
Il reato è di associazione con finalità terroristiche anche con finalità internazionali ed eversione dell'ordine democratico. Neofascisti che pensavano alle stragi per creare paura per dare poi l'affondo attraverso un golpe. La testa pensante, il capo dell'organizzazione Stefano Manni (ex carabiniere, congedato per infermità) risiede a Montesilvano: intercettato dai Ros diretti dal maggiore Santagata parla di “caramelle” e di costo delle le armi, tra le quali anche gli AK per eseguire un attentato, gli Ak47, i mitra kalashnikov. “Mi hanno detto – afferma l'interlocutore – 6/700 euro per un AK”. L'indagine è partita grazie ad una informativa dell'Aisi (il servizio segreto civile ndr) e per la prima volta in Italia, due carabinieri del Ros si infiltrano nell'organizzazione e carpiscono i progetti eversivi ed il modus operandi del gruppo. Odio razziale, istigazione alla violenza, fino alla disintegrazione del sistema, sulla falsa riga di movimenti degli anni '70.
E dunque spazio alle rapine per finanziarsi ma anche ai campi “hobbit” per gli addestramenti. Un gruppo che avrebbe messo nero su bianco i luoghi da colpire: tra questi prefetture, questure, uffici di Equitalia, ma anche magistrati e uomini politici. Agli atti dell'inchiesta una delle persone arrestate, Katia De Ritis, intercettata, cita l’ex presidente della Regione Abruzzo Gianni Chiodi e l'onorevole Pierferdinando Casini, “ritenuti 'obiettivi con alto indice di fattibilita”, non avendo a suo dire scorta. Insomma, un grande magma pronto ad esplodere da un momento all’altro.
I LUOGHI PUBBLICI NEL MIRINO
Tra gli obiettivi sensibili finiscono anche luoghi pubblici di grande transito pubblico. In una intercettazione telefonica Manni parla con Tiziana Mori (anche lei indagata) di 44 anni di Pavia e dice: “Una volta che hai, c'ho che ti serve, è molto facile ad esempio a Pescara davanti alla stazione centrale, tutti i giorni c'è un mercato esclusivamente a loro (multietnico ndr), gira per le bancarelle, lascia la borsa e se ne va e poi che Dio li abbia in gloria, chiaramente uno ci va travisato”. Mori: “si si non è così complicato si può fare..con le dovute cautelee si può fare”. Il pm della Dda Antonietta Picardi ha rivelato nel corso della conferenza stampa che dalle perquisizioni, è saltata fuori “una lista a casa di uno degli indagati con l'elenco delle persone che potevano essere gli obiettivi. Gli intenti erano tutti tenuto sotto controllo”.
Per il Procuratore capo Fausto Cardella “un'esigenza di coordinamento delle procura distrettuali (per lo specifico aspetto dell'antiterrorismo ndr) sarebbe urgente come lo è stato in materia di antimafia, si tratta di varare una norma ad hoc”. Il generale Mario Parente, vertice nazionale del Ros ha escluso nella vicenda il coinvolgimento della “politica ufficiale. Il gruppo aveva un profilo clandestino. L'indagine non è chiusa, dovrà ancora essere approfondita per molti altri aspetti. Gli indagati abruzzesi sono di età ed estrazione sociale diverse, accumunati da questa marcata ideologia neofascista”.