Il presidente della Provincia, i (più o meno) 47 sindaci del Teramano, i sindacati, i dipendenti dell'ente di Via Milli, tutti insieme appassionatamente questa mattina marceranno alla volta del consiglio regionale dell'Aquila per manifestare contro i 160 esuberi imposti dal governo. Dalla Regione ci si attende inoltre che legiferi (come richiesto dalla legge Delrio) sul riordino delle funzioni definendo, quindi, modalità, tempi e risorse per il trasferimento del personale provinciale «altrimenti al di là dei proclami si apre la strada del licenziamento collettivo» hanno sottolineato i sindacati.
«Siamo una risorsa non siamo scansafatiche» è il messaggio dell'Rsu della Uil Massimiliano Bravo in una sala consiliare gremita fino all'inverosimile riempita anche dai sindaci che all'ora di pranzo approveranno il nuovo statuto del nuovo ente di II livello, comprensivo di emendamenti presentati dai gattiani Fracassa e Serrani. Il problema è dove ricollocare gli esuberi visto che gli altri comuni o la stessa Regione hanno già dichiarato la loro impossibilità a farlo. «I servizi della Provincia - eccepisce Bruno Cozzi della Cgil - ricadranno sui Comuni che non potranno fare più di tanto e le scuole chiuderanno e la manutenzione delle strade sarà peggiore di quella odierna». Anche perché con il bilancio di cassa, con cui si potrà spendere solo quello che si ha in tasca, «sarà impossibile riassorbire gli esuberi senza ottenere fondi statali» fa sapere il sindaco di Teramo Maurizio Brucchi, sempre deciso nella lotta tanto che sprona i suoi colleghi presenti in aula ad andare a protestare fin sotto le finestre di Palazzo Chigi «perché così stiamo perdendo la nostra identità: diverremo un piccolo comune, tanti piccoli comuni». Il sindaco lancia alcune frecciatine dirette a dipendenti e al presidente: «Vi siamo vicini - dice ai primi - ma tutti dobbiamo dare qualcosa in termini di lavoro» e a Di Sabatino fa intendere che ha affidato «gli incarichi senza senso, col metodo dividi et impera, questo è stato un vero e proprio commissariamento, l'atteggiamento doveva essere un altro».
La chiamata alle armi è stata raccolta subito dai sindaci presenti in aula per votare lo Statuto. «Siamo pronti ad andare in regione» aggiunge il sindaco di Penna Sant'Andrea Severino Serrani, «speriamo di avere risposte». Il presidente Di Sabatino a questo punto evoca «il salto di qualità» ai sindaci, richiedendo da questi gli argomenti su cui lavorare, ma anche «che i sacrifici vengano fatti pure a Roma». Ribadisce che lui è un presidente e non un segretario di partito, tagliando la testa al toro a tutte le critiche sugli incarichi. I sindaci in aula vogliono la parola. Quello di Montorio, Gianni Di Centa, chiede più attenzione al suo Comune e chiede il prolungamento del Lotto zero, il casello dell'autostrada, la pista ciclabile, tutto ciò per combattere lo spopolamento.