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Pescara, 24/11/2024
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Data: 24/12/2014
Testata giornalistica: Il Messaggero
Jobs act - Lavoro, in campo il superindennizzo ma sui decreti è ancora scontro. Oggi il varo. Sacconi avverte: «Via l’articolo 18 o cade il governo». Damiano: «Per i licenziamenti disciplinari deve restare il reintegro»

ROMA La trattativa è andata avanti fino a notte fonda. A dimostrazione che aveva perfettamente ragione chi aveva previsto che non sarebbe stato facile trovare l’equilibrio tra le forze della maggioranza su argomenti così spinosi come le norme sui licenziamenti. Alla fine sarà direttamente il premier Renzi oggi in Consiglio dei ministri a mettere un punto ai primi due decreti attuativi della delega di riforma del mercato del lavoro: quello sul contratto a tutele crescenti che contiene il superamento dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori per i nuovi assunti, e quello sul nuovo sussidio di disoccupazione esteso anche ai co.co.co.
Sul primo decreto ieri era ancora in corso un braccio di ferro tra centristi e minoranza Pd. Sul secondo mancava il sigillo della Ragioneria generale dello Stato relativamente alle risorse e quindi è molto probabile che oggi il governo si limiti solo a un primo esame del provvedimento.
LO SCONTRO

Pomo della discordia, manco a dirlo, è la tutela reale (reintegro) prevista dall’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. La delega l’ha eliminata per i licenziamenti economici: se illegittimi al lavoratore spetterà solo l’indennizzo. Nulla cambia per i licenziamenti discriminatori o nulli. Il problema è sui disciplinari: se il fatto materiale sul quale si fonda il licenziamento è insussistente, il lavoratore può ancora rivolgersi al giudice e chiedere il reintegro sul posto di lavoro. In caso di sentenza a suo favore, però, l’impresa può optare per un super-indennizzo e chiudere comunque il rapporto di lavoro. È la cosiddetta clausola dell’opting out, applicata in altri paesi europei come la Germania e la Spagna, e fortemente voluta dalle forze centriste della maggioranza. «È una clausola della quale non si è mai discusso durante l’iter parlamentare della delega, significa di fatto cancellare la reintegra anche per tutti i disciplinari. Sarebbe un atto unilaterale. Se il governo ha deciso di rompere gli accordi, se ne assumerà tutta la responsabilità» sibila Cesare Damiano, minoranza Pd. Ma Ncd punta i piedi e via twitter Maurizio Sacconi, capogruppo al Senato di Area popolare, avverte Renzi: «Domani (oggi, ndr) d-day della politica italiana. O via l’art.18 o via il governo per crollo credibilità».
L’ASTICELLA

Nel decreto la clausola c’è, ma per salvare gli equilibri il governo vorrebbe posizionare l’asticella dell’indennizzo aggiuntivo su un livello molto alto: 20 mesi. E non è escluso che alla fine si decida di lasciare comunque la scelta tra reintegro e super-indennizzo non all’impresa, ma al giudice che potrebbe disporlo una volta verificato il deterioramento del rapporto di fiducia tra le parti. Per l’indennizzo base (spettante nel caso di licenziamento economico illegittimo e altri casi di disciplinare) resta confermata la divisione in tre fasce dimensionali dell’impresa: fino a 15 dipendenti, tra 16 e 200, oltre i 200. Più l’azienda è grande, maggiore sarà la gradualità dell’incremento in base all’anzianità aziendale: una mensilità ogni anno di servizio per le piccole (con un tetto massimo di 6), 2 per le medie, 4 per le grandi. Il tetto massimo per le due ultime fasce sarà 24 mensilità, mentre l’indennizzo minimo è fissato a 3 (1,5 per le aziende fino a 15 dipendenti). In caso di conciliazione tra le parti si prevede una mensilità per ogni anno di servizio fino a un massimo di sedici.

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