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Data: 27/12/2014
Testata giornalistica: Il Centro
Jobs act - Jobs act al via, scontro sui licenziamenti. No dei sindacati a quelli “collettivi”: vanno modificati i decreti. Critiche al premier da Ncd e dalla sinistra Pd

ROMA Il jobs act prende forma. Passa alla fase attuativa e per il premier Matteo Renzi è «una rivoluzione copernicana» che lancia sul mercato del lavoro il nuovo contratto a tutele crescenti, restringe il campo di applicazione dell’articolo 18 e riforma gli ammortizzatori sociali. Non più solo titoli ma misure dettagliate e operative dopo il Cdm del 24 dicembre che ha messo a punto due decreti attuativi. Ma, passato il giorno di Natale, anche i giudizi diventano netti. Lo sconto si accende in particolare sui licenziamenti collettivi. Il no della Cgil resta, nonostante lo scampato pericolo dell’opting out che prevedeva la possibilità per il datore di lavoro di superare il reintegro con un super-indennizzo. Per il sindacato guidato da Susanna Camusso si tratta di un «via libera a licenziare lavoratori singoli e gruppi di lavoratori». Le regole investono infatti anche i licenziamenti collettivi, fatto che non piace inoltre alla sinistra del Pd, che con Cesare Damiano annuncia battaglia. Storce la bocca Ncd, con Maurizio Sacconi che accusa: «È mancato il coraggio delle grandi scelte». Non commenta per ora Confindustria, che fa sapere che però si tratta di norme a lungo attese dagli imprenditori. Tornando alle norme, il primo decreto attuativo della delega sul lavoro introduce il nuovo contratto a tempo indeterminato e modifica le tutele in caso di licenziamento illegittimo. Tutte novità che entreranno in vigore appena completato il passaggio parlamentare (con il parere delle commissioni) e pubblicato il testo in Gazzetta. Qualche modifica, quindi, è ancora possibile anche se il premier Renzi ha messo la faccia sul testo. Resta invece il reintegro sul posto di lavoro quando si è stati cacciati per vie discriminatorie o nulle per legge. La riassunzione vale anche per i licenziamenti disciplinari dove il fatto «materiale», deve avere quindi concretezza, è dimostrato insussistente. In tutte le altre situazioni, quindi in quel che resta dei casi disciplinari e in quelli economici, tutto si risolve con un indennizzo, che va da un minimo di 4 mensilità a un massimo di 24, ridotte a 6 per le aziende sotto i 15 dipendenti. Che infatti danno la loro approvazione in modo deciso e con un sondaggio di Cna sottolineano che rende i contratti più stabili. Rimane la possibilità di percorre la strada della conciliazione, accettando un assegno di massimo 18 mensilità esentasse. Un articolo è poi riservato ai licenziamenti collettivi, anche per questi scatta l’indennizzo se vengono violate le procedure che regolano lo strumento. Le modifiche non riguardano invece i dirigenti e quanti risultano già contrattualizzati. Ma c’è un’eccezione, quella di lavoratori che si ritrovino in aziende dove viene superato il limite dei 15 dipendenti: il neoassunto sarà a tutele crescenti e trascinerà con se nel nuovo regime anche gli altri, pur se “veterani”.

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