PESCARA Tradimenti politici, assessori più che adolescenti e futuri appuntamenti elettorali. Parla di tutto l’ex sindaco Luigi Albore Mascia, consigliere di opposizione da quando, l’8 giugno di quest’anno, ha perso il duello al ballottaggio con l’attuale sindaco di centrosinistra Marco Alessandrini. Lucido, «e senza rancore», dà i voti alla nuova amministrazione e ai pescaresi, e racconta i retroscena di una sconfitta, la sua, che non era poi così annunciata. Anzi. Iniziamo dai successori. Che voto dà all’amministrazione Alessandrini? Un voto motivato: 4, giustificato da altrettante cose negative. La prima, l’aumento indiscriminato della tasse, che fa di Pescara la città con la più alta tassazione d’Italia; la seconda, aver eliminato l’identità pescarese eliminando il logo di città dannunziana; la terza, aver indicato una persona poco più che adolescente come assessore di questa città e la quarta è aver ripristinato il traffico in corso Vittorio Emanuele. Sono i quattro punti che danno la cifra della nuova amministrazione: finora i pescaresi non hanno visto una sola cosa non dico realizzata, ma almeno pensata, ideata, programmata o annunciata. Parla dell’assessore poco più che adolescente riferendosi a Veronica Teodoro, figlia di Gianni, suo vecchio alleato che ben conosce. Lei l’avrebbe accettata nella sua giunta? Veronica mi è simpatica, l’ho vista da bambina quando il padre faceva l’assessore con me 6 anni fa, e la bambina aveva 13 anni. E questo basta a dare il senso dell’assoluta inopportunità di questa scelta. Fermo restando che la ragazza non va offesa. È l’inadeguatezza politica della sua età, per un ruolo importante in una città che ha una comunità di 130mila abitanti ed è il faro di tutto l’Abruzzo. Io non avrei mai accettato un diktat del genere. D’altra parte il fatto che io mi decisi a rompere il matrimonio politico con i Teodoro la dice lunga sul temperamento diverso mio rispetto ad altri. Anche se poi l’ho pagata. Perché? Ci fu un braccio di ferro tra me e lui sulla conferma di un dirigente, il compianto architetto Biase. Senza nulla di personale nei suoi confronti, ritenevo che ci fosse la necessità di un avvicendamento e chiesi a Teodoro se la questione era tale da determinare una rottura politica. Lui mi disse di sì e a quel punto andai a consegnargli personalmente la lettera di revoca dell’incarico nel suo assessorato, era il 3 gennaio 2010. Poi l’ho pagata politicamente, ho perso due pezzi della maggioranza e ci furono conseguenze politiche. Pentito? Probabilmente avrei dovuto mantenere il rapporto con la lista indicando un altro assessore di quella stessa lista, ma era talmente personalizzata sulla figura di Teodoro che comunque era molto difficile». Parliamo ancora di alleati. A parte la rottura con Teodoro, si è sentito in qualche modo tradito? Mi è dispiaciuto molto per alcuni tradimenti politici di persone che hanno avuto ruoli rilevanti nella mia amministrazione. I nomi. Mi riferisco a Licio Di Biase, a Renato Ranieri, a Daniela Arcieri Mastromattei. Persone che in cinque anni non sono riuscite a rimanere nello stesso alveo politico in cui sono state elette. E nessuno di loro è stato rieletto pur essendo passato con la coalizione vincente. Mi riferisco anche a Enzo Dogali, Giovanna Porcaro che è stata assessore con me, Giuseppe Bruno rieletto per il rotto della cuffia, Licio Di Biase con il figlio che non è stato eletto, Roberto De Camillis che ha scelto poi di andare per conto suo, Enzo Di Noi. Ma quello che mi sorprende maggiormente è vedere Licio Di Biase che oggi fa il guru della cultura, anche se non si parla più delle mura della piazzaforte di cui lui, con me, aveva la delega. Perché vi siete allontanati? Il rapporto politico con lui si ruppe sul teatro, lui avversò fortissimamente la realizzazione del teatro a Pescara, anche se non ho mai capito come fa una persona che fa della cultura il proprio pane quotidiano a essere ostile a un teatro di cui Pescara ha bisogno. Come pensava di farlo, il teatro? L’avremmo realizzato con i fondi della fondazione PescarAbruzzo. Mattoscio si era dichiarato disponibile a donare il teatro a Pescara che, oltretutto, avrebbe risolto il parziale problema dell’area di risulta, di cui non si parla più, rilanciando l’economia e l’immagine della città, a cominciare dal cantiere da 30 milioni di euro. Per il teatro sono stato una giornata con l’architetto Fuksas, che era interessato, mi aveva scritto perfino Norman Foster, l’architetto che ha rifatto mezza Londra. Parliamo del nuovo sindaco: qualche maligno sostiene che dietro ad Alessandrini c’è l’ombra di D’Alfonso, che ne pensa? Il vero sindaco è quello che è stato eletto e se qualcuno pensa di farsi interprete di quel ruolo al posto di Alessandrini si sbaglia, e sbaglia Alessandrini a consentirglielo, perché è sempre e comunque il sindaco che ci mette la faccia. Ma questa cosa che si dice non mi piace: l’entusiasmo di un sindaco crea un feeling talmente forte che non è possibile che ci sia qualcuno dietro. E se anche ciò fosse, il conto di quello che va e che non va lo chiederanno sempre ad Alessandrini. E Guerino Testa? L’ha perdonato per la sua candidatura a sindaco che di fatto ha spaccato l’elettorato di centrodestra? Con un gioco di parole diciamo che il suo, purtroppo, è stato un colpo di testa. Le sue ambizioni le conoscevo già da due anni e facevo i conti anche con questa sua aspirazione, unita alla sua immagine bella, di ragazzo dinamico, sorridente, con una capacità di relazionarsi su cui, in Provincia, non gravava la pressione che avevo io come sindaco. Fino all’ultimo ho sperato che la politica facesse il suo lavoro e si trovasse una composizione per una vicenda che ha penalizzato il centrodestra. Rimpianti? Non mi guardo mai indietro, nella vita politica, privata e professionale. Non mi piace. Con Testa oggi lavoriamo gomito a gomito, è venuto perfino al mio matrimonio a maggio quando eravamo antagonisti alle elezioni. Com’è il passaggio da sindaco a consigliere comunale di opposizione? Mi trovo bene, sto recuperando energie. Ho 49 anni, faccio politica da quando ne avevo 18 ed ero consigliere di quartiere. Diciamo che sto in panchina, pronto a rientrare in gioco. La mia esperienza, con quello che è stato realizzato, credo che possa essere ancora utile. In ogni caso aspetto i prossimi appuntamenti elettorali, la politica rimane una mia grande passione. Di che cosa va fiero e di che cosa si pente? Mi piace veder crescere le opere su cui abbiamo lavorato. I giochi del Mediterraneo sulla spiaggia del 2015 sono una grande novità, un’opportunità di investimenti e di ritorno di immagine. Ma sono orgoglioso anche della riqualificazione delle due riviere e del centro cittadino, delle fontane, di quella delle Naiadi in corso di realizzazione, del mercato di piazza Muzii e di tanti interventi nelle periferie e sulle infrastrutture, come le quattro rampe dell’asse attrezzato in via di realizzazione, il ponte nuovo e gli argini del fiume. Ma di cosa si pente? Mi sono pentito solo sull’indicazione di un dirigente, ma non farò mai il nome. Un dirigente preso nel corso dei cinque anni che non è stato all’altezza delle aspettative che qualcuno mi aveva detto che poteva assicurare. Dopotutto, che voto dà ai pescaresi? Ai pescaresi, non voglio fare demogagia, do sempre otto. Sono gli stessi che hanno votato il nuovo sindaco sei mesi fa e che se si votasse domani non lo voterebbero più, ma voterebbero Mascia con il 55 per cento. Di questo sono strasicuro, perché ascolto la gente in giro e l’affetto che ho. Ma sono stati loro a non riconfermarla. Abbiamo sbagliato noi a dividerci. Ma sono molto fiducioso sull’azione che sta facendo ora Berlusconi, vedo anche personaggi emergenti, la Chiavaroli è molto dinamica e attiva, anche se si porta sulla coscienza la divisione nel centrodestra. Che giudizio dà di quella operazione? Federica Chiavaroli è stata molto fortunata in questi anni e ora si ritrova ad avere responsabilità che sa ricoprire. Ma deve fare comunque ulteriore esperienza, perché se il 12 per cento che ha riportato nelle ultime elezioni, a Roma valeva tanto, a Pescara, dove ci sono i suoi elettori, non valeva nulla. Un consiglio ad Alessandrini. Gli auguro che questo suo corso accelerato per imparare a fare il sindaco termini al più presto. Non si nasce sindaci, ma bisogna imparare in fretta, deve iniziare a fare i primi esami e a superarli anche. Quanto alla sua maggioranza, dico solo che la famiglia Teodoro è sempre stata molto esigente nei confronti di qualsiasi amministrazione. Stento a credere che questa loro esigenza possa essere mitigata o diminuita.