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Data: 30/12/2014
Testata giornalistica: Il Messaggero
La lunga notte sugli elicotteri «Buio e bufera ma li ho salvati»

ROMA Uno alla volta, per più di quattrocento volte. L’elicottero si è abbassato sul traghetto in fiamme, si è fermato in aria, ha calato il verricello, ha agganciato il naufrago e lo ha tirato su, in salvo. E ha ricominciato. Quattrocentoventisette sono, per l’esattezza, gli scampati al rogo. Sono stati salvati così, uno alla volta. Con il vento, la pioggia, il freddo, il fumo, il buio. Altro modo non c’era per trarli in salvo. La Norman non aveva più la possibilità di calare in mare delle scialuppe e i mercantili e le navi militari presenti nella zona non potevano accostarsi più di tanto. Quindi, il solo modo possibile per salvare i naufraghi era l’evacuazione per via aerea. Con gli elicotteri, appunto. E nelle condizioni più difficili. «Un’impresa storica», ha definito il salvataggio il Capo di Stato maggiore della Marina, Giuseppe De Giorgi. E il ministro Pinotti ha sentito il bisogno di congratularsi con le squadre dei soccorsi, andando a far visita nelle sale operative di Marina ed Aeronautica.
I MEZZI IMPEGNATI

Gli elicotteri in azione nello spicchio di mare dove agonizzava il traghetto, sono stati sei: due EH101 e due Ab 212 della Marina militare, un AW139 della Guardia costiera e un altro dell’Aeronautica. Racconta nella base di Grottaglie il capitano di corvetta Roberto Vivarelli, 47 anni, pistoiese, comandante di uno degli EH101 che hanno preso parte alle operazioni: «Ho cominciato la mia missione alle 23 di domenica e l’ho terminata alle 7,30 di ieri. Ho tirato su in hovering sedici naufraghi in circa 30 minuti». Che cos’è l’hovering? E’ il volo stazionario, è quando l’elicottero sembra fermarsi nell’aria. Manovra difficilissima, immobilizzare il velivolo quando fuori soffiano venti di bufera.
LA MANOVRA

Ma l’operazione più complicata di tutte è stata la guida notturna in condizioni meteo proibitive. I piloti hanno montati sul casco i visori notturni. «Sono degli intensificatori di luce - spiega Vivarelli - Ci consentivano di scorgere giusto delle sagome che si muovevano sul ponte del traghetto. Ma la forte pioggia ci impediva di vedere la linea dell’orizzonte, che avrebbe dovuto costituire il nostro punto di riferimento. Così il nostro punto di riferimento è diventato giocoforza il traghetto. Ma era inclinato di 20 gradi, beccheggiava e rollava, non stava fermo. Ed io, nel momento in cui veniva imbragato il naufrago, dovevo invece stare fermo il più possibile, per evitare sbattimenti alla persona agganciata. Sono rimasto così, in questa posizione, a circa dieci metri d’altezza sul traghetto, per mezz’ora, con il vento a quaranta nodi e con il temporale che si scatenava. Questa è stata la cosa più difficile: non andare in controfase alla nave. Quando la Norman, sulla spinta delle onde, si alzava, io dovevo badare a non abbassarmi troppo. E soprattutto dovevo evitare movimenti bruschi»
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LO CHOC

A bordo dell’elicottero, gli altri membri dell’equipaggio (un EH101 ha uno staff di due piloti e tre operatori) si sono presi cura dei naufraghi. «Erano semi-assiderati e alcuni avevano problemi respiratori per il fumo inalato - dice ancora Vivarelli - Inoltre erano tutti sotto choc. Sull’elicottero non riuscivano a stare fermi, erano agitati e si muovevano in continuazione. Ma in cabina bisogna muoversi con molta calma, è fondamentale per la sicurezza. Così abbiamo dovuto farci sentire per ristabilire il giusto assetto». Il capitano Vivarelli è rimasto in aria per otto ore e mezza prima di tornare alla base, per riposarsi. Giusto qualche ora di sonno ed eccolo pronto a ripartire, alla bisogna. Gli elicotteri, invece, possono volare ininterrottamente per 25 ore. Poi devono atterrare, sottoporsi a un’ispezione che dura un paio d’ore e solo allora possono riprendere il loro servizio. In sigla si chiama “Sar” quest’attività, che sta per “Search and rescue”, ricerca e soccorso. Nella Nato gli italiani sono famosi per la loro capacità “Sar”. Ieri ne hanno dato una dimostrazione sul campo.

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