ATENE Saranno le prime elezioni politiche invernali nella storia della Grecia contemporanea. Fino all’ultimo, il leader di Nuova Democrazia (alla guida di una coalizione di governo a cui partecipano anche i socialisti del Pasok) ha tentato di giocare la carta delle possibili ricadute negative che potrebbe provocare questa tornata elettorale. In una lunga intervista concessa alla televisione pubblica greca, Samaràs ha dichiarato con forza che una possibile vittoria di Syriza potrebbe significare perfino una mancanza immediata di liquidità per il Paese. Un tentativo fatto in extremis, rivolto soprattutto al piccolo partito della Sinistra Democratica - Dimar - il cui leader, Fotis Kouvèlis, ha però deciso di allearsi, in questa sfida elettorale, con la sinistra di Alexis Tsipras. Anche il partito conservatore anti- austerity “Greci Indipendenti”, che non supera il 3% nelle intenzioni di voto, a parte qualche defezione, alla fine è rimasto sostanzialmente compatto. Alla terza e ultima votazione di ieri per l’elezione del nuovo presidente hanno partecipato anche sette deputati di Alba Dorata, portati in Parlamento, solo per un paio d’ore, direttamente dal carcere dove si trovano rinchiusi con l’accusa di aver creato una vera associazione a delinquere. Ai voti della maggioranza, alla fine, si sono aggiunti solo quelli di parte dei deputati iscritti al gruppo misto, e di due ex di Alba Dorata. Il Paese torna così a far tremare i mercati finanziari d’Europa. Tutti i sondaggi, infatti, danno da mesi il partito di Syriza guidato da Alexis Tsipras in testa, con un vantaggio che va da tre a sette punti percentuali, rispetto al centrodestra di Nuova Democrazia. La vera sfida, per Tsipras, è riuscire a evitare l’isolamento, cercando di imporre, come dice, una lettura della realtà che parta dalle priorità della politica e della società, e non della finanza.
IL QUADRO POLITICO
Quello che più preoccupa gli investitori non sono tanto le posizioni e le ricette proposte dal leader della sinistra radicale, che, in realtà, non sembrano mettere in discussione l’adesione all’euro, quanto il nuovo quadro politico all’indomani di una probabile vittoria delle sinistre. La stabilità, cioè, o l’instabilità del governo. Molto dipenderà dalla possibilità di Syriza di raggiungere la maggioranza assoluta dei seggi e questa sarà la vera sfida delle prossime quattro settimane. Altrimenti, dovrà provare a formare un governo di coalizione, con i Greci Indipendenti e, forse, parte del Pasok. Nell’area socialista i motivi di preoccupazione non mancano, con l’ex primo ministro Jorgos Papandreou pronto a fondare, forse in settimana, un nuovo partito. Oltre a tutto ciò “il giovane Alexis” dovrà tenere insieme le numerose anime che confluiscono all’interno di Syriza. Dall’ala più vicina alla tradizione della sinistra “senza se e senza ma” a chi vede questa forza politica come un laboratorio aperto alla società. Le posizioni del partito nell’ultimo periodo si sono ammorbidite. Sulla rinegoziazione dei memorandum di austerità fin qui sottoscritti e la cancellazione di parte del debito le posizioni rimangono molto ferme. Dei 330 miliardi di debito l’80% è in mano a istituzioni pubbliche: 60% ai fondi salva-stati, 12% al Fmi, l’8% alla Bce, Per non fare uscire la Grecia dall’euro, Syriza chiede un taglio del 27% della quota nel Fondo salva Stati. Un abbuono da 50 miliardi a carico della Germania, 35 per l’Italia e 40 per la Francia.
Teodoro Andreadis Synghellakis