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Data: 31/12/2014
Testata giornalistica: Il Messaggero
Intervista a Cesare Damiano - «Riforma del lavoro, è giusto equiparare pubblico e privato»

ROMA «Per quanto mi riguarda ritengo sia giusto avere normative analoghe tra pubblico e privato. Ma bene ha fatto Renzi a chiarire che la partita non doveva essere giocata nel Jobs act e che sarà riaperta con il disegno di legge Madia. È in quella delega che si dovrà affrontare la questione». Il presidente della commissione Lavoro alla Camera Cesare Damiano dà atto al governo di aver agito correttamente sul caso dei licenziamenti nel pubblico impiego e apre a possibili interventi in materia nei prossimi mesi.
Onorevole Damiano, la polemica sull'eventuale estensione agli statali delle norme sui licenziamenti sale di tono. Qual'è la sua opinione?
«In primo luogo è molto importante il fatto che Renzi abbia chiuso la porta in faccia a chi, già nel Jobs act, pretendeva che le nuove regole sull'articolo 18 venissero applicate anche al pubblico impiego. La sede naturale di quella discussione è il ddl Madia anche se occorre ricordare che in quel provvedimento non si parla della disciplina sui licenziamenti e quindi bisognerà fare delle norme di carattere specifico. Quello che stupisce, però, è la diffusa ignoranza sulla materia»
A cosa si riferisce?
«Come si fa a non sapere, ad esempio, che per i licenziamenti economici nella Pa esiste la mobilità da eccedenza e inoltre molti dimenticano, o fanno finta di dimenticare, che a differenza del settore privato nel pubblico è previsto il licenziamento da scarso rendimento che è stato introdotto dal ministro Brunetta. Detto questo, non ho preclusioni a discutere di licenziamenti nella Pa: io stesso mi sono battuto quando, in materia previdenziale, si lavorò per rendere omogenei i trattamenti».
Sul tema dei licenziamenti collettivi la minoranza del Pd ha espresso una posizione molto critica. La conferma?
«Combatteremo per cancellare queste fattispecie perchè presentando la riforma il governo ha parlato di licenziamento individuale e dunque si configura un eccesso di delega. In secondo luogo perchè se ci fosse un licenziamento collettivo che comprende lavoratori assunti con le vecchie regole ed altri con le nuove, nel caso in cui l'atto fosse dichiarato illegittimo nascerebbe il paradosso per cui la reintegra spetterebbe solo ai lavoratori assunti con il vecchio regime. Mentre ai giovani spetterebbe solo il risarcimento. C'è un evidente connotato discriminatorio. Chiediamo di cancellare questa anomalia per mettere il Jobs act al riparo da dubbi di costituzionalità».
Non c'è un rischio di incostituzionalità anche per i licenziamenti individuali visto che le regole valgono solo per i neo assunti?
«Sì, e l'abbiamo già evidenziato. Non a caso avevo proposto una modalità diversa: contratto a tutele crescenti lungo 3-4 anni al termine del quale la tutela reale diventa piena rendendo omogenea la condizione dei lavoratori a lungo termine».
Qualcuno sottolinea anche il rischio che, incassando agevolazioni fiscali e contributive, le imprese possano essere spinte a licenziare, dopo aver assunto con contratti a tutele crescenti, incamerando un profitto. Cosa ne pensa?
«Il rischio esiste ed è per questa ragione che abbiamo proposto di portare da 4 a 6 le mensilità da corrispondere al dipendente licenziato nel primo anno»
Quali solo gli elementi pienamente positivi del Jobs act?
«Senza dubbio il provvedimento punta a favorire il lavoro a tempo indeterminato cancellando le forme di contratto più precario. Bene anche la cancellazione dell'Irap dal costo del lavoro ed altrettanto positivo è il fatto che l'Aspi sia stata portata a 24 mesi ed estesa ai precari».
M.D.B.

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