ROMA - La scommessa del governo per il nuovo anno? "Creare lavoro, lavoro, lavoro...". Ma anche incassare le riforme in cantiere, nonostante "le crisi di rigetto e i malumori che i grandi cambiamenti provocano". Graziano Delrio, il sottosegretario "macchinista" - come lo definiscono per dire che si occupa della macchina del governo - ha una pila di dossier aperti sul tavolo di Palazzo Chigi, al primo piano, lo stesso del premier Renzi.
Sottosegretario Delrio, a proposito di lavoro. Il Jobs Act per la PA non c'è ma ci sarà? Gli statali saranno licenziabili?
"Gradatamente il lavoro pubblico dovrà adeguarsi ai principi di efficienza, esattamente come il lavoro privato. Non intendo accusare genericamente chi fa un ottimo lavoro, ma l'efficienza della PA non è una cosa che uno Stato si può permettere di avere o non avere. Chi svolge un servizio in un ente pubblico deve essere più responsabile di chi lo svolge nel privato".
Per scarso rendimento ad esempio, si va a casa?
"Lo scarso rendimento è stato normato da Brunetta a suo tempo. Penso piuttosto che dovremmo discutere di digitalizzazione, di standard uguali, di banche date inter operative. La PA deve funzionare bene e un ministero non deve pensare di essere un pezzo autonomo dello Stato e le Regioni si raccordino con gli altri servizi pubblici".
Regioni che sarà bene accorpare?
"Sì, ne sono sempre stato convinto. La discussione sulle Regioni la facciamo, ma non interferisca con il percorso rapido della riforma costituzionale".
Il lavoro è il tema centrale. Ma nelle deleghe del Jobs Act ora metterete i licenziamenti collettivi, facendo infuriare sindacati e sinistra dem?
"A decidere saranno le commissioni e quindi vedremo la seconda versione del testo. Non penso ci sia alcun eccesso di delega come sostiene la sinistra dem. Noto però che ci si concentra sul dito invece che sulla luna che il dito indica. La sostanza del Jobs Act è favorire il contratto a tempo indeterminato e un assegno unico per la disoccupazione. Invece ci si sta appassionando a situazioni-limite".
Tuttavia siete più dalla parte degli imprenditori che dei lavoratori?
"Stiamo dalla parte del lavoro. Il lavoro lo crea chi fa impresa di qualità. Ascoltare l'impresa non vuol dire fare dei favori ma essere ossessionati dall'idea di creare lavoro. Nessuno pensa di avere trovato la ricetta magica. Gli 80 euro e la riduzione delle tasse sul lavoro sono due dei tre passi necessari. Il terzo è aumentare gli investimenti pubblici. Qui dobbiamo ricorrere a un progetto europeo di investimenti pubblici sul modello Usa. Il piano Juncker va nella direzione giusta".
Però il governo snobba i sindacati?
"Il nostro stile è diverso. La democrazia si salva dal populismo solo quando sa decidere nei tempi giusti. Stiamo provocando una grande rivoluzione e questo crea malumore. Ma una democrazia che decide non è deriva autoritaria né incapacità di ascoltare, né arroganza. Con i sindacati parliamo ogni giorno e ci fa piacere il loro stimolo".
In che senso? Lo sciopero generale vi fa piacere?
"Certo che no. Lo sciopero è una libertà e un diritto pur se fa male all'economia del paese e agli stipendi dei lavoratori. Ci fa piacere che i sindacati stimolino il governo a risolvere le crisi industriali. Non devono però mentire. Quando il segretario della Uil, Barbagallo afferma che non spendiamo il 50% dei fondi europei dice una sciocchezza e una bugia. Nei politici e nei sindacalisti ci vuole un po' d'amore per la verità".
Riforme in velocità, però poi sulle Province è il caos?
"Non è il caos. Abbiamo voluto un cambiamento vero. Se fosse stata una riformetta non ci sarebbero stati problemi né crisi di rigetto. Invece quell'ente trasformato in una agenzia di servizi per i Comuni e per le Regioni, dovrà alleggerirsi di personale e compiti inutili. Il taglio è profondo, ma per i compiti che affidiamo loro, le scuole e le strade, i soldi ci sono".
Renzi promette l'Italicum entro fine gennaio, ma entrerà in vigore nel 2016?
"L'Italicum garantisce la governabilità e che i cittadini scelgano i parlamentari. Abbiamo intenzione di governare fino al 2018 se il Parlamento continua a darci fiducia. Non ci interessa andare a votare: il paese ha bisogno di stabilità".
In un patto sempre con Berlusconi?
"Le riforme istituzionali si fanno tutti insieme, vale per Berlusconi e anche per gli altri. Ma qualcheduno si è chiamato fuori, per esempio i 5Stelle".
I grillini saranno nella partita per il Quirinale?
"Va chiesto ai parlamentari. Puntiamo al massimo di condivisione poi si farà quel che si potrà. Importante è decidere, non si pensi a veti incrociati".
Teme un replay dei 101 "franchi tiratori"?
"Quella è stata una grande sconfitta della politica e una brutta pagina che questo Parlamento è pronto a girare".
Sa che circola il suo nome tra i papabili per il Quirinale?
"L'ho sentito dire".