ROMA Mobilità, licenziamenti per scarso rendimento, demansionamenti, blocco degli stipendi. Con le riforme del pubblico impiego messe in campo dal governo Renzi cadrà, probabilmente per sempre, il mito del posto fisso per gli statali. L’intenzione mai nascosta dell’esecutivo, è avvicinare il più possibile le regole del mondo del lavoro pubblico a quelle del privato. Il prossimo passaggio, come annunciato dallo stesso premier, ci sarà a febbraio con l’estensione anche agli statali delle regole sul licenziamento introdotte con il jobs act nel lavoro privato. L’intenzione di Renzi è di rendere operative le norme sull’allontanamento per motivi disciplinari dei dipendenti pubblici già introdotte dall’ex ministro della Funzione pubblica Renato Brunetta. Il licenziamento disciplinare nel pubblico impiego oggi è previsto per diversi motivi, che vanno dalle condanne definitive con interdizione dai pubblici uffici, fino a condotte particolarmente gravi e aggressive sul posto di lavoro. Non solo. Come detto è prevista anche la possibilità di licenziare lo statale per scarso rendimento, se in un biennio anche non consecutivo il lavoratore ottiene una valutazione insufficiente. Tutte queste regole, già esistenti, fino ad oggi sono rimaste sulla carta.
PIU’ EFFICIENZA
Ma con la legge delega Madia, che riprenderà il suo iter a febbraio, i nodi saranno sciolti. I nuovi meccanismi per facilitare le procedure di licenziamento saranno inserite all’articolo 13 della legge delega. Il punto di caduta, se l’intenzione è parificare lavoro pubblico e privato, dovrebbe essere quello di sostituire anche per gli statali la reintegra in caso di licenziamento illegittimo con un indennizzo crescente. Fuori rimarrebbero solo i licenziamenti economici individuali, una fattispecie che difficilmente si può configurare nel pubblico impiego. Sul fronte dei licenziamenti collettivi, invece, molte novità sono già state introdotte dal governo Renzi. Nel pubblico impiego già esiste la mobilità per eccedenza di personale. Per i lavoratori di amministrazioni che hanno esuberi, scatta la mobilità per due anni all’80% della retribuzione. Se in questo periodo il dipendente non viene ricollocato in altra amministrazione o nella stessa, il rapporto di lavoro viene sciolto. Scatta, insomma, il licenziamento. Il decreto sulla Pa del ministro Marianna Madia, ha introdotto altre novità su questo tema. A cominciare dall’obbligo per i lavoratori, per non perdere il posto di lavoro, di accettare trasferimenti entro i 50 chilometri (sono escluse solo le mamme con figli fino a 3 anni e chi ha a carico soggetti portatori di handicap). Non solo. Lo stesso decreto Madia ha previsto anche che negli ultimi sei mesi di mobilità, sempre allo scopo di conservare il posto di lavoro, lo statale in esubero possa accettare un impiego nella stessa o in un’altra amministrazione anche di mansione inferiore a quella precedentemente svolta, con due sole condizioni: la prima è che il demansionamento sia di un livello. La seconda è la parità di stipendio. Per i dipendenti pubblici, infine, anche per il 2015 ci sarà per il quinto anno consecutivo il blocco degli stipendi. Secondo i calcoli della Cgil con una perdita media cumulata di 4.800 euro.