PESCARA «Non mi sorprende per niente». È il commento che arriva dall’amministratore delegato di Abruzzo costiero, la Società di servizi di logistica per prodotti petroliferi, Sabatino Di Properzio, all’indomani del mancato attracco della motocisterna Galatea, pronta a scaricare il contenuto, il petrolio, per i depositi di Abruzzo costiero, ma costretta ad un dietrofront per i fondali del porto di nuovo troppo bassi. Un film già visto, perché non solo nell’aprile scorso un episodio analogo si era già verificato, ma ora è spuntato fuori che anche un mese fa, ovvero agli inizi di dicembre, fa sapere Di Properzio, «la nave ha strusciato nel momento in cui stava entrando in porto». E non solo. «Sempre la Galatea», riferisce l’amministratore delegato di Abruzzo costiero, «il 22 dicembre scorso ha avuto difficoltà nella fase di ormeggio». Un problema notevole, per la società di stoccaggio e logistica del petrolio. Anzi, vitale. «La nostra attività funziona», spiega Di Properzio, «se arrivano le navi in porto. Se non arrivano, invece, il rischio è la chiusura dell’attività», con la conseguente ricaduta drammatica per l’economia e per il mondo dell’occupazione. Già, poiché la procedura dello sbarco del petrolio prevede l’entrata in porto delle motocisterne, l’allaccio all’oleodotto, e poi il transito del petrolio che dall’oleodotto arriva sin dentro al deposito. E da lì, infine, il prodotto viene consegnato alle compagnie petrolifere. Un’operazione che viene a saltare se alla nave viene impossibilitato l’ingresso in porto e alla quale va trovata una soluzione, che rimane quella del trasporto su gomma. La quale però ha dei costi esorbitanti. «Cinquanta volte in più se paragonati ai costi necessari per supportare il trasporto via mare», precisa Di Properzio riferendosi allo sforzo economico obbligato, pur di garantire, via terra, l’approvvigionamento dell’oro nero. Una fase di emergenza, «tampone», l’ha definita il ceo di Abruzzo costiero, già perseguita durante la chiusura del porto, la quale se da un lato appare del tutto antieconomica, e in grado di mettere in ginocchio qualsiasi tipo di azienda, dall’altro diventa causa di smog e inquinamento ulteriori. Le cifre sono chiare. «Quando siamo stati costretti ad usufruire del trasporto su gomma», fa notare Di Properzio, «si sono visti sulle strade 15.000 autotreni in più in un anno». Un remake che si potrebbe ripresentare, è questo il timore, nei prossimi giorni. «La situazione è a conoscenza di tutti», rimarca Di Properzio puntando il mirino sui fondali troppo bassi del porto, tali anche ora, dopo la fine del dragaggio, avvenuta a metà del giugno scorso. «Ed è una situazione», insiste, «che ora si è aggravata con l’ultima mareggiata. Poi bisogna chiarire anche un altro aspetto», continua Di Properzio. «Quello che è stato definito dragaggio, in realtà non lo è stato. Si è trattato invece di una via di mezzo tra uno sperpero di denaro e una presa in giro. Io mi sono stufato», rimarca Di Properzio, «di dare suggerimenti o indicazioni. Ma è del tutto evidente che devono ripulire in maniera adeguata per rendere i fondali più bassi». «La situazione è pericolosa», fa inoltre sapere un armatore, Massimo Camplone. «Giorni fa una barca ha rischiato di ribaltarsi».
«Avevo già l'idea esatta di quello che era successo nella darsena nei tre giorni scorsi di burrasca e di venti fortissimi da nord, comunque i miei amici pescatori mi hanno confermato che quei venti e quel moto ondoso hanno spinto di nuovo dentro alla darsena la sabbia bloccata dalla diga, e i materiali accumulati durante le fasi del precedente dragaggio». È quanto sostiene Antonio Spina, autore di un progetto per il porto di Pescara. «Il dragaggio», afferma, «è servito al porto, dopo tanti anni di difficoltà e uno di chiusura totale nel 2012. Sono anni che diciamo che il nuovo molo nord previsto nella nostra proposta, alternativa al Piano regolatore portuale, depositata anch'essa al vaglio del Consiglio superiore dei lavori pubblici, avrebbe eliminato il problema; e che un dragaggio annuale di almeno 50.000 metri cubi è indispensabile. È già passato un anno inutilmente. Se la nostra proposta fosse stata approvata costerebbe circa 20 milioni, contro i 200 e passa del Piano regolatore portuale. Per realizzarla ci vorrebbe un solo anno di tempo contro i 5-6 del Piano, che è pieno di difetti. Ora il porto di Pescara sarebbe già operativo».