ROMA C’è quello con la gastroenterite che non si è fatto trovare in casa, quell’altro con l’influenza giudicato «molto più in salute del medico che lo ha visitato» e quell’altro ancora che ha spergiurato di «non aver sentito il campanello». Per non parlare del caso da film di Monicelli del malato immaginario avvertito dell’imminente visita dai condomini mentre si trovava dal vicino ad organizzare il veglione di Capodanno. C’è un 30% di autisti dell’Atac che nei giorni 30-31 dicembre e 1 gennaio è quanto meno sospettato di aver fatto il furbo marcando visita senza alcuna plausibile ragione sanitaria. L’Inps ha condotto 23 controlli fiscali in quei giorni e quasi in un caso su tre ha verificato che qualcosa non andava. Nel senso che in alcuni casi i presunti malati non erano presenti nel proprio domicilio nelle fasce orarie in cui in cui avrebbero dovuto esserci (9-12 e 15-20) oppure nel senso che le patologie dichiarate con tanto di certificato medico a giustificazione dell’assenza dal lavoro non hanno avuto alcun riscontro all’esame obiettivo. Con gli effetti devastanti che si sono visti sull’efficienza del trasporto pubblico nella notte di San Silvestro. Sui convogli della linea A della metro, aveva infatti ammesso l’Atac, erano disponibili solo 7 conducenti sui 24 che sarebbero stati necessari a garantire la regolarità del servizio. C’è da dire che per tutto il mese di dicembre l’Atac sembra aver sentito puzza di bruciato. Di regola ogni mese l’azienda chiama l’Inps appena 7-8 volte a verificare lo stato di salute dei propri dipendenti. Mentre nel mese scorso le chiamate sono state addirittura 200. Come a dire, confermano fonti dell’Inps, che «i vertici hanno moltiplicato i sospetti sui comportamenti di un ben individuato numero di autisti». Molti dei quali saranno adesso chiamati a fornire concrete spiegazioni. Perché è vero che non farsi trovare in casa quando passa la visita fiscale non è sempre un comportamento fraudolento, considerato che è possibile che l’assenza sia dovuta ad una visita medica extradomiciliare. Ma si tratta in ogni caso di una circostanza da giustificare con tanto di certificati e pezze d’appoggio. Senza i quali, nel privato come nel pubblico, può scattare il licenziamento previsto dai contratti collettivi nazionali.
LA RIFORMA
Intanto l’Inps si prepara alla riforma che trasferirà sull’istituto tutte le competenze, sia pubbliche che private, dei controlli fiscali. I vertici dell’azienda non parlano ufficialmente, ma filtrano le strategie che saranno messe in pratica. Basteranno 40 milioni, viene garantito, per assicurare un sistema adeguato. Che poggerà su una più attenta selezione delle visite di controllo, grazie al ricorso a strumenti tecnologici come il data mining e le valigette informatiche. Sono queste le armi a disposizione dell’Inps per la propria attività di controllo che, però, risente in maniera decisa degli effetti della spending review che ha tagliato da 50 a 22,3 il budget. Con la conseguenza che i medici iscritti nelle liste dell'Istituto di previdenza hanno visto ridursi le visite loro assegnate: si è passati da 78.700 visite mensili del 2012 alle 5.000 del settembre 2013.
Premi e penalità per scoraggiare i “dritti” ecco dove l’assenteismo è stato sconfitto. Dalla nettezza urbana di Bari alla municipale di Bologna, i casi virtuosi nei comuni italianiNel privato l’esempio della Fiat a Pomigliano: meno gerarchia per creare lo spirito di squadra
ROMA A Capodanno nella Capitale hanno disertato 767 vigili sui 900 previsti e ben 17 macchinisti della metro Atac sui 24 comandati. A Napoli hanno dato forfait 182 netturbini sul migliaio di turno. A Bari sono mancati all’appello 109 autisti di bus su 417. Insomma, una Caporetto di amoralità diffusa ha colpito tutte le grandi città del Sud. Una sconfitta amara per i meridionali, involontariamente messa in risalto il giorno dopo da un sibillino comunicato della Cgil Funzione pubblica di Bologna che recitava più o meno così «nonostante il contenzioso con il Comune segnaliamo che il 31 dicembre hanno prestato servizio 66 vigili sui 66 previsti».
IL CONTRATTO
Ma l’Emilia ”de sinistra” e ligia al senso del dovere e all’efficienza dei servizi è davvero così tanto distante dal Mezzogiorno sul fronte dell’assenteismo? Il 31 dicembre, proprio in quella Bari che registrava l’ennesimo trionfo di assenze nel trasporto pubblico, la raccolta dei rifiuti a funzionato quasi come un orologio svizzero. L’Amiu, così si chiama l’azienda barese della raccolta rifiuti, ha registrato solo 35 assenze su 800 dipendenti. «Dodici per la legge 104 sull’assistenza ai parenti infermi e 23 per malattia. Siamo stati sotto il due per cento», ha spiegato a Repubblica/Bari un gongolante Gianfranco Grandalino, presidente dell’Amiu. Il segreto? La municipalizzata ha concordato con i sindacati un contratto aziendale con premi e penalità che scoraggia i furbetti. In pratica gli operatori ecologici baresi che si assentano per qualunque motivo nei giorni che precedono o seguono una festività non ha diritto al lavoro festivo. Che è ambito perché è pagato molto bene. All’Amiu, insomma, le regole sono chiare: chi si assenta perde parecchi soldi.
I CASI
Ma c’è un’altra realtà meridionale, questa volta privata, famosa in passato per il suo altissimo tasso d’assenteismo (arrivò alla media annuale del 21% negli anni ’80) che oggi è ha cambiato registro: lo stabilimento Fiat di Pomigliano. L’anno scorso i circa 2.500 operai di questa fabbrica che lavorano (altri 2.000 sono in solidarietà) hanno assemblato 155.000 esemplari della Panda facendo registrare una media d’assenteismo nipponica, l’1,8%.
Come è stato possibile un tale salto di qualità? «Perché oggi gli operai non sono più abbandonati a se stessi», spiega Ferdinando Uliano, responsabile delle fabbriche Fiat per la Fim-Cisl. «Fiat ha rivoluzionato l’organizzazione del lavoro - continua Uliano - Ora la gente lavora meglio e, anche se questo processo non è ancora sufficiente, si sente seguita e in alcuni casi anche valorizzata». Il nuovo sistema di lavoro della Fiat di Pomigliano è incarnato da una nuova figura operaia, il team leader.
Si tratta di un caposquadra che, pur con un contratto operaio, non lavora con le mani ma bada che tutto fili liscio per il suo team di sei colleghi. Il team leader ha il potere di concedere permessi e deroghe ma è anche un amico e, spesso, una specie di fratello maggiore. E così un operaio della squadra ci pensa due volte prima di assentarsi perché sa che il suo team leader dovrà sostituirlo in linea se necessario.
Un’altra delle molle anti-assenteismo a Pomigliano è la riduzione della catena gerarchica e lo spirito di squadra. In fabbrica tutti, direttore compreso, vestono la stessa tuta di lavoro e gli impiegati sono stati collocati in uno spazio che affianca, separato da un cristallo trasparente, gli operai in linea di montaggio. Impiegati e operai lavorano gomito a gomito.
Conto i furbetti, però, Fiat non usa solo la carota ma anche il bastone. Nella fabbrica dei furgoni Ducato, in Abruzzo, dove l’assenteismo oscilla fra il 6 e l’8%, proprio ieri 20 operai sono stati raggiunti da una lettera durissima nella quale l’azienda segnala che stanno facendo troppe assenze e che «pur rispettando i certificati medici stiamo pensando ad iniziative da prendere». Una minaccia non troppo velata di licenziamento.
Si torna alla carota in Ferrari dove chi non si assenta neanche un giorno riceve il 5% in più del premio annuale di 4.000 euro. Mentre un’azienda romana, l’Almaviva, per stoppare i furbi fra i suoi addetti ai call center usa la tecnologia: i dipendenti hanno in dotazione un codice elettronico per entrare in azienda e usare il computer. Possono anche darlo a un collega per risultare presenti ma se poi il loro computer non lavora scattano le sanzioni.