ROMA Dietrofront. Il codicillo salva-Berlusconi infilato all’ultimo momento nei decreti delegati che dovrebbero accompagnare la riforma del fisco sarà bloccato. La decisione è stata presa da Matteo Renzi dopo la lettura dei giornali che annunciavano la possibilità di vedere cancellata la condanna per frode fiscale inflitta a Berlusconi nel processo Mediaset e azzerati gli effetti della legge Severino con il pieno ritorno all’agibilità politica. «Il nostro governo non fa norme ad personam, non fa norme contra personam. Fa norme che rispondono all’interesse dei cittadini. Di tutti i cittadini» assicurano a Palazzo Chigi. E Renzi, che è caduto dalle nuvole perché non riteneva possibile che una sentenza passata in giudicato potesse essere svuotata da una norma successiva, davanti alle telecamere del Tg5 tira il freno a mano, promette di bloccare la legge e prova a spegnere l’incendio appiccato dalle opposizioni e dalla minoranza Pd. «Tute le volte che si parla di fisco è naturale intrecciarsi con uno dei tanti processi a Berlusconi. Se qualcuno immagina che in questo provvedimento ci sia non si sa quale scambio, non c’è problema. Noi» annuncia Renzi «ci fermiamo. Questa norma la rimanderemo in Parlamento soltanto dopo l’elezione del Quirinale, dopo che Berlusconi avrà completato il suo periodo a Cesano Boscone e dimostreremo che non c’è nessun inciucio strano. I professionisti del retropensiero avranno modo di ricredersi». Detto fatto. Passa qualche minuto e la presidenza del Consiglio fa sapere che il premier ha chiesto agli uffici di non procedere alla formale trasmissione alla Camera del testo approvato dal governo. La proposta tornerà prima in Consiglio dei ministri, poi alle Commissioni, quindi di nuovo in Consiglio per l’approvazione definitiva entro marzo 2015. L’articolo sotto accusa, che avrebbe potuto ridare agibilità politica al Cavaliere, è il 19bis del decreto sui reati tributari. Un codicillo che esclude la punibilità quando l’importo delle imposte sui redditi evase «non è superiore al 3 per cento del reddito imponibile dichiarato o l’importo dell’imposta sul valore aggiunto evasa non è superiore al 3 per cento dell’imposta sul valore aggiunto dichiarata». Qesto vuol dire che la norma avrebbe potuto “salvare” Berlusconi, che è stato condannato a quattro anni di reclusione e a due anni di interdizione dai pubblici uffici per una frode fiscale di 7 milioni di euro, pari a meno del 2 per cento dell’imponibile. Nonostante lo stop, le polemiche ieri non sono mancate. Gli attacchi più duri sono quelli dei 5 Stelle e della Lega. Ma anche la minoranza del Pd non fa sconti. Per tutti, è inverosimile che il premier non sapesse nulla. E Pippo Civati non risparmia l’ironia: «Chi ha portato quel testo in Consiglio dei ministri? Un’idea ce l’ho: il decreto, conoscendo l’Italia, si è scritto da solo, a insaputa di tutti...». E se Stefano Fassina si chiede di chi sia la “manina” che ha infilato nel decreto la norma sotto accusa, Alfredo D’Attorre chiede a Renzi e Padoan di «prendere l’impegno formale a non riproporre la norma né prima né dopo l’elezione del nuovo presidente della Repubblica». A picchiare duro ci pensano soprattutto i 5 stelle. «O Renzi non sa cosa approva il suo governo oppure ha provato a fare un regalino di Natale a Berlusconi per estinguere una delle cambiali del Nazareno...» attacca Luigi Di Maio. E anche il segretario della Lega, Matteo Salvini, non è tenero: «Il decreto-inciucio sul fisco è l’ennesima “renzata”. Un giorno promette una cosa e poi il giorno dopo la smonta e poi ricomincia daccapo».