ROMA «Ammetto l’errore, ma non la malafede dietrologica». Aveva provato a metterci una toppa già il giorno prima negando possibili ricadute sui processi dell’ex Cavaliere ma poi, per evitare ulteriori equivoci, ha deciso di mettersi davanti ad una telecamera del Tg5, tv di Berlusconi, per spiegare non solo che il decreto legislativo verrà ritirato, ma che se ne riparlerà dopo l’elezione del Capo dello Stato. Un nesso, quello fatto da Matteo Renzi, che l’azzurro Osvaldo Napoli giudica come segno di debolezza, ma che il premier ritiene necessario per sgomberare anche l’ombra di un possibile scambio. «La fretta» che ha caratterizzato il lavoro a palazzo Chigi prima del Natale, sarebbe per Renzi alla base dello svarione che dopotutto si appunta su una norma che continua a ritenere non applicabile alle vicende dell’uomo di Arcore. Nel dubbio, e per evitare circolari esplicative, contenziosi e polemiche, ha deciso di rivedere l’intera materia.
FURBI
La responsabilità Renzi se la assume in toto: «Ne abbiamo parlato in cdm dove ho riscritto personalmente alcune norme». «Molte inasprite, altre rese più light». «Poi lo abbiamo letto e riletto articolo per articolo io e Padoan», ricorda Renzi che rimanda ad un lavoro collegiale fatto nel consiglio dei ministri del 24 dicembre. Nessuna manina, quindi, nessun furbetto, ma per il premier si tratta solo di una norma forse poco chiara. Per evitare dubbi, meglio riportare tutto ai box di partenza, difendendo però le intenzioni di un provvedimento che avrebbe dovuto alleggerire le sanzioni per chi paga il 97% al fisco ed evade il restante 3%, mentre prevedeva pene più dure per i grandi evasori totali.
Renzi evita di ricordare come Berlusconi sia stato dichiarato decaduto proprio sotto la sua segreteria del Pd e che il reato di riciclaggio è frutto della volontà dell’attuale governo. Tutto ciò non esclude, per il premier, la necessità di un confronto con uno dei principali leader dell’opposizione. Ciò che indispettisce il presidente del Consiglio è «la dietrologia» che, una decina di giorni dopo («il 24 sera il decreto era già on line»), viene fatta su un testo che il cdm ha riscritto così «come accaduto per molti altri provvedimenti». La strumentalizzazione di parte dell’opposizione che si è accorta delle possibili ricadute solo dai giornali, il premier la rifiuta. Tanto più se tira in ballo un passaggio «molto importante» che attende le forze politiche: l’elezione del presidente della Repubblica.
INVESTIMENTI
Sotto tiro è ormai da tempo il Patto del Nazareno e le possibili ricadute che potrebbe avere nella scelta del successore di Napolitano. Ed è per questo che il premier trova sorprendente le critiche piovute da esponenti della maggioranza e del suo stesso partito su un testo che aveva come obiettivo quello di rendere più certo il fisco agli investitori stranieri - che sempre più spesso scelgono altri paesi per evitare la nostra complicata giungla burocratica e fiscale - e di rendere più dura la vita agli evasori totali.
Assumendosi la piena responsabilità per l’accaduto, Renzi cerca di evitare la caccia alle streghe dentro il governo e dentro la sua maggioranza. Malgrado sia ancora poco convinto dell’interpretazione pro-Berlusconi, in questo momento il presidente del Consiglio ha assoluto bisogno di non esasperare gli animi e di mantenere basso il tono del confronto che inevitabilmente si ripercuoterebbero in Parlamento atteso, subito dopo l’Epifania, da un duplice appuntamento: il varo al Senato della legge elettorale e alla Camera delle riforme costituzionali. Sullo sfondo, ma subito dopo, l’elezione del successore di Giorgio Napolitano. Al big-match Renzi intende arrivare col minimo di contrapposizione interna al Pd e nella maggioranza sapendo che i sabotatori sono all’opera da tempo e che i più insidiosi sono, ovviamente, quelli occulti.
L’ossessione per Berlusconi di una parte del suo partito continua a ritenerla controproducente, bagaglio di un partito destinato alla sconfitta o alla quasi-vittoria. Così come giudica assurdo sia produrre legge pro che contro l’ex Cavaliere. Argomenti, questi, che il premier ieri - per carità di Patria - ha taciuto e che difficilmente ripeterà nell’assemblea del 7 quando incontrerà i suoi parlamentari per discutere di legge elettorale e di riforme costituzionali.
TENTAZIONI
Il premier sa però che gli orfani dell’antiberlusconismo ”senza se e senza ma” sono però ancora molti nel Pd e che la convivenza - specie con coloro che con Berlusconi hannno trattato realmente - nelle prossime settimane potrebbe essere dura e che potrebbe diventarlo ancora di più quando l’ex Cavaliere avrà terminato l’affidamento ai servizi sociali e potrebbe essere preso dalla tentazione di rientrare in Parlamento. Ovviamente attraverso libere elezioni avendo prima ottenuto soddisfazione dalla corte di Strasburgo. Una tentazione, quella del voto anticipato, che se invadesse anche Renzi metterebbe in crisi proprio coloro che nei rispettivi partiti, FI e Pd, più contestano le leadership del Rottamatore e dell’uomo di Arcore.
Berlusconi: sabotano il Nazareno e i mandanti sono tra i centristi
L’ira del leader forzista: «La solita voglia di tirarmi in mezzo, soprattutto adesso»«Pensano di farmi fuori per costruire un’area moderata senza il sottoscritto»
ROMA «Ma cos’è questa roba?». Letti i giornali, Silvio Berlusconi chiama al telefono l’avvocato Nicolò Ghedini al quale chiede chiarimenti sulla presunta norma che dovrebbe cancellare il reato di frode fiscale per la quale sta scontando una pena ai servizi sociali. La sorpresa del Cavaliere è mista ad irritazione e le spiegazioni tecniche fornite da uno dei suoi avvocati, nonché senatore, lo innervosiscono ancora di più. Ghedini è infatti lapidario: «Non ti riguarda e non ne sapevo nulla sino a ieri quando sono stato tempestato di telefonate dai giornalisti».
SALVACONDOTTO
«Che cosa c’entro io! E’ la solita voglia di tirarmi in mezzo su tutto. Specie in questo momento». L’ex Cavaliere mastica amaro, ma non è sorpreso per le dietrologiche interpretazioni date a quello che, grillini e leghisti, definiscono «il salvacondotto», «frutto dell’inciucio». Se non fosse che i primi lo hanno appreso dai giornali e che i secondi governano con FI in Lombardia e Veneto, sarebbe tutto normale. Ma è lo stesso Berlusconi a considerare «eccezionale» l’attuale momento perché tra qualche settimana «un leader cacciato dal Parlamento sarà chiamato a dare il suo contributo per eleggere il presidente della Repubblica». Ed è proprio su questo ”particolare” che il volto dell’ex presidente del Consiglio assume un’espressione corrucciata e preoccupata. «I sabotatori del Patto del Nazareno sono all’opera e Renzi li ha molto più vicini di quanto creda». Berlusconi ragiona su quanto dettogli poco prima dall’avvocato Ghedini: «Il decreto legislativo è entrato in consiglio dei ministri in un modo e uscito in un altro».
Ragionamenti simili l’ex Cavaliere li fa con Denis Verdini, ma nessuno ad Arcore riesce a ricostruire esattamente l’iter di un provvedimento che, ribatte Berlsusconi, «non mi riguarda perchè tra qualche settimana finisco l’affidamento in prova e con questo si cancellano anche gli effetti penali». Il problema resta l’incandidabilità prevista dalla legge Severino contro la quale l’ex premier è pronto a scatenare una sua personalissima battaglia che va oltre il ricorso già avviato alla Corte europea dei diritti dell’uomo o la pronuncia della Consulta che presto si pronuncerà sul ricorso presentato dal sindaco di Napoli Luigi De Magistris. A febbraio, quando finirà il periodo di affidamento, gli avvocati dell’ex presidente del Consiglio ricorreranno contro l’applicabilità della legge Severino sostenendo che il loro assistito, avendo estinto la pena detentiva, ha diritto a vedere estinto ogni altro effetto penale e quindi anche l’incandidabilità.
Ad Arcore considerano questo un percorso del tutto autonomo e che gli effetti delle norme fiscali emanate dal governo, e ieri ritirate, sono «nulli», ma tutto ciò non fa venire meno i sospetti sulle intenzioni e sugli obiettivi. La tentazione di individuare i responsabili nel corpaccione centrista, al quale appartengono sia il sottosegretario Zanetti (scelta Civica), sia il viceministro Luigi Casero (Ncd) è fortissima. «Perché tirarmi in ballo ogni volta. Nessuno di noi ha chiesto mai nulla al governo», ripete l’ex Cavaliere che definisce tutto ciò «frutto dell’ossessione che continua da vent’anni». «Vedrete quante altre cose tireranno fuori...». Berlusconi è convinto che sia in atto un tentativo per mettere in crisi il Patto del Nazareno o comunque di indebolirlo, ma stavolta sul banco degli imputati non ci sarebbero, a giudizio dell’ex presidente del Consiglio, nè i grillini nè la sinistra del Pd, ma il ”fuoco amico”. Ovvero «tutti coloro che pensano di farmi fuori per costruire al centro un partito senza di me». Cattivi pensieri che giungono proprio mentre i parla di un patto di consultazione tra le forze che si rifanno al Ppe e che dovrebbe mettere insieme FI a Ncd, Udc e ciò che resta di Scelta Civica dopo il quasi-addio di Benedetto Della Vedova.
PPE
Malgrado tutto Berlusconi resta avvinghiato al patto del Nazareno forte anche della volontà di Renzi - espressa di fatto nella conferenza stampa del premier di fine anno - di non riconoscere dentro Forza Italia altri interlocutori: «Se qualcuno pensa che esista Forza Italia senza Berlusconi, auguri. È un'ipotesi che non può venire in mente neppure ai teorici del girotondismo più puro». Dare del girotondino a Raffaele Fitto è forse un po’ azzardato, ma azzoppare l’ex Cavaliere a poche settimane dal voto sul Quirinale potrebbe servire a chi, del gruppone-Ppe, non vuole che l’uomo di Arcore resti l’interlocutore privilegiato di Matteo Renzi.