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Pescara, 24/11/2024
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Data: 06/01/2015
Testata giornalistica: Il Centro
Provincia di Pescara. Metà dei dipendenti trasferiti in altri enti entro due anni, prevista la mobilità con tagli agli stipendi per chi resterà fuori. «Ma la Regione non potrà assorbire tutti». I sindacati: «Il destino dei lavoratori è legato alle decisioni del governo, siamo molto preoccupati»

PESCARA Un «due più due»: i «due» sono gli anni nei quali la metà dei dipendenti della Provincia dovrà trovare un’altra collocazione lavorativa, stando alla legge Delrio (la numero 56 dell’anno scorso). Calcoli alla mano, più o meno 150, visto che dalla Provincia fanno sapere che il totale dei dipendenti è di 297. I calcoli sono questi, poiché da quest’anno si cominceranno a contare i due bienni: nel primo, dice la legge a firma del sottosegretario del capo del governo, la metà di tutti i dipendenti delle Province dovrà trovarsi una nuova sede di lavoro, come in Regione o in Comune. E nel secondo, se nel frattempo non saranno stati riassorbiti, pur rimanendo sempre a carico della Provincia, verranno messi in mobilità, con uno stipendio decurtato del 70% e con un impegno lavorativo ridotto analogamente. Ma non solo. Alla fine del quadriennio, se ancora non si sarà trovato un nuovo posto, potrebbe aprirsi lo spauracchio del licenziamento. Nessun allarmismo, fanno sapere dalla Provincia. Ma insomma, il rischio c’è. Com’è pure evidente la sofferenza della Provincia, costretta, stando alla lettura del Decreto legge 66, del 2014, e alla Legge di stabilità approvata prima di Natale, ai versamenti che le Province, compresa appunto quella di Pescara, dovranno supportare, sui 9 miliardi annui che lo Stato loro trasferisce, i quali saranno cumulativi per i prossimi tre anni, prima di andare a regime. E la provincia di Pescara per quest’anno dovrà versare 5,7 milioni di euro circa, il doppio l’anno prossimo, e 17,1 milioni nel 2017. Il tutto, a fronte di una spesa che dovrebbe rimanere invariata: 35 milioni all’anno. E se per quest’anno il bilancio, che tra l’altro non è stato ancora approvato, potrà far fronte ai 5.700.000 destinati allo Stato grazie ad un avanzo di circa 5 milioni derivante dall’esercizio dell’anno scorso, 2016 e 2017 saranno da vacche magre. Sì, poiché l’anno prossimo non solo i milioni da versare allo Stato non saranno più «solo» 5,7, ma il doppio, cioè 11,4 milioni, ma le entrate, vista la crisi economica che non molla e con un Pil che la Commissione europea, a livello nazionale, ha stimato, per il 2015 intorno allo 0,6%, potrebbero anche diminuire. L’anno scorso, infatti, la Provincia di Pescara ha già registrato un calo di 800mila euro derivante dal gettito relativo alle immatricolazioni delle automobili, dalla quota delle assicurazioni Rca, quelle obbligatorie, e dal contributo per l’ambiente. In altre parole, se da un lato gli anni prossimi la spesa della Provincia, per tutti i servizi che eroga, dovrà continuare a mettere in bilancio uscite per 35 milioni, già l’anno prossimo dovrà reperire almeno 11,7 milioni che avrà in meno, mentre, invece, nel 2017, i milioni da trovare dovranno essere almeno 17,1. L’alternativa è il taglio dei servizi. Ma per sopperire a questi, ha fatto sapere nei giorni scorsi il presidente della Provincia Antonio Di Marco, la Regione ha reso noto che «studierà un percorso per poter coprire con i finanziamenti dei fondi strutturali europei le spese per il personale dei centri per l’impiego e delle politiche attive del lavoro». Amaro, pensando ai prossimi anni, il commento del segretario generale della Provincia Fabrizio Bernardini. «Le riforme si possono fare, ma non si possono trasformare in disservizi».

«Ma la Regione non potrà assorbire tutti»
I sindacati: «Il destino dei lavoratori è legato alle decisioni del governo, siamo molto preoccupati»

PESCARA Tanti interrogativi, nessuna risposta. Anche a Pescara la preoccupazione è forte, tra gli addetti della Provincia, che si chiedono cosa ne sarà di loro per effetto della riforma Delrio e, al momento, non riescono ad ottenere risposte sugli esuberi. Il destino dei dipendenti è legato alle funzioni in capo a questi enti, ma a tal proposito le certezze sono pari a zero, perché si attende tuttora l'assegnazione, da parte della Regione, delle funzioni che sono sempre state delle Province. L'unico dato certo, ad oggi, è che i fondi a disposizione del pubblico sono sempre meno, per via dei continui tagli effettuati dal Governo, per cui la situazione appare davvero complessa. «Si naviga a vista», dice Carmine Ranieri segretario regionale della Cgil Fp, «perché i tagli sono di entità pazzesca e le Province temono di non riuscire ad assicurare i servizi. Nello stesso tempo c'è la paura che la Regione non possa assorbire una serie di funzioni delle Province, e con esse il relativo personale, perché anche la Regione ha subito dei tagli. In questa fase è tutto legato alle scelte della Regione e abbiamo già chiesto al presidente D'Alfonso di renderci partecipi delle decisioni che si andranno a prendere». «La legge», prosegue Ranieri, «stabilisce che entro tre mesi le Province definiscano le nuovi piante organiche, con un taglio del 50 per cento, per cui di qui a tre mesi si deve capire chi svolgerà le funzioni e con quali risorse. E si attende di sapere se sarà costituita l'Agenzia nazionale del lavoro, perché se così fosse il personale dei Centri per l'impiego sarebbe riassorbito. Noi diciamo no agli esuberi, chiediamo garanzie per tutti i lavoratori e per i precari e proclameremo lo stato di agitazione, a partire da Chieti. Certo l'inamovibilità dei lavoratori non è garantita e lo spostamento in altra sede è una possibilità concreta». «Per il momento siamo in stand by», aggiunge Francesco Marcucci della Uil Fpl, «attendiamo la redistribuzione delle funzioni tra Regione e Province, per capire chi gestisce cosa e poi le piante organiche, per sapere chi resta in Provincia e chi viene destinato ad altri enti, ma va anche chiarito se ci sono i fondi. Tra i lavoratori c'è molta tensione anche perché a livello regionale si parla di 300 persone che potrebbero non trovare una collocazione ma ritengo che nessuno perderà il posto e che si punterà a “riciclare” gli addetti, anche collocandoli nei Comuni». Crede che saranno scongiurati i licenziamenti pure Lorenzo Buccella dirigente della Confederazione sindacati autonomi, ma questo non toglie che ci sia «una grande preoccupazione e siamo tutti sul piede di guerra. Gli altri enti, dice, non vedono di buon occhio l'eventuale assorbimento del personale delle Province e mi riferisco alla Regione, dove gli addetti hanno il terrore di perdere il salario accessorio di cui beneficiano ora. A Pescara siamo stati messi in guardia: ci hanno annunciato gli esuberi, ma senza specificare quanti e senza chiarire cosa si rischia. Sì, un incontro con la Regione c'è stato, non ha avuto un esito poi così positivo, per noi».

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