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Pescara, 24/11/2024
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Data: 06/01/2015
Testata giornalistica: Il Centro
Norma salva Silvio? «Ho deciso io». Matteo Renzi ammette e Padoan tace. I 5 Stelle attaccano: «Palazzo Chigi è come un rione in mano alla camorra»

ROMA Una svista, un errore. Il giorno dopo la bufera esplosa sulla norma inserita nella delega fiscale, che avrebbe cancellato la condanna di Berlusconi per frode fiscale ridandogli agibilità politica, il governo respinge le dietrologie sul patto del Nazareno ma le polemiche non si placano. A risolvere il “giallo” della “manina”che all’ultimo momento avrebbe inserito il codicillo sotto accusa nel testo del provvedimento approvato dal Consiglio dei ministri è lo stesso Matteo Renzi che, come riportato ieri dal Fatto Quotidiano, ammette di averla voluta lui: «La norma l’ho fata inserire io, ma avevo ricevuto rassicurazioni tecniche da avvocati e magistrati...». Una norma condivisa anche da Pier Carlo Padoan? Forse. Resta il fatto che da due giorni il ministro dell’Economia(che è uno dei candidati al Quirinale) non dice una parola. Un silenzio che alimenta veleni e sospetti sulla genesi del codicillo e sul suo reale obiettivo. I 5 Stelle parlano di un “salvacondotto “ renziano” in cambio dei voti di Forza Italia per l’elezione del capo dello Stato e del via libera alle riforme». A Palazzo Chigi, invece, assicurano che si è trattato solo di una «svista». La ricostruzione sulla dinamica della vicenda, però, lascia più di una domanda senza risposta. La norma sotto accusa è stata scritta al ministero dell’Economia o è stata inserita all’ultimo momento negli uffici della presidenza del Consiglio? Il sito Dagospia scrive che alla vigilia del varo della norma ci sarebbe stata una riunione riservata al Tesoro con Padoan e l’avvocato di Berlusconi, Franco Coppi. Ma il ministero smentisce la notizia («Indiscrezione destituita di fondamanto») e minaccia querela. Renzi dice di aver letto insieme a Padoan «articolo per articolo» del provvedimento sotto accusa. Quel che è certo è che il sottosegretario all’Economia, Enrico Zanetti, che si è accorto della “novità” ed è stato il primo a sollevare il problema, conferma che fino al 23 dicembre mattina quella norma non c’era. Poi, nel pomeriggio del 24 dicembre a Palazzo Chigi, l’ufficio legislativo guidato dalla renziana Antonella Manzione avrebbe scritto la versione definitiva del provvedimento insieme ai tecnici dei ministeri della Giustizia e dell’Economia. L’unica certezza riguarda l’alta tensione che si è registrata ieri alla Camera, dove i 5 Stelle si sono lanciati a testa bassa contro il governo. Sul blog di Grillo il premier Renzi diventa «il burattino di Berlusconi» mentre ad accendere la miccia nell’aula di Montecitorio è Alessandro Di Battista, che accosta Palazzo Chigi «a uno di quei rioni in mano alla camorra dove nessuno sa nulla all’inizio e poi, alla fine, qualcuno parla per proteggere qualcun altro». «Renzi protegge Verdini. È lui che ha fatto inserire la norma. È Berlusconi che governa...» attacca il deputato pentastellato, che viene subito censurato dal suo collega di partito e vicepresidente della Camera, Luigi Di Maio. Alla fine, a difendere il premier ci pensa il fedelissimo Walter Verini: «Mettere in discussione che il governo voglia introdurre norme per fare un favore a qualcuno è malafede mentre ammettere di aver fatto errori è segno di forza».

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