ROMA Gongola la Lega. Si fregano le mani i grillini. Sprizzano gioia le sinistre del Pd e di Vendola. Esultano gli azzurri vicino a Fitto e tutti coloro che dentro FI mal sopportano il rapporto che Denis Verdini ha con palazzo Chigi. I nemici del Patto del Nazareno non se l’aspettavano il regalo di Natale che Matteo Renzi ha elargito loro con lo scivolone sulla norma fiscale del 3%. Una vera e propria manna caduta dal cielo a pochi giorni dal voto al Senato sull’Italicum 2.0 e della scelta del successore di Giorgio Napolitano. Una grazia inaspettata che, assieme alla scelta compiuta dal premier di rinviare l’intera faccenda a dopo il voto sul Quirinale, rende i due contraenti - soprattutto uno - più deboli.
VANTAGGI
Renzi ieri è stato impegnato in una girandola di incontri per discutere della riforma della scuola, ma è lui a pagare il conto più salato di un pasticcio che in un attimo ha riportato d’attualità le menti più fervide e i teorici dell’inciucio tra Verdini e Lotti, delle riunioni segrete tra avvocati e ministri e delle telefonate riservate tra palazzo Chigi e Arcore. «Visto che è partita la ”caccia grossa” ai provvedimenti potenzialmente favorevoli a Berlusconi - si chiede ironicamente l’azzurra Deborah Bergamini - allora perché non abrogare, ad esempio, anche il Jobs Act? In fondo, Berlusconi come imprenditore potrebbe trarre qualche vantaggio dagli sgravi fiscali previsti per le nuove assunzioni».
Tutto cercava in questo momento, Renzi, tranne che l’avvio di una nuova stagione di caccia alle streghe. Poco ha funzionato la decisione di assumersi ogni responsabilità per l’accaduto per coprire, forse, Antonella Manzione, il capo dell’ufficio legislativo che il premier ha fortemente voluto a palazzo Chigi. O per mettere al riparo il ministro Padoan che da quando è entrato nella rosa dei possibili candidati al Quirinale, non dorme sonni tranquilli nemmeno tra le spesse mura del Mef.
A dispetto di tutte le interpretazioni, il presidente del Consiglio continua a ritenere che la norma, poi ritirata, non fosse applicabile all’ex Cavaliere e che comunque «depenalizzare il 3% di evasione non significa fare sconti a nessuno» perché «il contribuente infedele avrebbe comunque dovuto pagare l’imposta con annessi interesse e sanzioni triplicate». Una semplificazione e depenalizzazione, da rivedere, ma che comunque palazzo Chigi e ministero dell’Economia difendono nella sua impostazione visto che permetterebbe al Fisco di incassare subito le somme evase evitando l’affollarsi di cause penali dai tempi lunghissimi.
Domani il premier incontrerà i suoi deputati che a breve saranno impegnati a votare la riforma costituzionale. L’occasione sarà sfruttata da Renzi per tornare sulla faccenda per invitare tutti «a diffidare delle dietrologie». Il rapporto tra governo e Parlamento è però destinato a tornare centrale (anche se il Parlamento ha votato l’introduzione delle ”soglie”). Specie in vista di un appuntamento, l’elezione del capo dello Stato, che il vicesegretario del Pd Lorenzo Guerini, ritiene occasione per mostrare quanto siano maturati gli eletti del Pd dal 2013 ad oggi.
GONFIO
Ieri Silvio Berlusconi ha pranzato ad Arcore con i capigruppo del partito e un gruppo di fedelissimi. Il giorno dopo l’ex Cavaliere riesce a guardare il lato positivo della faccenda: «Toni bassi, evitiamo la contrapposizione. Renzi si sta sgonfiando!», ha sostenuto l’ex premier citando la faccenda dell’aereo di Stato e del 3%. Il leader azzurro continua a sostenere di non aver mai saputo nulla della norma del 3% e che, comunque, «presto tornerò nel pieno dei miei diritti politici». D’altra parte, l’ex Cavaliere ha sperimentato da premier come sia difficilissima se non impossibile la strada del salvacondotto. Quindi, meglio confidare nella «riabilitazione» che la legge Severino prevede all’articolo 15. I tre anni di tempo previsti dall’articolo 178 del codice penale dalla fine dello sconto della pena (probabilmente il 14 marzo), permetterebbero all’ex Cavaliere di arrivare giusto in tempo alle elezioni della primavera del 2018. La data indicata da Renzi per la fine del suo governo coincide con quella che ha in testa l’uomo di Arcore che non ha nessuna intenzione di mollare e che domani sarà a Roma per incontrare i coordinatori di FI in vista delle regionali.