ROMA Sarebbero due fratelli franco algerini di Pantin, rientrati dalla Siria la scorsa estate, due dei killer del commando che ha attaccato il settimanale Charlie Hebdo provocando 12 morti. Le teste di cuoio sono entrate in azione nella notte individuando a reims due fratelli e un complice. Uno di loro è nel mirino della autorità dal 2008, coinvolto nella vicenda dello smantellamento della cosiddetta filiera irachena nel 19esimo arrondissement di Parigi. Secondo il giornale sarebbe stato arrestato nel 2005 mentre si preparava a partire per Damasco. I due sospetti avrebbero 32 e 34 anni, Il terzo assalitore, un loro parente, invece sarebbe nato nel 1996. Stato di emergenza a Parigi e posti di blocco su tutte le grandi arterie della banlieuee in tutta la Francia per scovare il commando che ieri mattina in pochi minuti ha ucciso dodici persone inermi, seminando il panico nella capitale francese. «Li troveremo, faremo di tutto perché i responsabili siano arrestati e poi giudicati e puniti in modo molto severo» assicura Francois Hollande che ieri sera alle 20 ha parlato alla nazione dopo essersi recato subito dopo l’attentato sul luogo della strage. Le vittime dell’attacco, «un atto infame» «sono i nostri eroi, tutta la Repubblica è stata colpita dagli assassini» ha detto ancora il presidente annunciando per oggi una giornata di lutto nazionale e tre giorni di «bandiere a mezz’asta». «Questi uomini e questa donna sono morti per l’idea che avevano della Francia e cioè per la libertà» dice Hollande in un messaggio solenne in cui ha richiamato la nazione all’unità anti terrorismo. Per il momento però dei tre assassini non c’è traccia. Gli inquirenti sono convinti di avere a che fare con un gruppo addestrato militarmente, forse in Siria o in Iraq. Per l’esperto di terrorismo Claude Moniquet, ripreso da France Info, l’assalto è stato perpetrato da «persone che sono abituati alle armi e a combattere, quindi probabilmente gente che è stata formata in Siria». «Siamo sicuramente davanti a dei professionisti», ha aggiunto. Un blitz ben pianificato, nei modi e nei tempi. Gli uomini erano vestiti di nero con il volto coperto da passamontagna, pesantemente armati, tanto da far pensare ai primi testimoni oculari di avere a che fare con le forze speciali. Dalle immagini si vedono che tengono le armi strette al corpo, sparano colpi precisi e non all’impazzata. Niente lupi solitari, ma persone che seguono un disegno chiaro e ben pianificato, come conferma anche Jean-Francois Daguzain, direttore della Fondazione per la Ricerca Strategica, che a France Info dice di «non credere assolutamente al modello del lupo solitario che ci vogliono vendere oggi». «Nella realtà - afferma - c’è organizzazione, pianificazione, e anche se ci può essere un collegamento non necessariamente stretto tra le persone che agiscono e quelli che danno gli ordini, c’è una logica molto coerente, che va dal massacro dei 156 studenti di una scuola in Pakistan fino all’attentato a Charlie Hebdo, passando per le stragi in Siria». Il quotidiano locale l’Union scrive che le ricerche si stanno concentrando sulla città di Reims, 140 chilometri a nord est di Parigi, dove sarebbero in corso delle perquisizioni. Secondo il quotidiano gli attentatori sarebbero stati identificati e uno di loro sarebbe proprio di Reims. Le tracce del commando si sono perse nel 19/o arrodissement di Parigi, su una strada che porta verso l’esterno della città. Nel pomeriggio nel dipartimento di Seine-Saint-Denis, già teatro in passato di scontri e disordini con la polizia, gli agenti avrebbero fatto irruzione in due appartamenti individuati come possibili rifugi degli attentori. Nel suo primo discorso alla stampa il procuratore di Parigi, Francosi Molins non ha voluto fornire alcun elemento sulle indagini, invitando i media alla responsabilità e alla discrezione. Solidarietà e sgomento per l’attentato al Charlie Hebdo è arrivata da tutto il mondo. Un attacco «codardo e diabolico, siamo con i francesi» dice Barack Obama. «Ferma condanna per un gesto vile esecrabile che colpisce uno dei pilastri sui quali si basa la nostra civiltà: la libertà di stampa», il messaggio che Giorgio Napolitano ha inviato a Hollande.