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Pescara, 24/11/2024
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09/01/2015
Il Centro
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Discariche e corruzione - Smaltimento illecito di rifiuti e Megalò 3. Quattro arresti, indagato il sindaco di Chieti. Blitz dell'antimafia anche a Pescara, Roma e Milano. «A Di Primio promessi soldi per la campagna elettorale» |
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CHIETI Un block notes scoperchia il pentolone di “Terre d’oro”, fa arrestare quattro imprenditori e ne fa interdire un quinto accusati di traffico illegale di rifiuti. E infine innesca anche un’inchiesta parallela per corruzione che tira in ballo anche il sindaco di Chieti, Umberto Di Primio e Michele Colistro, segretario dell’Autorità di Bacino. In totale gli indagati sono venti, c’è anche una suora, Vera D’Agostino. E mezzo milione le tonnellate di roccia e terra, provenienti dai cantieri per la realizzazione di colossi come Ikea, Villaggio Mediterraneo o Decathlon, smaltiti però in modo illegale nell’area metropolitana Chieti-Pescara, dalla Ecoter degli imprenditori teatini Colanzi. Secondo la legge sui rifiuti speciali dovevano essere trasportati dalla Ecoter in discariche autorizzate come la Deco dei Di Zio a Colle Cese di Spoltore oppure alla Toto spa, in un sito nei pressi dell’A25 a Scafa. Invece quella montagna di terra e pietre che avrebbe occupato uno spazio grande come lo stadio di San Siro, è finità in un vasto terreno accanto al fiume Pescara dove sarebbe sorto il Megalò 3. Oppure nel Villaggio della Speranza dove suor Vera accoglie centinaia di profughi. O ancora a ridosso sempre del fiume per permetter a uno dei più noti odontoiatri di Chieti di costruirsi una villa. Ma accanto alla contabilità ufficiale ce n’era un’altra segreta riportata su quel block notes: un “libretto nero” diventato la chiave di volta dell’inchiesta perché cela un lungo elenco di località e quantità di terra da dirottare altrove per risparmiare due milioni e 900mila euro. Quindi spuntano documenti falsificati con il bianchetto, operaio che crollano durante gli interrogatori e svelano dove in realtà dirottavano i Tir carichi di terra e infine una interecettazione tefonica tra il sindaco di Chieti e l’imprenditore Enzo Perilli in cui questi promette al primo di finanziagli le elezioni comumunali del 2015 in cambio delle autorizzazioni per realizzare il Megalò 3 sul terreno ceduto da Colanzi e dove quest’ultimo aveva scaricato già tonnellate di terra e pietre. L’effetto di Terre d’oro diventa così devastante per la polica di centrodestra e per le prossime comunali di Chieti. Torniamo però al blitz. Il comando provinciale di Pescara del Corpo forestale dello Stato, sotto il coordinamento della Direzione distrettuale antimafia dell’Aquila, ha eseguito, ieri mattina, le quattro misure cautelari degli arresti domiciliari a carico dei vertici e di tecnici della Emoter srl, prima denominata Emoter sas, ed Eco Strade sas, cioè Filippo Colanzi, 49 anni di Chieti, la moglie Carmen Pinti, di 46 anni, Gianluca Milillo, 42 anni di Montesilvano e Massimiliano Di Cintio, 41anni di Pescara; una misura interdittiva del divieto temporaneo di esercizio d’impresa all’amministratore unico della Emoter Lavori, Emanuele Colanzi, 25 anni, figlio di Filippo. In totale sono sette i siti sequestrati dove sono state smaltiti rifiuti speciali per 406mila metri cubi, pari a 500mila tonnellate di terre e rocce da scavo spostate, con la creazione di altrettante discariche abusive con una superficie complessiva di 10 ettari. A tutto ciò si aggiunge il sequestro preventivo di 13 autocarri per il trasporto e lo scarico delle terre e rocce da scavo utilizzati dalla ditta Emoter Lavori; il sequestro per equivalente di quasi 3 milioni di euro derivanti da «illecito profitto». Tredici le perquisizioni nelle sedi legali di imprese tra Pescara, Chieti, Milano e Roma e 18 gli indagati per il traffico di rifiuti cui se ne aggiungono altri due per l’inchiesta bis sul sindaco Di Primio. Il fine del traffico di rifiuti era quello di limitare i costi di trasporto e di evitare le spese di smaltimento, campionamento e analisi. L’indagine nasce del 2011. Il Nucleo di Polizia Ambientale e Forestale (Nipaf) di Pescara, su un cantiere nella zona di Pescara. «La ditta esecutrice dei lavori produceva agli agenti di polizia giudiziaria della Forestale documentazione accompagnatoria che è risultata fin da subito di dubbia provenienza», così sostiene l’accusa. La doppia contabilità ha permesso di capire il giro seguito dai rifiuti. Il loro smaltimento ha dato luogo a discariche su terreni sottoposti a vincolo idrogeologico e paesaggistico. Come nel caso del Megalò 3. «Il materiale che ho caricato sul cantiere adiacente la Audi Porsche non è stato mai conferito alla discarica Deco Spa di Colle Cese di Spoltore: in tutti i viaggi da me effettuati, è stato scaricato lungo il fiume Pescara». Così Luciano De Melis, uno degli autisti di mezzi pesanti della Emoter, ha raccontato agli investigatori della Forestale i falsi viaggi della sua società. Dalle 50 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal giudice per le indagini preliminari Guendalina Buccella, emerge come i documenti di trasporto (Ddt) siano stati falsificati in vari modi: in alcuni casi, sono stati confezionati «non solo in epoca successiva all'esecuzione dei lavori e al conferimento del materiale, ma anche in un momento assai prossimo alla consegna alla polizia Giudiziaria». In altri casi, portano le firme false degli autisti: un altro di loro, Stefano Maccarone, sentito a sommarie informazioni su un verbale che pareva avesse firmato, ha affermato «di non aver lavorato nel periodo in questione presso la Emoter, a causa di un infortunio». Altri documenti recano «i timbri falsi della discarica Deco spa Discarica Colle Cese Spoltore». In occasione delle perquisizioni presso la sede della Emoter srl è stato trovato e posto sotto sequestro un kit per la composizione di timbri. Per l’accusa Milillo, «è il tecnico ambientale della Emoter che predispone i documenti di trasporto falsi e che», parlando con la moglie, ucraina, «ipotizza di realizzare una discarica in Ucraina, dove la normativa ambientale risulta sostanzialmente inesistente e qualsiasi problema si può superare pagando il sindaco, la polizia, il Padre Eterno».
Il sindaco di Chieti accusato di aver agevolato Megalò3 per conto di un cliente di studio «A Di Primio promessi soldi per la campagna elettorale»
CHIETI L’accusa è corruzione. La difesa invece è: «Avrò tempo per spiegare ai cittadini. Non mi tiro indietro, vado avanti con la campagna elettorale. E non credo che sia giustizia a orologeria». Così dice Umberto Di Primio, sindaco uscente e ricandidato dell’Ncd alle comunali di maggio a Chieti, coinvolto nell’inchiesta stralcio a quella del traffico di rifiuti. Ad accusarlo è un’ intercettazione telefonica in cui si ritrova a parlare con un cliente del suo studio legale: «E’ un mio caro amico», dice il sindaco a microfoni spenti. Il “caro amico” è l'imprenditore Enzo Perilli che dai Colanzi rileva il terreno di Santa Filomena puntando dritto a realizzare il Megalò 3. Così Di Primio si ritrova a rivestire un doppio ruolo: è il sindaco che deve autorizzare e, al tempo stesso, è il legale di fiducia dell’imprenditore. L’accusa sostiene che Perilli avrebbe promesso a Di Primio: «Una serie di utilità economicamente apprezzabili quali un sostegno, non meglio quantificato, per la campagna elettorale in vista delle elezioni amministrative del 2015 per il rinnovo del consiglio comunale di Chieti. E la promessa di un sostegno economico, non meglio quantificato, per risolvere le sue pendenze debitorie». Di Primio aveva o ha debiti da onorare? Lui, sempre a taccuino chiuso, ribatte: «Non ho alcun debito». Ma sul capo d’imputazione, tutto ancora da dimostrare, i pubblici ministeri della Dia aquilana, Picuti e Mancini, ipotizzano il contrario, lo definiscono un “corrotto” e indagano, in questo filone bis, anche un terzo personaggio chiave: il segretario generale dell'Autorità di bacino, Michele Colistro, subentrato all’improvviso in questo delicato ruolo ad Angelo D’Eramo e che, ufficialmente, non si è mai pronunciato contro il Megalò 3 di Perilli, titolare della Akka, società proprietà del terreno su cui avrebbe dovuto sorgere il complesso e socio di fatto dei Colanzi. Ma chi è Colistro? E’ un ingegnere, ex colletto bianco della pubblica amministrazione. Arriva dal ministero delle Infrastrutture, dov’era stretto collaboratore del vice ministro Ugo Martitat. Nel 2011 fu assolto in un processo per presunte tangenti legate all’Alta velocità e a opere per le Olimpiadi del 2006 di Torino. L’11 febbraio del 2013, l’ex giunta regionale di Gianni Chiodi lo nomina all’Autorità di bacino. E come primo atto dice no al Megalò 2, della società confinante Sirec. Ma sul 3 si comporta diversarmente. Scrive l’accusa: «Di Primio, allo scopo di permettere la realizzazione del progetto imprenditoriale di Perilli, si impegnava ad adottare e a far adottare dai competenti uffici comunali tutti i provvedimenti amministrativi di competenza quali il rilascio dei permessi a costruire e inoltre promuoveva e votava favorevolmente la delibera di giunta comunale» (che pubblichiamo in alto), con la quale il Comune si schierava in giudizio assieme al privato per contrastare il provvedimento del Genio Civile che chiedeva il ripristino delle condizioni ambientali del luogo. A dar man forte all'operato di Di Primio ecco quindi Colistro che: «Emetteva un parere» attraverso il quale «in merito alle variazioni morfologiche dell’area, l'esame della documentazione in possesso di questa Autorità fa ritenere che l'area de quo non è soggetta a rischi idraulici». E riceveva in cambio da Perilli: «Una carta Posta pay ricaricabile, l’uso di un immobile in via D’Azeglio a Montesilvano e incarichi professionali». Che cosa decidera ora Luciano D’Alfonso su Clistro? Lo lascerà al suo posto? E come si difende il sindaco? «Nel corso della perquisizione effettuata nel mio domicilio e nell'ufficio del Comune ho messo a disposizione della polizia giudiziaria tutto quanto era in mio possesso, documenti e supporti informatici. Pur se per professione sono abituato a vivere situazioni come quella capitatami questa mattina (ieri, ndr), non posso negare il dispiacere nel vedermi tirato dentro un’indagine le cui circostanze, in parte non conosco, mentre per le altre, quelle che mi riguarderebbero, mi vedono assolutamente sereno perché convinto di aver fatto tutto nel massimo della regolarità senza aver creato vantaggio per alcuno, né aver ottenuto alcunché. Il mio primo pensiero va alla mia famiglia e alle tante persone che credono in me e che, inevitabilmente, loro malgrado, saranno toccate da questa vicenda». La conclusione è amarissima perché è riferita alla compagna del sindaco e collega del suo studio che seguiva la pratica Perilli.
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