Gent.mo Direttore, in momenti in cui vanno lesinate le risorse e solo per effettive necessità, può l'ente regionale abruzzese permettersi il lusso di buttare a mare (è proprio il caso di dirlo) ben 13 milioni di euro, come la cifra spesa, per gli ultimi dragaggi del porto dannunziano? Abbiamo visto come la Regione Abruzzo, che sta venendo fuori da drammatiche criticità, come la questione sanità, faccia quotidianamente i conti con la mancanza di fondi. Ciò che sfugge alla mia comprensione è assistere, da un lato agli impietosi dinieghi per mancanza di liquidità, per l'esigenza volta ad assicurare una appena sufficiente manutenzione delle scuole (e si parla anche di mancanza di riscaldamento per alcuni plessi) o delle tante strade abruzzesi (e sappiamo quanto è importante assicurare al diffuso pendolarismo regionale quel minimo di sicurezza per evitare incidenti) e di tanto altro ancora che si dovrebbe fare e non si fa per la cronica assenza di denaro, mentre dall'altro lato mi duole assistere ad un inutile spargimento di soldi pubblici per interventi che, si sa in partenza, rappresentano solo dei palliativi, a meno di cambiare le forze della natura, mare e fiume insieme, che più volte hanno dimostrato che il porto, lì dove si trova, non può proprio starci. Mi colpisce altresì vedere con quanta rassegnata tristezza i nostri politici prendano atto dei numerosi fallimenti industriali, e con essi vedere tante famiglie sul lastrico, mentre al contempo osservare con quanta ottusità non si riesca a prendere atto del fallimento della "azienda porto", ma si cerchi di tenere in vita questo moribondo con i soldi degli abruzzesi, stupiti che tanti denari vadano a finire nelle insabbiate profondità. Ogni urgenza regionale viene affrontata con la razionale visione di una controbilanciatura finanziaria, ma quando si parla del porto, gli amministratori sembrano ipnotizzati e la mente obnubilata li porta ad accettare l'ennesimo sperpero di denaro. E' vero, ci sono le famiglie dei marittimi a cui pensare e sarebbe forse stato meglio regalare 13 milioni di euro a queste ultime per incentivarle a cercare un nuovo lavoro o a spostarsi leggermente più a sud, ad Ortona. Mettere un cartello ’CHIUSO’ all'entrata del porto-canale non equivale alla fine del mondo e può consentire a Pescara di vivere ugualmente.
Marino Valentini, Pescara
Chiudere Pescara e puntare su Ortona: proposta forte, su cui aprire un confronto.