Gentile direttore, non è semplice far capire perché si dichiara sciopero in un momento di crisi, in un momento in cui i dati Istat ci dicono che c'è un aumento della disoccupazione e che un giovane su due è senza lavoro. Noi non abbiamo scioperato per dire basta agli aumenti di produttività, come scrive Mauro Tedeschini. Noi da anni chiediamo che la ricchezza prodotta da questo stabilimento grazie ai “metalmezzadri” venga ridistribuita sul territorio, in termini di nuova occupazione, visto che hanno la possibilità di assumere anche per pochi mesi, magari anche attingendo a quel bacino di tanti giovani licenziati in passato. Pensiamo che le grandi aziende che al minimo accenno di crisi fanno ricorso alla Cigo debbano allo stesso modo ad ogni aumento di prouzione far ricorso ad assunzioni di lavoratori. Sarebbe un modo onesto di fare impresa. Ricordo che la fabbrica degli assenteisti continua a produrre anche più del previsto, e che tra quegli assenteisti sono conteggiati i vari malati cronici, le donne in maternità e i donatori di sangue. E per dovere di cronaca sui dati dell'adesione bisogna anche dire che ogni volta, nei giorni che precedono lo sciopero si assiste al vergognoso rituale dei vari responsabili che chiamano alla scrivania i lavoratori cosigliando con tono minaccioso di non aderire allo sciopero. Al segretario della Fismic rispondo che non può permettersi di lasciar intendere che chi sciopera non è serio o non ha senso di responsabilià, non accetto tali critiche dal sindacato giallo che nasce dalla lotta contro i lavoratori e che da sempre ha solo rappresentato gli interessi padronali.
Fabio Cocco, resp.e regionale Usb privati
Che senso ha una ripresa senza lavoro? Al di là delle polemiche, questo è il punto, che riguarda le aziende che ancora “tirano”, come appunto Fiat Sevel. Deve impegnarsi la politica regionale per trovare gli strumenti giusti (compreso il fantomatico “Garanzia Giovani”) per inserire nuovi occupati in modo conveniente sia per le aziende sia, ovviamente, per chi cerca lavoro. Usciamo dalla vaghezza dei convegni ed entriamo nei casi concreti delle fabbriche, chiedendo anche agli imprenditori di fare uno sforzo d'ottimismo, per alleviare un dramma che è ormai di una società intera, non dei soli disoccupati.