ROMA Il jobs act non vale per il pubblico impiego. Tanto meno per la norma sui licenziamenti facili dove, assicura il ministro Marianna Madia, «ci deve essere la possibilità di reintegro, anche perché si licenzia con i soldi di tutti». Il reintegro è, dunque, una regola generale che nel privato non esiste più. Infatti nel settore privato è in atto il cosiddetto jobs act che ha depotenziato l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori (e lo abolisce per i nuovi assunti) e inserisce l’indennizzo, il risarcimento economico nei casi di licenziamento disciplinare illegittimo. Il reintegro è ormai ridotto a pochi casi. Lo stesso ministro ammette che per gli statali, d’altra parte, «nell’ambito dei licenziamenti disciplinari la normativa Brunetta credo sia dura e ha anche inserito lo scarso rendimento come criterio per la licenziabilità». Ai margini dei lavori in commissione Affari costituzionali al Senato, dove è all’esame la delega della Pubblica amministrazione, il ministro ha precisato che, comunque, riaffermare il reintegro come regola generale «non significa che non si può licenziare». Infatti «i licenziamenti già ci sono» nella Pubblica amministrazione e bisogna «snellire i procedimenti». Un colpo al cerchio e uno alla botte anche se tra il lavoro pubblico e quello privato «ci sono differenze oggettive», conclude Madia. Ma la Cgil, dopo lo sciopero generale, non vuole mollare. Susanna Camusso ha annunciato ieri che «certamente» ricorrerà contro il jobs act anche se per decidere quale tipo di ricorso bisognerà attendere che ci sia il testo definitivo. La riforma , attacca la leader sindacale, invece di unificare il mondo del lavoro «lo frammenta ulteriormente». Oltre ai ricorsi, la strada che la Cgil vuole perseguire è quella dei contratti dove si cercherà di «reinserire le tutele e i diritti che sono stati tolti». Il riferimento è, in particolare, ai licenziamenti, sui reintegri e sul demansionamento del lavoratore. Per Camusso «la contrattazione può sempre determinare condizioni di miglior favore». Anche il leader dei metalmeccanici della Fiom-Cgil, Maurizio Landini, conferma che la battaglia contro il jobs act continua e annuncia nuove mobilitazioni, ricorsi legali e azioni «sul piano contrattuale». Landini ha ricordato che «si possono fare accordi che derogano» dalle leggi. L’obiettivo è fare in modo di non inserire nei contratti le norme contestate sui licenziamenti.