L’AQUILA «Egregio signor presidente, interpretando lo spirito dell’intero Paese, anche io voglio ringraziarla per quanto da lei fatto, nel supremo interesse dell’Italia, in questi nove anni di presidenza della Repubblica, durante i quali ha quotidianamente testimoniato il senso dell’unità della nostra comunità nazionale, la difesa della Costituzione e soprattutto tutelato l’immagine del nostro Paese di fronte alla comunità internazionale». Inizia così la lettera che il sindaco Massimo Cialente ha inviato al presidente emerito Giorgio Napolitano. «Tutto ciò negli anni in cui sul nostro Paese si abbatteva una crisi che io ho visto come crisi non solo economica, ma anche politica, istituzionale e morale. Ma un ringraziamento particolare, a nome di tutte le aquilane e gli aquilani lo porgo come sindaco. La ringrazio perché, sin dalle prime ore di quella tragica mattina del 6 di aprile 2009, sappiamo che ella ha seguito la nostra tragedia, comprendendo appieno la sua enormità: il dramma di una città capoluogo di regione, ricca di storia, monumenti, nella quale viveva serenamente una comunità viva e ricca di giovani studenti, completamente distrutta. Sappiamo quante volte lei, silenziosamente, ha monitorato le vicende spesso contraddittorie che hanno caratterizzato la fase dell’emergenza e di una ricostruzione a volte difficilissima. Pubblicamente intendo scusarmi con lei se in alcuni momenti, spinto da un sentimento di lacerante solitudine, di disperazione e di difficoltà tali da mettere a rischio la ricostruzione della città e quindi il futuro della mia comunità, trovandomi costretto ad assumere posizioni a volte eccessivamente forzate di protesta, indirettamente l’ho coinvolta. Le posso però assicurare, che mai, in nessun momento, è venuto meno il mio profondo rispetto per lei e la sua alta figura istituzionale. Porto nel mio cuore il ricordo del giorno in cui lei, in una delle tante visite delle quali ci ha onorato in questi anni, dinanzi alla basilica di Collemaggio, nel momento in cui la salutavo, confessandole ancora una volta le mie preoccupazioni, interpretai come un gesto di affetto non solo nei miei confronti ma anche nei confronti della mia comunità le sue parole di incoraggiamento e la carezza che lei mi fece. Quasi paterna». «Quel suo gesto», scrive ancora Cialente, «mi ha sempre dato conforto e consapevolezza di poter contare su una solidarietà che andava oltre il suo ruolo istituzionale. È per questo che spesso mi sono permesso di scriverle riservatamente lettere nelle quali le esprimevo le mie preoccupazioni e i miei dubbi. Nel chiederle ancora scusa con profonda gratitudine, rispetto, stima e, mi consenta, affetto, la ringrazio ancora e le auguro di poter tornare, da senatore a vita, al suo alto e utilissimo per noi, impegno politico».