PESCARA I tempi per l’adozione del piano regolatore portuale si allungano e, allo stesso tempo, crescono le incertezze relative al futuro dello scalo cittadino. L’appalto da 800 mila euro e gli altri 1 milione e 800 mila euro di fondi pubblici, inseriti nella legge di stabilità, rappresentano una soluzione tampone che non risolve alla radice il problema cronico dell’insabbiamento. Per riportare l’infrastruttura a una condizione preemergenziale – al momento si stima che la darsena commerciale sia al 20 per cento delle sue potenzialità - occorrerebbe una manutenzione continua, in attesa che l’iter amministrativo del prg portuale vada avanti a ritmo spedito nei suoi vari passaggi dagli uffici del Comune a quelli del Consiglio superiore dei lavori pubblici e infine della Regione. La mancanza di siti idonei a smaltire sabbia e detriti, con la vasca di colmata piena e quindi inutilizzabile, complica ulteriormente la questione. Il rischio, paventato ieri mattina dagli operatori Sabatino Di Properzio e Bruno Santori nel corso della commissione Grandi infrastrutture presieduta da Francesco Pagnanelli, è che in assenza di programmazione degli interventi di escavazione, il porto commerciale possa chiudere per tre o quattro anni, condannando alla morte le imprese e il loro indotto. Il prg portuale. L’intesa sulla Valutazione ambientale strategica (Vas) al prg portuale necessita di una documentazione aggiuntiva. Lo ha reso noto ieri mattina l’assessore Enzo Del Vecchio. «Dobbiamo rispondere ad alcune osservazioni», spiega, «e poi rispedire il tutto alla Capitaneria, che a sua volta trasmetterà il fascicolo a Roma. Il porto di Pescara è di competenza statale e quindi occorrono risorse pubbliche. Anche il presidente della Regione, nel corso dell’ultimo vertice, ha chiarito la volontà di rimettere tutto in capo allo Stato. Ci batteremo nel chiedere un nuovo dragaggio, perché le attività economiche devono continuare a vivere, altrimenti avremo compiuto un omicidio». I tempi della Vas, rispetto ai 45 giorni indicati al momento dell’approvazione in consiglio comunale, risultano quindi più lunghi del previsto. Inoltre, come riferisce Del Vecchio, sarà necessario rifare il piano finanziario per la realizzazione del primo lotto di intervento, l’attesa canalizzazione del tratto finale del fiume oltre la diga foranea, e il piano stralcio della difesa dalle alluvioni. Un lavoro urgente, il primo, che eviterebbe al bacino commerciale di intasarsi. L’allarme degli operatori. «Non abbiamo più tempo», ribadisce Di Properzio (Abruzzo costiero), «il porto commerciale rischia di chiudere per 3 o 4 anni. Dopo le mareggiate non conosciamo la situazione reale della profondità della darsena, poiché non è stato possibile effettuare batimetrie ufficiali con una strumentazione adeguata. A prescindere dal nuovo appalto, che non sappiamo quali miglioramenti apporterà, il prp non vedrà la luce prima di 5-10 anni». Per utilizzare una definizione di Giovanni Damiani (Arta), la Via (Valutazione d’impatto ambientale) propedeutica all’adozione del prp richiede la produzione di un metro cubo di carte. «Senza la Via«, aggiunge Di Properzio, «non si può mettere nemmeno un paletto fuori dall’acqua, figuriamoci se si può pensare di bucare la diga foranea». La preoccupazione è condivisa anche da Santori (Sanmar): «Le aziende stanno sopravvivendo con il polmone artificiale: interrompere la manutenzione equivarrebbe a riportare la situazione del porto indietro a prima che si spendessero 13 milioni di euro».