ROMA Il Jobs act, con il contratto a tutele crescenti che sostituisce nella gran parte dei casi di licenziamento il reintegro dell'articolo 18 con l'indennizzo, non si applicherà ai dipendenti pubblici e ai vecchi assunti. Il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, torna a circoscrivere l'ambito di applicazione delle nuove norme ribadendo (anche dopo le differenti letture giuslavoristiche) che sul fronte della Pubblica amministrazione servono norme di raccordo. La cornice di una eventuale modifica potrà eventualmente essere solo il ddl Madia in discussione al Senato e nel quale ci potrebbero essere delle novità.
Sull'altro fronte, quello dei vecchi e nuovi assunti, dice che il governo ha scelto di «partire» dai nuovi e che «sarà il tempo a dirci se dovremo tornare su questa scelta». Ospite di un convegno di Federmeccanica, il ministro risponde sulla questione proprio ad una sollecitazione del presidente della Federazione dell'industria metalmeccanica, Fabio Storchi: «Il governo vada avanti con coerenza ed elimini il doppio regime tra nuovi e vecchi assunti». Quindi la replica del ministro: «Non abbiamo fatto questa scelta perché abbiamo ritenuto che si dovesse partire dai nuovi contratti e dai nuovi assunti perché altrimenti avremmo avuto problemi di tipo sociale» che non si voleva.
Serve, prosegue Poletti, «un pò di pazienza. Sarà il tempo a dirci se dovremo tornare su questa scelta». Tema su cui poi interviene il presidente della commissione Lavoro del Senato, Maurizio Sacconi (Ap): «Semplificare vuol dire regole uguali per tutti, pubblici e privati, vecchi e nuovi assunti. Così da avere una giurisprudenza correttamente indotta alla prevedibilità e omogeneità». Ora, intanto, bisogna partire con l'attuazione dei decreti.
I DETTAGLI
«È la cosa principale perché la medicina non funziona se non la si manda giù. La sola prescrizione medica non è sufficiente», afferma a sua volta il vice presidente della commissione Ue, Jyrki Katainen. Il ministro del Lavoro conferma invece la volontà di dare al più presto l'ok definitivo ai primi due decreti attuativi del Jobs act, trasmessi alle Camere il 13 gennaio, per i quali entro il 12 febbraio (ma anche prima) le commissioni Lavoro di Camera e Senato devono esprimere il proprio parere, non vincolante. Dopo di che i testi faranno l'ultimo passaggio in Cdm. Per il parere è infatti previsto un massimo di trenta giorni dall'arrivo in Parlamento, «poi nel primo Consiglio dei ministri che ci sarà, procederemo con l'approvazione che sarà fatta il più rapidamente possibile», dice infatti Poletti. Altra tappa indicata dal ministro è quella che entro un mese si arrivi al decreto attuativo per il riordino delle tipologie contrattuali. La commissione Lavoro della Camera inizierà l'esame dei testi da lunedì e procederà nel corso della settimana alle audizioni.