ROMA Il Pd salva le primarie in Liguria, confermando la candidatura della renziana Raffaella Paita alla guida della Regione, ma rischia di perdere Sergio Cofferati, diretto competitor dell'aspirante governatrice, che oggi potrebbe annunciare il suo addio al partito.
Ieri è stato ufficializzato il responso del collegio dei garanti piddini, chiamati a esaminare 28 segnalazioni di irregolarità nello svolgimento della consultazione popolare, confermate in 13 seggi dove il voto è stato annullato. Ma le primarie no. E, rifatti i conteggi, Paita ha vinto comunque, con il 52,98% dei voti, contro il 45,70% di Cofferati.
LE IRREGOLARITÀ RISCONTRATE
Certo, le irregolarità ci sono state e ora sono nero su bianco: foto scattate alle schede, il mancato versamento dei due euro necessari per votare, seggi aperti in anticipo, schede non firmate dai presidenti di seggio. E, soprattutto, la partecipazione massiccia di esponenti di centrodestra, come confermava ieri anche il sindaco di Albisola (uno dei seggi dove il voto è stato annullato), l'ex parlamentare pidiellino Franco Orsi che alle primarie sosteneva Paita: «Una settimana prima delle elezioni mi era stato detto che io e altri consiglieri della mia lista civica di maggioranza potevamo votare. Il presidente di seggio aveva anche un documento della commissione che attestava questa possibilità».
D'altra parte, i rumors della campagna per le primarie raccontavano di forti mal di pancia per le interferenze del centrodestra, avallate dalla stessa scelta di Paita di riproporre a livello locale lo schema delle grandi intese sperimentato a Roma, con l'ok di alfaniani e forzisti, ma senza averne discusso con il Pd regionale. Per il leader Mattero Renzi, però, l'argomento è chiuso: «La discussione per noi finisce qui. Con Paita ora ci deve essere tutto il partito per vincere la sfida del prossimo maggio. Smettiamola di fare i tafazzi», ha detto il segretario durante la direzione piddina, in cui la stessa Paita ha lanciato un appello all'unità: «Faremmo bene a chiudere questa storia con un riconoscimento chiaro e certo. Altrimenti rischiamo grosso».
Tra il dire e il fare, però, ci sono le divisioni interne, testimoniate sempre in direzione dal battibecco tra Andrea Ranieri e Roberta Pinotti, proprio sull'"affaire" ligure. Divisioni che rischiano di materializzarsi oggi in uno strappo dello stesso Cofferati.
I MALDIPANCIA
Chi ha sentito il Cinese, in queste ore, lo racconta «molto carico», deciso a porre «una questione morale all'interno del Pd», e deluso per non avere avuto ricevuto nemmeno una telefonata dalla segreteria nazionale, dopo la denuncia di presunti brogli. Per questo sarebbe a un soffio dall'abbandono, minacciando di portare con sé i civatiani genovesi, per avviare la saldatura a sinistra con Sel, su cui l'area piddina che meno tollera la linea di Renzi, sta riflettendo da tempo. Il grosso della minoranza, invece, resterebbe nel partito, ma potrebbe scegliere più o meno apertamente di non sostenere la candidatura di Paita. Che si vedrebbe costretta a rivedere al ribasso le stime del suo consenso, visto che proprio a Genova ha totalizzato il 30% dei voti alle primarie. Non a caso, ieri, il coordinatore nazionale di Rifare l'Italia, l'area di minoranza piddina, Francesco Verducci, sollecitava un chiarimento sulla coalizione da mettere in campo: «In una situazione così difficile, che rischia di allontanare tanti dal Pd e dall'impegno elettorale, l'auspicio è che Paita prenda le distanze da pratiche trasformiste che rischiano di compromettere il profilo della coalizione di centrosinistra».