CHIETI L’Udc di Buracchio pronta al divorzio dal sindaco indagato per corruzione. La Forestale invia due nuovi avvisi di garanzia a dipendenti dell’Emoter di Filippo Colanzi. Gianluca Milillo, anch’egli dipendente Emoter oltre che leghista di Montesilvano, è l’unico degli arrestati a tornare libero: lo posta anche su Facebook con una foto che ricorda Cocciolone prigioniero di Saddam. L’inchiesta Terre d’oro, con l’appendice che coinvolge il sindaco, e gli effetti politici sulle elezioni comunali continuano a correre paralleli. S’incrociano solo in un caso, quando il personaggio è Umberto Di Primio. L’avviso di garanzia, infatti, fa registrare in queste ore un nuovo effetto che, se confermato, come pare, domani o al massimo martedì, avrà un effetto dirompente sulla coalizione di centrodestra. In parole povere siamo alla vigilia della spaccatura con l’alleato più forte di Di Primio e Forza Italia. Perché l’Udc di Andrea Buracchio, e del suo braccio sinistro Giuseppe Marcuccitti, vale oro. Alle scorse amministrative, Di Primio vinse grazie a quel 13 per cento che oggi, stando a ben informati, oscilla ancora tra il nove e il 12 per cento. Che tradotto in termini politici vuole solo dire che senza Udc il centrodestra rischia di fallire anche il ballottaggio. Una iattura per Forza Italia e per l’immagine del centrodestra teatino se si pensa che Chieti, tra i pochi capoluoghi al voto di maggio, comparirà su tutti i tg nazionali, compreso Sky. Ma lo sfogo che, ieri sera, un alto esponente del partito di Buracchio si è lasciato sfuggire è più che chiaro: «Prendiamo le distanze da Di Primio. Non ce ne andiamo dal centrodestra ma se lui insiste con la candidatura noi andremo da soli». E ancora (per chi non avesse inteso la determinazione dell’Udc): «Aspettiamo, solo per poche ore, il suo passo indietro. E a Forza Italia diciamo che è ora di decidere. Noi, da oggi, l’agenda non ce la facciamo più dettare». Provate a tornare indietro nel tempo: a cinque anni fa quando Di Primio se ne uscì con la frase “Mai con Buracchio”. Che però lo fece stravincere con una potenza di fuoco elettorale che portò in consiglio tre assessori e sei consiglieri targati ex Dc. Ma cinque anni dopo, come un ricorso storico di vichiana memoria, è l’Udc a dire: “Mai con Di Primio”, mandando in fibrillazione i forzisti Pagano, Di Stefano e Febbo. La domanda è: chissà se di fronte a questo primo grande effetto collaterale dell’inchiesta, su presunte tangenti per il Megalò 3, Di Primio, sindaco campione di caparbietà, non avrà un ripensamento. O una resipiscenza, come direbbe un avvocato.