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Data: 18/01/2015
Testata giornalistica: Il Centro
Landini attacca «Governo Renzi contro il lavoro». Il segretario Fiom: «Non ha più il consenso e sul jobs act la partita non è chiusa»

«Il governo non ha voluto tener conto delle posizioni dei lavoratori espresse con lo sciopero generale. Per questo la lotta continua per cambiare il jobs act e chiedere nuove politiche per il lavoro». Maurizio Landini, leader della Fiom-Cgil, annuncia una stagione conflittuale: quanto è stato tolto dal Jobs act sarà rivendicato nella battaglia dei contratti nazionali e aziendali. Intanto anche l’Europa con Katainen promuove il jobs act. «Non mi sorprende che i provvedimenti piacciano a Confindustria e a Katainen. Sono scelte gravissime che cancellano lo Statuto dei lavoratori e consentono alle imprese di licenziare quando vogliono. Scelte che non riducono la precarietà e aumentano invece l’area di chi non avrà tutele». Davvero sperate di poter cambiare ancora il jobs act? «Agiremo sul piano contrattuale e legislativo. Sappiano governo e Confindustria che nelle aziende non accetteremo doppi regimi, cioè lavoratori più o meno tutelati e altri, invece, licenziabili senza giusta causa. Chiederemo l’estensione dei diritti a tutti. Lanceremo una mobilitazione per cambiare l’iniquo sistema degli appalti. L’attuale normativa apre la porta a forme di corruzione e controllo criminale e allo stesso tempo codifica peggiori condizioni di lavoro. Stiamo raccogliendo le firme per presentare una legge di iniziativa popolare». Cosa significa che seguirete tutte le strade possibili? «Che non escludiamo nulla, compresi i ricorsi alla Corte costituzionale e a quella europea». Renzi dice che andrà comunque avanti. «Dovrebbe chiedersi del perché ci sia un calo secco di consensi intorno al governo e alla sua politica del lavoro che ha scelto la strada della compressione dei diritti. Vorrei ricordare che questo governo non è stato eletto per varare provvedimenti come il jobs act. Ha invece vinto le elezioni europee per gli 80 euro, ma nessuno lo ha votato per garantire licenziamenti facili, come chiedeva la Confindustria. Ecco perché il governo e Renzi calano vistosamente nei sondaggi, il consenso del mondo del lavoro lo hanno perso». Federmeccanica chiede di togliere l’articolo 18 ovunque. «Ci hanno preso gusto a voler tutti licenziabili e a desiderare l’arbitrio sul luogo di lavoro. Noi ci opporremo ai licenziamenti collettivi, alla mercificazione del lavoro portando il conflitto dentro le imprese». Il conflitto da solo può bastare? «Noi facciamo la nostra parte ma abbiamo programmi chiari per far ripartire gli investimenti e battere l’evasione fiscale, ad esempio. Le imprese, invece, se vogliono dare un contributo all’occupazione,devono capire che la precarietà porta a una riduzione della produttività. Quelle che hanno fatto accordi, avviato cambi generazionali e scommesso sugli investimenti sono quelle che vanno meglio. Le altre? «Si illudono che basti poter licenziare facilmente e avere un po’ di tasse in meno per sopravvivere. Serve invece una politica industriale e un intervento pubblico che impedisca alla nostra industria di essere svenduta. Mancano politiche innovative ed espansive nei trasporti, nell’energia e sull’idea di prodotto. Si pensa solo a licenziare o ad avere meno tasse con la convinzioni che così risolvano i problemi». Investimenti con quali risorse? «L’evasione ci costa 180 miliardi, la corruzione 60. Le imprese non investono per questi motivi, non per l’articolo 18». Il governo ha un’altra idea. «Il Consiglio dei ministri da follia del 23 dicembre ha infatti deciso di attaccare frontalmente i lavoratori. E, persino, di definire regole a vantaggio degli evasori, per cui si capovolge il dettato costituzionale. Decreto fiscale con il condono e jobs act sono infatti due facce della stessa medaglia. E anche su questo allargheremo la nostra battaglia per un fisco giusto, equo». La Fiat riprende ad assumere. Merito del jobs act? «È una stupidata pazzesca. Dai bilanci sappiamo che dal 2008 la Fiat ha perso 5.400 posti oltre a quelli nell’indotto, una cifra imponente. Tuttavia noi consideriamo importante che riprenda qualche assunzione. Se andiamo a vedere bene, si tratta di 300 a Melfi più un centinaio da Cassino. Pomigliano, Cassino e Mirafiori restano in cassa integrazione. Fatto importante che si produca fuori dagli Usa ma dire che si tratta di un’inversione di tendenza è una forzatura. C’è da capire, ad esempio, come andrà la scommessa Alfa Romeo. Diciamo che la Fiat fa qualcosa perché stavolta c’è il prodotto mentre in questi anni è stata assai carente. Nel frattempo avanza la compressione dei diritti in Fiat: non ci sarà la pausa pranzo per chi fa turni, ad esempio». Renzi con la flessibilità ha fatto cambiare verso all’Europa? «Davvero qualcuno si è accorto che Renzi è stato il presidente di turno per sei mesi? Qualcuno ha visto un cambiamento? Nessuno. Renzi ha completato le indicazioni contenute nella lettera della Bce del 2011 che Monti e Letta non avevano concluso. Dopo i tagli delle pensioni sono stati cancellati lo Statuto dei lavoratori, i contratti, tagliati i salari e i diritti. Quello che ha fatto Renzi è dentro la logiche europea dell’austerità». Syriza in Grecia potrebbe vincere le elezioni con la parola d’ordine della ristrutturazione del debito. E in Italia? «Serve un’Europa sociale con politiche industriali e anche una riforma della Bce per fare in modo che possa stampare carta moneta, come negli Usa e in Giappone, in modo da sostenere una politica di espansione monetaria come base per la ristrutturazione del debito. È necessario il congelamento del debito allungandone i tempi e cancellando gli interessi. In questo modo si libererebbero le risorse necessarie, almeno 125 miliardi, da usare per rilanciare gli investimenti». Invece la cosiddetta flessibilità? «Sciocchezze, nessuno si è accorto che il governo volesse davvero allentare la morsa dell’austerità. Non è un caso l’aver varato politiche che nemmeno il peggior governo di destra aveva osato fare prima d’ora».

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