ROMA Potrebbe passare dal fisco, e dunque da un maggiore carico sui contribuenti, la soluzione per il mezzo pasticcio delle Province e delle città metropolitane. Gli enti locali chiedono al governo di attivare - in particolare per i grandi centri - l’autonomia impositiva già prevista dalla legge sul federalismo fiscale ma finora non ancora operativa.
Si tratta di compartecipazioni alle imposte nazionali, come l’Irpef - che non aumenterebbero quindi il prelievo complessivo sui cittadini - ma anche di addizionali sui diritti di imbarco portuali e aeroportuali e di «imposte di scopo» sul modello di quelle istituite da alcuni Comuni.
LA RIFORMA
Il nuovo assetto disegnato dalla legge 56 del 2014, la cosiddetta riforma Delrio, deve fare i conti con i tagli inseriti nella legge di Stabilità. Tagli di risorse finanziarie, un miliardo quest’anno destinato a raddoppiare il prossimo e poi a stabilizzarsi a 3, e riduzioni di personale: sono potenziali esuberi il 50 per cento dei dipendenti delle Province e il 30 per cento di quelli delle città metropolitane. In tutto i lavoratori in sovrannumero sono circa 20 mila. Il governo conta di destinarne 8.000 ai nuovi centri per l’impiego, mentre sono 3.000 - sulla platea totale - quelli che hanno i requisiti per la pensione. Ne resterebbero quindi da collocare più o meno 9.000 da dividere tra Regioni e Comuni (che assorbono una parte delle funzioni delle vecchie Province) e Stato centrale, che dovrebbe in particolare utilizzarli per riempire i vuoti in organico degli uffici giudiziari. Ma gli interessati non si sentono rassicurati: in molte città italiane stanno proseguendo agitazioni e proteste iniziate prima di Natale.
Al di là della questione del personale, gli enti provinciali (i cui vertici non sono più eletti direttamente dai cittadini ma scelti con voto di secondo grado dagli stessi amministratori comunali) lamentano di non poter far fronte ai compiti che comunque restano a loro in carico: in questi giorni sono stati attuati tagli ad esempio sui piani per l’emergenza neve e sulle ore di riscaldamento delle scuole.
CONFRONTO APERTO
Il confronto con il governo è in corso ma l’Anci, di cui fanno parte i sindaci che si stanno insediando anche ai vertici delle città metropolitane (in tutto sono quattordici), chiede un trattamento diverso per queste ultime, dotate di maggiori competenze. Si andrebbe quindi verso una rimodulazione del taglio complessivo.
Oltre ai fondi statali ci sono però anche le possibili entrate proprie. Lo ha ricordato in questi giorni proprio Piero Fassino, presidente dell’Anci nonché neo-sindaco metropolitano di Torino. Il riferimento è all’articolo 24 del decreto legislativo 68 del 2011, in tema di federalismo fiscale e più in particolare di fisco regionale e provinciale. La richiesta al governo è di emanare il decreto del presidente del Consiglio dei ministri che attiva per le città metropolitane alcune voci di entrata già riservate alle Province ed in più una compartecipazione all’Irpef e la possibilità di istituire un’addizionale sui diritti di imbarco portuali e aeroportuali.
Con un altro regolamento potrebbe essere data agli enti locali anche la leva dell’imposta di scopo, disponibile non solo per le città metropolitane ma anche per la generalità delle Province. Si tratta, in analogia con quanto avviene per i Comuni che lo hanno usato come una sorta di addizionale all’Imu, di un tributo finalizzato alla realizzazione di particolari opere pubbliche: per le Province una destinazione naturale sarebbe l’edilizia scolastica.