ROMA Le prime schermaglie sono subito iniziate. Non appena Matteo Renzi ha annunciato la riforma delle Banche popolari che avverrà attraverso l’eliminazione del principio «una testa un voto», dal mondo politico sono iniziati ad arrivare i distinguo. Il primo a salire sulle barricate è stato il Dem Beppe Fioroni, storico esponente dell’area popolare da sempre schierata a difesa degli istituti di credito cooperativo. «Ridurre il numero dei banchieri e i loro emolumenti», ha affermato, «è giusto, come è giusto non fare favori ai grandi gruppi ed ai poteri forti». Ma, ha aggiunto, «non si può cancellare la storia della finanza cattolica facendo un grave danno ai territori, alla piccola e media impresa ed alle famiglie eliminando una specificità del credito e della finanza italiana come le bcc, le popolari e le banche locali».
Una linea sposata anche dal presidente della Commissione bilancio della Camera Francesco Boccia. Ma tant’è. Renzi per il momento tira dritto. Anche perché il suo obiettivo è anche quello di permettere un consolidamento del settore che punti soprattutto alle grandi popolari quotate in Borsa, come la Bpm o la Bper. Il provvedimento con l’abolizione dell’articolo 30 del Testo unico bancario, potrebbe arrivare già nel consiglio dei ministri di dopodomani, quando sarà esaminato l’investment compact, il decreto che il governo sta ultimando con lo scopo di rilanciare gli investimenti. In realtà, quello che Palazzo Chigi sta provando a fare, è trasferire una serie di norme sul sistema bancario, scritte dal ministero dello Sviluppo economico su suggerimento dell’Antitrust, e già inserite in un provvedimento ribattezzato legge sulla concorrenza per ora fermo in un cassetto. Un testo nel quale non c’è solo la riforma delle banche popolari. C’è molto altro, con un occhio soprattutto ai consumatori finali.
LE SEMPLIFICAZIONI
C’è innanzitutto una norma che recepisce una direttiva comunitaria approvata da Bruxelles a luglio dell’anno scorso e che impone alle banche una semplificazione estrema nel trasferimento dei conti correnti da un istituto all’altro. Dovranno avvenire in tempi stretti, entro sei giorni, e senza spese per i clienti. In caso di inottemperanza per le banche scatterà una sanzione per ogni giorno di ritardo. Novità, per i consumatori, sono in arrivo anche sui contratti di mutuo. Spesso le banche li vincolano alla stipula di costosi contratti di assicurazione. Viene rafforzato il principio per cui le banche devono offrire al cliente almeno due preventivi alternativi rispetto a quello ”della casa”. Tra la stipula del mutuo e quella dell’assicurazione, poi, dovranno passare almeno cinque giorni. Anche parlare con la propria banca dovrà essere più economico. La tariffa telefonica non potrà essere superiore a quella di una chiamata urbana. Un sito internet, poi, permetterà di confrontare i costi dei principali servizi offerti dagli istituti italiani. Una norma di semplificazione è prevista in campo pensionistico per i fondi pensione. Si potrà passare da un fondo all’altro senza più nessuna limitazione, portandosi dietro anche il Tfr e il contributo del datore di lavoro. Questa possibilità non potrà essere più limitata dai contratti collettivi o da quelli aziendali. Confermate, infine, le misure per le piccole e medie imprese, dal potenziamento del fondo centrale di garanzia alle misure per le start up innovative. Ma nelle nuove bozze dell’industrial compact c’è una novità. Le cartolarizzazioni per le quali ci sarà la garanzia dello Stato non potranno riguardare crediti in sofferenza delle banche. Gli istituti, insomma, non potranno smobilizzare parte dei loro attivi incagliati utilizzando i fondi messi a disposizione dalla Bce.