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Data: 21/01/2015
Testata giornalistica: AbruzzoWeb
Il pasticcio Metro(2) - Metro L'Aquila, minaccia da 30 milioni: transazione Comune-Cgrt o incubo Tar

L’AQUILA - Rischia di costare carissima al Comune dell’Aquila la vicenda della metropolitana di superficie, la mai nata tramvia leggera da circa 30 milioni di euro varata nei primi anni Duemila dalla Giunta di centrodestra ed ereditata dall’attuale amministrazione di centrosinistra.

Un’infrastruttura che avrebbe dovuto collegare l’ospedale regionale “San Salvatore” e il polo dell’Università degli studi, entrambi nella frazione di Coppito, con il centro cittadino, attraverso la strada statale 80, viale Corrado IV e via Roma, i cui lavori si sono fermati proprio nei pressi di quest’ultima arteria.

Lì, però, i binari non sono mai arrivati, a causa di possibili incidenze del passaggio dei vagoni sui palazzi storici, poi distrutti dal sisma del 6 aprile 2009, e dell’impossibilità per i convogli di salire il dislivello solo con il motore elettrico senza dover piantare paline antiestetiche inizialmente impreviste anche nel cuore della città.

Per evitare il dissesto delle casse comunali, a causa di una vicenda sulla cui soluzione ci sono state nel corso degli anni numerose fumate nere, si punta ancora alla transazione con la ditta che ha vinto l’appalto, la Cgrt, amministrata dall’imprenditore Eliseo Iannini: il terzo tentativo in pochi anni, sperando sia la volta buona.

Vista la spada di Damocle che le pende addosso, l’amministrazione comunale, secondo quanto si èè appreso, a partire dal sindaco, Massimo Cialente, ha manifestato la volontà di chiudere una questione, anzi, a tratti una vera e propria telenovela, caratterizzata da una serie infinita di errori, polemiche politiche e non e sospetti sfociati anche in inchieste giudiziarie.

C’è, infatti, un conto alla rovescia che scorre inesorabile e che arriverà allo zero il prossimo 25 febbraio, quando è stata fissata, dinanzi al Tar del capoluogo, un’udienza per discutere il ricorso della Cgrt che, con una richiesta di danni di 28 milioni di euro, ha impugnato la decisione di annullare la commessa da parte della Giunta comunale, avvenuta nel gennaio 2009.

Annullamento che era giunto dopo la pronuncia nel 2008 della Corte di giustizia europea che aveva ravvisato difformità nell’aggiudicazione dell’appalto disposta dal Comune dell’Aquila rispetto a una direttiva del 1993, aprendo una procedura d’infrazione.

L’annullamento non c’è stato per responsabilità della impresa, ma dell’ente committente, il Comune, in un groviglio creato da parte della politica che sarà pagato, come al solito, dai cittadini.

Qualora soccombesse al Tar, l’amministrazione potrebbe dover riconoscere all’impresa un risarcimento-record, capace di spedirla in default.

In un’epoca in cui i conti pubblici sono tarati al centesimo di euro, qualsiasi spesa imprevista, tanto più se milionaria, può mandare gambe all’aria le finanze cittadine, già gravate dall’obbligo di centrare gli obiettivi programmatici di risparmio del patto di stabilità che impongono di stare in attivo anche di svariati milioni.

Per scongiurare questo drammatico scenario sono in corso febbrili summit tra i vertici municipali per arrivare a risarcire, come prevede la legge, le spese sostenute in questo disgraziato appalto.

Nell’ultima, nei giorni scorsi, si sono riuniti l’attuale responsabile unico del procedimento, Carlo Cafaggi, il vice sindaco del capoluogo, Nicola Trifuoggi, il segretario generale nonché titolare ad interim dell’ufficio speciale per la ricostruzione (Usra), Carlo Pirozzolo, l’avvocato del Comune, Domenico De Nardis, e i dirigenti del settore Ricostruzione, Enrica De Paulis, e Risorse finanziarie, Fabrizio Giannangeli.

Il lavoro dei mediatori, tuttavia, è appena cominciato e non è detto, anzi, sembra abbastanza improbabile, che in questo mesetto abbondante che manca all’appuntamento in aula si riesca a trovare l’intesa, visto e considerato che lo stallo perdura ormai da anni.

Il primo tentativo di transazione risale, infatti, al febbraio 2012, con una prima richiesta di Iannini, secondo quanto si è appreso, di 7,5 milioni di euro, non sfociata però in una intesa perché forse considerata troppo esosa.

Anche una seconda trattativa avvenuta nei mesi successivi, è rimasta disattesa.

Il 24 maggio 2013, la Giunta comunale ha deliberato di definire la vicenda con una transazione “nel superiore interesse della città, evitando quindi che il protrarsi del contenzioso in essere possa costituire un aggravio maggiori di costi”.

Inoltre, con lo stesso provvedimento al rup Cafaggi è stato concesso “il supporto di soggetti dotati di alta professionalità multidisciplinare”, insomma dei consulenti.

Sono stati investiti del compito di redigere il parere sull’intesa extragiudiziale e una perizia l’avvocato abruzzese di fama nazionale Vincenzo Cerulli Irelli e l’ex provveditore interregionale Lazio Abruzzo Sardegna, Donato Carlea: il primo per la visione amministrativo-contabile, il secondo per quella tecnica.

I due hanno consegnato i loro dossier tra il 5 e l’8 agosto scorsi, incassando una parcella che, sempre da quanto appreso, ammonta a 20 mila euro.

Da sottolineare che già nella delibera di annullamento erano stati previsti accantonamenti (400 mila euro l’anno) di somme, in previsione di un risarcimento danni in caso di un contenzioso o di un’intesa transattiva.

L’ultima richiesta di Iannini per chiudere la vicenda è di 8 milioni di euro che, in base a stime stilate sui bilanci della Cgrt, rappresenterebbero i costi vivi sostenuti senza che si sia riusciti a portare a termine i lavori.

Il Comune ci pensa su seriamente, avendo, secondo quanto trapelato da Villa Gioia, manifestato la volontà di accordo.

Considerando anche che, qualora il Tar entrasse a gamba tesa in questa vicenda discutendo il ricorso, e desse ragione all’imprenditore, il risarcimento potrebbe essere molto, molto più alto.

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