ROMA Nell’ultimo tete à tete di ieri mattina Matteo Renzi e Silvio Berlusconi si aggiudicano reciprocamente il minimo indispensabile e il massimo concedibile col preciso scopo di blindare l’Italicum, soprattutto contro le rispettive minoranze mostratesi forse più coriacee del previsto. Il premier porta a casa il sì di Forza Italia al premio per la lista invece che alla coalizione, cosa che nella riunione dei senatori dem sottolineerà come «punto centrale» della legge. Da parte sua, l’ex Cavaliere ottiene l’irrinunciabile, per lui, blocco dei capilista, che gli consentirà di eleggere i suoi fedelissimi quando si andrà al voto. Concessioni reciproche che però comportano un contraccolpo nei rispettivi partiti, che nel Pd si traduce nella spaccatura consumatasi all’assemblea dei senatori, dove la proposta fatta da Renzi di votare l’attuale testo dell’Italicum ne vede 29 rifiutarsi di partecipare al voto a fronte di 71 sì e un astenuto.
Davanti alla resistenza della minoranza pd capeggiata da Miguel Gotor - il suo «nemico preferito» - che ieri ha ribadito che se resteranno i capilista bloccati «non voteremo l’Italicum e Renzi dovrà approvarselo con il voto di Verdini e Berlusconi», il premier elencato i pregi dell’attuale formulazione della legge elettorale. L’Italicum - ha detto - «garantisce che la sera dell’elezione ci sarà un vincitore certo che potrà governare per cinque anni». «Se ci fosse stata questa legge, Bersani nel 2013 sarebbe andato al ballottaggio e sarebbe diventato presidente del Consiglio». «Facciamo questa legge con Berlusconi perché non ci vogliamo più governare insieme». «Con il nuovo Italicum ci saranno alla Camera molti più eletti con le preferenze che con le liste bloccate e non subiremo più il potere di veto dei piccoli partiti».
NO OBIEZIONI DI COSCIENZA
Detto questo, il segretario-premier ha afferma che «questioni di coscienza» sarebbero state estranee al voto: «Si tratta di esprimersi sulla mia relazione, chiedo a tutti di fare uno sforzo di unità e di essere compatti in aula». L’esito della votazione non ha corrisposto agli auspici di Renzi soprattutto per il rifiuto della minoranza di aderire all’ultimo invito fatto dal premier, quello cioè di «stare sul testo del senatore Esposito. Facendo sì che in 48-72 ore si arrivi all’approvazione della nuova legge elettorale».
Ma è proprio l’emendamento Esposito, presentato l’altro ieri in extremis, ad essere il pomo della discordia: in veste di ”super canguro“ - riscrivendo di fatto interamente la legge - avrà l’effetto di far saltare gli oltre 44 mila emendamenti depositati, tra cui anche quello Gotor per l’abbattimento dei capilista bloccati. Questo l’esito più che probabile a cui andrà incontro l’Italicum. Il voto sull’Espositum - così è stato prontamente battezzato a palazzo Madama - ci sarà oggi, anche se per il varo della legge al Senato (dovrà poi tornare alla Camera per l’approvazione definitiva) bisognerà aspettare la prossima settimana. Con quali numeri è da vedere. La ministra delle Riforme Maria Elena Boschi si è augurata che i 29 dissidenti «ci ripensino». «Non siamo il partito delle espulsioni, ma un loro no peserebbe». In ogni caso, ha aggiunto la ministra, «i numeri ci sono, andiamo tranquilli in aula». Previsione questa che sarà difficilmente smentita, dal momento che la blindatura dell’Italicum uscita dal vertice di palazzo Chigi, dovrebbe garantire una sessantina di voti in più della maggioranza richiesta di 162 senatori. E questo anche nel caso della massima esibizione di forza delle pattuglie dissidenti all’interno di FI e Pd. Partito nel quale già ieri sono venuti i primi ripensamenti di fronte alla scelta di un troppo lacerante voto contrario a una legge chiave del governo.