ROMA «Mobilità sbloccata», ha annunciato ieri Marianna Madia, segnalando via Twitter che 1.071 dipendenti pubblici andranno «verso uffici giudiziari dove c’era carenza di personale». Nelle intenzioni del governo, questa mossa dovrebbe rappresentare un primo esempio di applicazione delle procedure di mobilità, rafforzate con il decreto della scorsa primavera, ma anche contribuire a risolvere il problema dei 20 mila esuberi nelle amministrazioni provinciali: a questo personale verrebbe data la priorità nell’ambito delle domande di trasferimento.
L’attuazione concreta rischia però di rivelarsi complessa: ai trasferimenti si oppongono in primo luogo i dipendenti dello stesso settore giustizia, che temono di vedersi scavalcati rispetto alle procedure di mobilità interna già avviate, mentre restano alcuni dei nodi procedurali che finora hanno reso tutt’altro che scorrevoli le procedure di mobilità.
TEMP0 45 GIORNI
L’avviso di mobilità volontaria per la copertura di 1.031 posti a tempo pieno e indeterminato era stato pubblicato già martedì in Gazzetta ufficiale e sul sito del ministero della Giustizia. Rispetto alla cifra fatta dalla responsabile della Pubblica amministrazione ne mancherebbero quindi 40. Le posizioni richieste sono così suddivise: 739 funzionari giudiziari, 160 assistenti 88, direttori amministrativi, 29 cancellieri, 8 funzionari contabili e 7 assistenti informatici. Dal punto di vista geografico la sede che appare maggiormente bisognosa è quella di Napoli, con 150 posti (inclusa anche Napoli nord), mentre a Roma ne servono 112. Meno numerose, appena 33, le richieste per Milano.
Gli interessati dovranno fare domanda entro 45 giorni e saranno selezionati con criteri che comprendono età (favoriti i più giovani) anzianità di servizio, esperienza, carichi familiari e altri ancora. L’annuncio del ministro non ha però trovato una buona accoglienza presso i sindacati, che sostanzialmente avrebbero voluto l’avvio di una trattativa prima della partenza di tutta l’operazione. Ma in particolare sono sul piede di guerra le rappresentanze sindacali dell’amministrazione giustizia, le quali lamentano l’avvio di questa procedura prima che si sia conclusa quella che avrebbe dovuto coprire posti vacanti tramite mobilità interna. Poi ci sono le Province, con il presidente dell’Upi Pastacci, irritate perché nell’avviso di mobilità non è stato inserita la corsia preferenziale per i propri dipendenti (a cui ha fatto comunque riferimento Madia).
Non è la prima volta che si prova a colmare i vuoti nell’organico della giustizia con personale proveniente da altre amministrazioni. La procedura avviata nel 2013 per la copertura di 296 posti aveva portato a sole 71 assunzioni. Tra gli ostacoli, l’opposizione delle amministrazioni di provenienza e i problemi finanziari posti dal trasferimento di dipendenti degli enti locali. Il primo nodo è stato solo in parte risolto dal decreto sulla Pa (il nulla osta non è più richiesto solo per i passaggi tra amministrazioni centrali); per quanto riguarda il secondo, quel provvedimento ha stanziato risorse ad hoc che ora potrebbero essere utilizzate.