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Pescara, 24/11/2024
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22/01/2015
Il Messaggero
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Italicum, battuta la minoranza Pd, FI decisiva: «Nuova
maggioranza». Renzi: bene i voti dell’opposizione, il perimetro del governo però non cambia. Ma Berlusconi: in Senato non avete più i numeri |
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ROMA Lo showdown va in scena nella rossa aula del Senato a mezzogiorno in punto. Si fronteggiano, da un lato, la maggioranza, addizionata dei senatori di Forza Italia, dall’altro, le opposizioni di M5S, Lega, Sel con il concorso delle frange minoritarie di Pd e FI avverse all’Italicum. Nessuna suspense, il risultato appariva scontato fin da quando, 24 ore prima, era andata in scena la ribellione della fronda dem capitanata dal senatore Miguel Gotor presentatore degli emendamenti che avrebbero stravolto l’assetto dei capilista definitivamente concordato negli incontri tra Renzi e Berlusconi. E così è stato: il primo dei due emendamenti Gotor è stato respinto con 170 no, 116 sì, 5 astenuti. Il divario saliva a 60 voti di differenza (168 a 108) nella bocciatura del secondo emendamento. Ma il momento clou veniva quando, poco dopo, è andato in votazione l’emendamento Esposito, il cosiddetto ”super canguro“ che, abbattendo d’un colpo oltre 35 mila emendamenti, avrebbe portato la nuova legge elettorale assai prossima al sì di palazzo Madama. Risultato ancora più netto: 175 sì, 110 no, 2 astenuti. La soddisfazione per il risultato si divideva però in parti diseguali tra i sostenitori dell’Italicum. Infatti, mentre nel Pd bruciava la ferita del no dei 22 antirenziani, ai quali si aggiungeva la mezza dozzina di non partecipanti al voto, Forza Italia invece - nonostante la defezione nelle sue file di 15 contravventori agli ordini di scuderia - esultava per la semplice considerazione di essere stata decisiva all’approvazione dell’Italicum con una quarantina di sì, in mancanza dei quali il conto dei favorevoli si sarebbe fermato poco sopra i 130, una dozzina in meno di quelli necessari a far passare l’emendamento. Di qui la considerazione sorta spontanea sulle labbra dei maggiori esponenti di FI, a cominciare dall’ex Cavaliere: «E’ chiaro che il Pd - ha detto in una riunione con i deputati azzurri - non ha più una maggioranza al Senato e adesso noi siamo tornati ad essere centrali e determinanti». E di «nuova maggioranza» dovuta alla «lungimirante pazzia» di Berlusconi si parla in una nota del Mattinale redatto dalla presidenza del gruppo FI della Camera. Un po’ più prudente il capogruppo al Senato, Paolo Romani, per il quale «è assolutamente prematuro parlare di questo, anche se è certo che sulle riforme c’e una maggioranza in cui Forza Italia è assolutamente decisiva». Eguali considerazioni, anche se con spirito del tutto diverso, da parte delle opposizioni. Sel e M5S denunciano la nascita «vergognosa», per la senatrice Loredana De Petris, di una nuova maggioranza di cui - osserva il capogruppo grillino al Senato Andrea Cioffi - fa parte «un Berlusconi riabilitato, nonostante la condanna, che oggi governa di nuovo il Paese». Sintetico, il leghista Calderoli afferma: «Renzi ha pochi motivi per stare sereno, il Cav è al governo». DIVERSA INTERPRETAZIONE Tutta diversa, naturalmente, l’interpretazione dei renziani e del loro leader, in primo luogo: «L’accordo istituzionale e costituzionale sostiene il premier da Davos - è sempre stato aperto a FI, non vedo quindi nessun elemento di novità. Con l’emendamento Esposito abbiamo ottenuto un grandissimo risultato. E il fatto che - ha aggiunto Renzi - questo avvenga con il voto di FI è per me un fatto molto positivo, significa che tutte le forze politiche che hanno voluto mantenere questo accordo lo hanno fatto». A seguire a ruota il segretario dem, il suo vice Lorenzo Guerini: «I voti del Senato - ha inteso chiarire - assolutamente non cambiano il perimetro della maggioranza di governo. Una cosa è governare, un’altra è il dialogo con le opposizioni sull’Italicum e sulle riforme istituzionali che richiedono il coinvolgimento di tutti». Precisazioni, queste, necessarie se, come pare, nel Pd qualcuno, come il presidente dei senatori, Luigi Zanda, è già al lavoro nel tentativo di attenuare le tensioni sorte in scia al voto di ieri, e sperare che martedì prossimo, quando l’Italicum verrà definitivamente licenziato al Senato, i ribelli dem cambino atteggiamento per non rendere di nuovo determinanti i voti di FI.
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