PESCARA «Ma il fustigatore delle multe altrui, il difensore del codice della strada e della incolumità pubblica, Mauro Febbo, certamente da assessore regionale non avrà mai preso una multa con l'auto della Regione? Altrimenti da che pulpito può esprimere giudizi così sprezzanti e carichi di senso civico, del rispetto delle regole se, per caso, anche lui fosse incappato nello stesso "orrore" di una multa per alta velocità?»: il giorno dopo il caso della multa per eccesso di velocità all’auto blu del governatore Luciano D’Alfonso, cominciano a volare i panni sporchi nella Regione. E ad essere ripagato con la stessa moneta che aveva utilizzato per raccontare tutta la storia, presentando anche una interrogazione, è il consigliere dell’opposizione Mauro Febbo (FI). Siamo nell campo delle multe e allora il sottosegretario alla Presidenza Camillo D’Alessandro (Pd) svela quante contravvenzioni Febbo ha collezionato quando era assessore nella scorsa legislatura, nell'esercizio del proprio mandato, e quindi con la macchina della Regione a lui assegnata. «Ha commesso svariate infrazioni del suo amato ma non rispettato, codice della strada ,tra alta velocità e sorpassi pericolosi», commenta D’Alessandro citando ad esempio una contravvenzione da 350 euro e domandando: «E la sua morale dell'esempio da dare o della sicurezza da garantire per l'autista e per gli altri oggetto delle sue accuse nei confronti di D'Alfonso? Dove erano andati a finire quando sedeva lui sul sedile di quella macchina? Ora si sprofondi nello stesso ridicolo della sceneggiata che ha messo in atto». Morale della favola: a volte meglio occuparsi della propria trave che ti attraversa. Febbo, che presiede la Commissione di Vigilanza, aveva bollato la giustificazione di D’Alessandro in merito alla multa al governatore definendo «inutile e inopportuno giustificare un comportamento negativo ed arrogante reso ancora più inqualificabile della carica ricoperta da D’Alfonso». La multa è datata 1° agosto 2014, ma il caso è venuto fuori quando il prefetto dell’Aquila ha respinto il ricorso firmato dal presidente della Regione (ente proprietario dell’auto) contro l’annullamento della multa di 1.405,36 euro (e la penalizazione di punti alla patente dell’autista) e la giunta ha poi incaricato l’avvocatura regionale di fare il ricorso al giudice di pace. Su quali motivi poggerà a questo punto il nuovo ricorso della Regione? Nel primo (respinto) D’Alfonso ha indicato “motivazioni istituzionali” (era in ritardo per un appuntamento con il vice ministro). Nel ricorso al giudice di pace può trincerarsi dietro l’articolo 357 del codice penale che riconosce il ruolo di pubblico ufficiale a coloro che esercitano una pubblica funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa. «Non ci si può nascondere dietro le “motivazioni istituzionali” per giustificare una velocità spropositata, lo stesso prefetto dell’Aquila le ha rigettarte constatando che non sono documentate le circostanze di urgenza ed indifferibilità previste dal codice della strada», incalza Febbo allargando il caso: «È evidente che D’Alfonso avrà chiesto (da datore di lavoro) al suo autista (dipendente) di commettere una irregolarità che lo stesso, per sudditanza, si è sentito obbligato ad accettare. Ma l’accettazione, di commettere un “reato”, pone il dipendente nella condizione di subire sia rispetto al pericolo, che una velocità così elevata comporta per se stesso, per gli occupanti la macchina e altri soggetti in caso di incidente, sia per le sanzioni relative alla sospensione della patente per un autista». Ma a proposito di autisti, non è un caso che D’Alfonso nel novembre 2014 ne aveva chiesti in prestito alla Gtm (trasporti Pescara): quelli che ha sono pochi e costretti a quotidiani tour dei force dalle 8 alle 21. E quel 1° agosto la sua auto blu sfrecciò anche prima, alle ore 6,42, sull’autostrada per Roma.