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Data: 27/01/2015
Testata giornalistica: Il Sole 24 ore.com
Riforme, cambia il quorum per eleggere il capo dello Stato. Italicum: premio di maggioranza alla lista vincente, sbarramento al 3%

Raffica di novità sul fronte delle riforme, da quella costituzionale del Senato e del Titolo V all’esame della Camera, a quella elettorale all’esame del Senato. Sul fronte dell’Italicum premio di maggioranza alla lista vincente e sbarramento al 3 per cento. Sì anche ai capilista, alla soglia del 40% per il premio di maggioranza, alle preferenze di genere e alla clausola di salvaguardia che rende operativo l'Italicum dal primo luglio 2016. Sul fronte, invece, della riforma del Senato e del Titolo V bocciato l’emendamento di Daniele Capezzone (Fi), che proponeva di introdurre l’elezione diretta del capo dello Stato. Approvato invece con 251 voti favorevoli e 89 contrari l’emendamento a prima firma Ettore Rosato (Pd) che fissa al settimo scrutinio (e non più al nono) il quorum dei tre quinti dei votanti per eleggere il presidente e al quarto (non più al quinto) quello dei tre quinti dell’assemblea.

Premio di maggioranza alla lista vincente e non alla coalizionee sbarramento al 3%
Tornando all’Italicum, approvato anche l’emendamento Finocchiaro , sostenuto anche dai capigruppo di maggioranza: attribuisce il premio di maggioranza alla lista vincente, anziché alla coalizione, come prevedeva il testo approvato dalla Camera. Inoltre stabilisce che il premio consiste nel far raggiungere 340 seggi alla Camera; in prima lettura, invece si parlava di un premio che portasse il vincitore al 53% dei seggi. L'emendamento approvato abbassa poi lo sbarramento al 3%, mentre il testo approvato a Montecitorio stabiliva una serie di soglie: 4,5% per i partiti all'interno di una coalizione; 8% per quelli che correvano da soli; 12% per le coalizioni.

Per il premio di maggioranza soglia del 40%
Via libera anche al secondo emendamento, a prima firma Finocchiaro, che introduce i capilista, la soglia del 40% per il premio di maggioranza, le preferenze di genere e la clasuola di salvaguardia che rende operativo l'Italicum dal primo luglio 2016.

Il nuovo quorum per il Colle
Tornando al ddl costituzionale di riforma del Senato e del Titolo V, il quorum per l’elezione del capo dello Stato era stato già innalzato durante l’esame del ddl Boschi al Senato: ferma restando la maggioranza dei due terzi dell’assemblea per i primi tre scrutini, il testo prevedeva infatti che dalla quarta votazione il quorum scendesse ai tre quinti dell’Aula mentre dall’ottava votazione sarebbe bastata la maggioranza assoluta. La commissione Affari costituzionali della Camera aveva già modificato il testo del Senato prevedendo un quorum dei tre quinti dell’assemblea dal quinto scrutinio (con i due terzi previsti per le prime quattro votazioni) e la maggioranza dei tre quinti dei votanti dal nono scrutinio in poi. L’emendamento Rosato torna quindi ad abbassare il quorum ma mantiene totalmente esclusa l’ipotesi della maggioranza assoluta.

Fitto: la maggioranza si accontenta di pasticcetto confuso
La decisione riaccende le polemiche nel centrodestra e riapre il fronte dei critici con il patto del Nazareno. Il presidente della commissione Finanze Capezzone rivendica un’azione «in linea con l’iniziativa politica animata da Raffaele Fitto» per «tenere vivi alcuni temi storici del centrodestra liberale italiano». Per il deputato, la bocciatura del suo emendamento (così come quella di un analogo emendamento targato Fdi), «mostra che le riforme di Renzi sono riforme di cartapesta». Gli dà manforte lo stesso Fitto: «È un fatto politico grave ed eloquente. La maggioranza, respingendo la nostra proposta, e le altre analoghe, mostra di accontentarsi di un pasticcetto confuso». E non manca la stoccata al suo stesso partito: «Non capisco come Forza Italia, che pure ha positivamente votato a favore degli emendamenti presidenzialisti bocciati dal Pd, e volentieri ne prendo atto, possa accontentarsi allo stesso modo».

Meloni: vogliono continuare con inciuci di palazzo
Giorgia Meloni attacca: «I due terzi del Parlamento hanno votato contro l’emendamento proposto da Fratelli d’Italia-Alleanza Nazionale sul presidenzialismo e per far scegliere direttamente dagli italiani il presidente della Repubblica. Vogliono continuare a eleggerlo con gli inciuci di palazzo. Lo vuole la sinistra e Ncd. Forza Italia vota sì ma ha escluso il presidenzialismo dal Patto del Nazareno». Meloni ne ha anche per Beppe Grillo: «Ma perché parlamentari M5S votano contro gli emendamenti di FdI per eleggere il capo dello Stato con suffragio universale?».

Il voto finale dopo l’elezione del capo dello Stato
I lavori sul ddl costituzionale, ripresi stamattina, hanno di nuovo subito rallentamenti proprio a causa degli interventi di parlamentari M5S in senso ostruzionistico. L’assemblea è ripartita dalla discussione sull’articolo 21, approvandolo, e dovrebbe proseguire fino a tutta la giornata di mercoledì (il voto finale però è rinviato a dopo l’elezione del successore di Napolitano). Via libera anche all’articolo 22 del ddl secondo cui sarà il presidente della Camera a svolgere le funzioni di supplente del capo dello Stato, se questi è impossibilitato, ma sarà il presidente del Senato a convocare e presiedere il Parlamento in seduta comune. Bocciati gli emendamenti che miravano a introdurre il divieto di un secondo mandato del presidente. Disco verde poi agli articoli 23 e 24, che modificano gli articoli 86 e 88 della Costituzione, prevedendo tra le funzioni del capo dello Stato la possibilità di sciogliere la sola Camera dei deputati, l’unica che rimarrà elettiva.

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