L’opposizione grida “Vergogna” e mostra in aula uno striscione di protesta
PESCARA Le crepe interne alla maggioranza del sindaco Marco Alessandrini vengono alla luce per la prima volta di fronte al debito da 47mila euro lasciato nel 2008 dall’allora primo cittadino Luciano D’Alfonso. La questione spinosa dei duemila volumi, prodotti per pubblicizzare le opere pubbliche realizzate durante i cinque anni di amministrazione di centrosinistra e finiti al centro di un contenzioso tra il Comune e la società editrice Carsa, ha lacerato a tal punto gli equilibri interni alla coalizione che ieri pomeriggio in aula è passata la linea sostenuta a oltranza dall’opposizione e poi avallata da una parte del Pd. Stop in consiglio. La delibera dirigenziale per autorizzare il versamento della transazione, firmata in tutta fretta alla vigilia delle vacanze di Natale e bocciata la scorsa settimana in commissione Finanze, non supera la prova del consiglio comunale. Dopo lo striscione di protesta (nella foto in alto) “Hai qualcosa da vendere? Spedisci al Comune di Pescara in piazza Italia 1 debito fuori bilancio e pagamento assicurato”, esibito in mattinata dal centrodestra, e una serie di “Vergogna” urlati nel pomeriggio da Eugenio Seccia e Marcello Antonelli (Forza Italia) all’indirizzo del capogruppo Pd Marco Presutti, il documento è stato rinviato in commissione “in vista di un ulteriore approfondimento” con 15 voti a favore e con un solo contrario, il consigliere Giuseppe Bruno (Liberali). Determinante è stato il doppio intervento al microfono dell’avvocato Domenico Russi, incaricato di seguire la causa legale tra Comune e società editrice Carsa, l’accesso agli atti durante la pausa dei lavori e le 31 istanze di sospensione presentate da Seccia per tentare di chiarire i contorni di una vicenda poco trasparente che affonda le sue radici durante il mandato dell’attuale presidente della Regione. Il preventivo. Come si legge nella documentazione raccolta dal consigliere di centrodestra, il preventivo dei 2.000 volumi dal titolo “Pescara, una città in trasformazione” a cura di Carlo Pozzi e Domenico Potenza, risale al 5 giugno 2006. In una lettera, firmata dal presidente del cda di Carsa Roberto Di Vincenzo e indirizzata a D’Alfonso, viene dettagliato il progetto «per la realizzazione chiavi in mano di una monografia sulle grandi realizzazioni architettoniche e urbanistiche che stanno cambiando il volto della città di Pescara». I costi ammontano a 100mila euro, pari a 50 euro a copia . Il 25 marzo 2008, Di Vincenzo informa nuovamente l’ex sindaco di aver ultimato le fasi di lavorazione, mentre il 24 maggio in un fax si specifica che «l’ordine è stato effettuato verbalmente». Sarà Camillo D’Angelo a dichiarare per iscritto di aver impiegato «nel periodo dal 5 gennaio 2009 al 7 giugno 2009» le pubblicazioni «nell’attività di rappresentanza dell’istituzione comunale». Intanto, il mancato saldo delle fatture alla Carsa determina l’avvio del contenzioso economico, tuttora in fase di giudizio. La somma iniziale di 100mila euro scende a 47mila euro, grazie a una transazione presentata da Carsa per tentare di chiudere bonariamente la vicenda e coprire i soli costi di fornitura. «I fornitori vanno pagati», è l’opinione di Eugenio Seccia, «ma un’amministrazione che ha votato il predissesto non può permettersi di far pagare un debito così elevato ai cittadini, per giunta se si tratta di un atto ancora in fase di giudizio e la cui paternità appartiene alla passata amministrazione. Il documento che autorizza il debito fuori bilancio è stato firmato il 23 dicembre scorso da un dirigente, Nicoletti, che è andato via una settimana dopo». Giostre e cadaveri. La vicenda viene liquidata da Carlo Masci (Pescara Futura) come «una giostra cavalleresca» e da Enrica Sabatini (M5s) come «uno dei tanti cadaveri lasciati da D’Alfonso», mentre Guerino Testa (Ncd) e Vincenzo D’Incecco (Fi) continuano a chiedere di «riportare la delibera in commissione Finanze in modo da sviscerare tutti i punti oscuri della vicenda». I dubbi sul debito fuori bilancio aumentano e vengono condivisi anche da una parte dei consiglieri della maggioranza Pd, che già in commissione si erano astenuti dal voto. Passano i minuti e anche Sel appare titubante. E' chiaro che non ci sono i numeri per approvare la delibera. Mentre la discussione diventa incandescente, i dissidenti di Pd e Sel chiedono «un approfondimento tecnico e politico». Il capogruppo Pd Presutti, fino a quel momento in prima linea a difendere il debito lasciato da D'Alfonso, è costretto a incassare il colpo e a presentare la richiesta di rinvio.