ROMA Il nome c’è già, “Alternativa Libera” e per formare la nuova composizione politica alla Camera, mancano soltanto quattro nomi. Finisce così il “martedì nero” del Movimento 5 Stelle che ieri ha visto l’ennesima fuga di deputati. La più cospicua da quando, due anni fa, sono entrati in Parlamento agitando come simbolo della trasparenza un apriscatole. In nove, ieri hanno lasciato il gruppo dei pentastellati alla Camera facendo salire il numero dei fuoriusciti a 16, mentre al Senato gli ex di Grillo sono ormai 18. E subito dopo l’addio è seguita la consueta scia di insulti lasciati sui loro profili Facebook e Twitter. Così ieri, mentre il premier iniziava le consultazioni con i partiti per comporre la road-map che porterà all’elezione del presidente della Repubblica, dieci deputati dicevano addio al movimento di Grillo e venivano invitati dal presidente del Pd Orfini a sedersi al tavolo delle consultazioni. E loro questa volta, “liberi” dai guru dei M5S, hanno detto “sì” nonostante all’ingresso della sede Dem del Nazareno sono stati accolti dagli insulti dei militanti grillini. «Aspiravamo alla bellezza e non ad un clima cupo dove le idee diverse sono reato di lesa maestà». Dure le parole dell’onorevole emiliana, Mara Mucci durante la conferenza stampa in cui sono state ufficializzate le dimissioni. «Ad un certo punto non abbiamo più capito questa mancanza di trasparenza e di partecipazione, forse perché essere una forza distruttiva è più facile». Accanto a lei, Marco Baldassarre e Walter Rizzetto, riferimento storico dell’ala critica. Con lui, eletto nel collegio di Udine, ha traslocato nel Gruppo misto anche l’altro deputato friulano dei Cinquestelle, il triestino Aris Prodani. A questo punto il Friuli Venezia Giulia, dove il M5S alle politiche aveva preso il 27 per cento, collocandosi come il primo partito alla Camera, rimane senza rappresentanti in Parlamento. Ma è un’emorragia. Si sono dimessi anche Tancredi Turco, Samuele Segoni, Eleonora Bechis, Sebastiano Barbanti, Gessica Rostellato e il senatore Francesco Molinari. Tensione ieri alla Camera quando gli ex pentastellati hanno parlato di “capibastone”, di “vertici abusivi che hanno tradito i principi del Movimento” e di “un blog dove si ratificano decisioni prese altrove». Ha spiegato Prodani: «Abbiamo scelto di ribellarci e ora siamo un cantiere aperto. Aspettiamo che ci raggiungano i nostri colleghi. Da oggi inizia una nuova sfida». Intanto su Twitter e Facebook si consumava l’ennesimo strappo tra chi è rimasto con Grillo e chi si è staccato. Corrosivo il commento di Luigi Di Maio, vicepresidente della Camera. «C’è in corso una campagna acquisti legata al presidente della Repubblica. Evidentemente o c’è qualcuno che sa comprare bene o c’è qualcuno che si vende per poco». Sulla stessa linea, Roberto Fico fedelissimo di Grillo e presidente della commissione di vigilanza Rai: «Auguri ai miei colleghi che 48 ore dal primo scrutinio per l’elezione del capo della Stato hanno deciso di lasciare l’M5S senza pensare di dimettersi da parlamentare. Noi continueremo a lavorare rimanendo saldi ai nostri principi. Panta rei». La settimana prossima quando potrebbe essersi già sistemato il nuovo inquilino al Quirinale, potrebbero continuare i traslochi dai banchi dei Cinquestelle a quelli di Alternativa Libera. E c’è chi dice che dietro l’operazione ci sia Federico Pizzarotti, il sindaco di Parma “sfiduciato” da Grillo. Nel blog lo chiama “Capitan Pizza”, ma lui è andato avanti. A dicembre scorso sono arrivati in 400 da tutta Italia per ascoltarlo. Consiglieri comunali, regionali, deputati espulsi, militanti del M5S. «Pensiamo più ai contenuti e meno agli scontrini – aveva esortato Pizzarotti – Ci vuole un concetto un po’ più alto di regole rispetto a quello che si sta portando avanti». Le stesse parole pronunciate ieri dai deputati che hanno lasciato Grillo e Casaleggio.