ROMA - "Ho scelto l'unità del partito democratico proponendo una persona perbene. Ora sta a Berlusconi decidere". Al termine di una giornata passata a incontrare ras, capicorrente, aspiranti candidati, amici e avversari, Matteo Renzi traccia una riga invalicabile sul Quirinale: sarà Sergio Mattarella.
All'ora di pranzo il premier lo ripete a Silvio Berlusconi, seduto nello studio di palazzo Chigi accanto a Verdini e Gianni Letta. "Mattarella sarebbe un onesto difensore della Costituzione e un garante. Non è un renziano doc e può essere un punto di riferimento per le riforme che stiamo facendo insieme. Fareste un grave errore a ostacolarlo".
Ma l'ex Cavaliere, spalleggiato da Verdini, insiste per Giuliano Amato: "Per me Mattarella non va bene. È un'integralista giustizialista, alla Corte costituzionale ha sempre fatto blocco contro di me. Non lo possiamo accettare".
Renzi tenta invano di convincere l'alleato nazareno: "Non è affatto un giustizialista. Certo è un po' rigido, viene dalla sinistra Dc, ma non è pregiudizialmente ostile a voi". Persino Letta interviene e spezza una lancia per il giudice costituzionale del Pd: "Silvio ti sbagli. È talmente rigoroso che, se va al Quirinale con i nostri voti, non farà mai qualcosa contro di te. Magari non sarà dei nostri, ma mai contro". Berlusconi nicchia, prende tempo. E Renzi si spazientisce. L'incontro si chiude senza accordo. Con una minaccia nemmeno velata del premier di procedere da soli: "Tanto alla fine Alfano verrà con noi. Sel e metà dei cinque stelle già ci stanno, il Pd ce l'ho tutto dietro. E Mattarella può andare oltre i 600 voti. Pensateci bene".