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Data: 30/01/2015
Testata giornalistica: Il Centro
Il voto per il Quirinale - Mattarella spacca il patto del Nazareno. I democratici lo hanno scelto mettendo nel conto la rottura con Forza Italia. Berlsconi furioso «Intese tradite, non lo voteremo»

ROMA La prima grande votazione sul successore di Giorgio Napolitano si chiude a Montecitorio, come era largamente previsto, con un trionfo di schede bianche (538). Anche perché Pd, Forza Italia e i centristi di Area Popolare hanno deciso di non scrivere nomi e questa è stata l’unica cosa sulla quale ieri sono sembrati essere d’accordo. Per il resto, si può dire che i rapporti tra il partito di Renzi e quello di Berlusconi hanno toccato il punto più basso di sempre. E questo perché, incontrando i grandi elettori dem, il premier-segretario ha scelto di ricompattare la minoranza del suo partito, che ha accolto con voto unanime e un lunghissimo applauso liberatorio la formalizzazione della candidatura di Sergio Mattarella alla presidenza della Repubblica. «Una volta scelto un candidato per il Quirinale, vincolo di lealtà impone di considerare questo come un passaggio nel quale non ci divertiamo a bruciare nomi. Chi ha voglia di bruciare fa i falò, non il grande elettore» ha messo in chiaro Renzi, che dopo aver elencato le ragioni che lo hanno spinto a puntare su Mattarella, non ha citato esplicitamente Romano Prodi ma ha fatto riferimento ai 101 che lo impallinarono: «Oggi è l’occasione per cancellare lo smacco del 2013. Abbiamo l’opportunità di cambiare, non il corso di questa legislatura, ma di cancellare quello smacco». Dopo Mattarella, «candidatura autorevole e in grado di dire, con la schiena dritta, dei no se necessario anche a coloro i quali lo hanno indicato», non ci saranno altri nomi per il Pd. E se non ci saranno sorprese, dopo altre due votazioni tutte all’insegna della scheda bianca, la terza, che ci sarà domani e con un quorum che scenderà a 505, sarà quella dell’investitura. Questa è l’indicazione che Renzi ha dato ai suoi grandi elettori. E questa è la ragione che ha fatto letteralmente infuriare Berlusconi, che ieri mattina è stato quasi convinto da Confalonieri e Gianni Letta ad accettare il voto su Mattarella ma poi, pressato dai “falchi” di Fi, ha deciso di non essere della partita. Il no a Renzi è stato accompagnato dalla decisione di votare scheda bianca anche alla quarta votazione (per vedere se il premier ce la fa da solo) e da un annuncio di guerra sulle riforme, ma non solo. «Allo stato attuale non ci sono più le condizioni che hanno portato a siglare il Patto del Nazareno, che oggi ha subìto un altolà» ha scandito un Cavaliere furioso e deciso a far pagare il conto al premier del suo “tradimento”. «Ora si rimette in gioco tutto. Al Senato Renzi non ha i numeri , e quando il ddl riforme dovrà tornare lì non potranno approvarlo. Idem per la legge elettorale, che ora dovrà passare all’esame della Camera, dove il Pd ha il numeri. E allora se la votino da soli...» ringhia Berlusconi, che ieri ha fatto fronte comune contro il Pd con il suo ex delfino, Angelino Alfano. La rabbia e l’amarezza per la decisione di Renzi accomuna tutto il Nuovo Centrodestra che però si divide sulla linea da tenere d’ora in avanti. Una parte più oltranzista è pronta a sposare la battaglia annunciata da Berlusconi, una parte invita invece alla prudenza. E in serata è Alfano a tirare il freno a mano: «Ogni valutazione sul governo è fuori luogo. Per noi il patto di governo tiene ed è estraneo a questa giornata». Il partito di Renzi avrà i numeri per eleggere Mattarella? A Largo del Nazareno assicurano che l’asticella nel Pd è fissata a quota 580 (ai 446 grandi elettori dem si aggiungerebbero i 33 voti di Sel, poi ci sono i 35 ex 5 Stelle, i 32 di Scelta Civica e i 32 delle Autonomie estero, Psi e Pli). Ieri, comunque, il candidato che ha raggiunto il maggior numero di voti (120) è stato Ferdinando Imposimato, votato in massa dai 5 Stelle. Al secondo posto (con 49 preferenze) si è piazzato il giornalista Vittorio Feltri, candidato di bandiera di Lega e Fratelli d’Italia.

Berlsconi furioso «Intese tradite, non lo voteremo». Forza Italia spiazzata, offensiva dei “falchi” del partito. Ma Alfano (Ncd) frena. Oggi si riparte con due votazioni. Paolo romani Il premier non può tenere insieme tre maggioranze: una per fare le riforme, una per tenere il governo, l’altra per il Quirinale

Il patto del Nazareno tiene o non tiene? È questa la domanda che per tutto il pomeriggio risuona in Translatantico dopo che sul nome di Sergio Mattarella candidato al Quirinale, tra il premier Matteo Renzi e Silvio Berlusconi si è consumato uno strappo, dalle conseguenze ancora non prevedibili. La ritrovata unità del Pd ha spiazzato Berlusconi che ha annunciato di essersi sentito “tradito” da Renzi. E con lui, il suo partito che adesso appare ancora più diviso. Una giornata convulsa per i deputati e senatori del Centrodestra divisi tra l’Aula e le riunioni che si susseguivano prima a palazzo Grazioli, poi a casa del ministro Alfano, infine a Montecitorio. Ma è alle 16,30 che s’intuisce la portata di quanto è accaduto tra i due leader che avevano siglato quel patto che ha tenuto insieme il percorso dall’Italicum alla riforma sul Senato. «Non voteremo Mattarella anche dopo la quarta votazione. Vediamo se il Pd regge». È lo stesso Berlusconi a dare l’annuncio all’assemblea dei grandi elettori quando ormai la tensione tra i suoi è alle stelle. Non ci sta a dare l’immagine di colui che subisce i diktat del segretario del Pd, che sulla partita del Quirinale ha deciso di andare avanti da solo. «Non siamo stati noi a non rispettare i patti, ma è stato Renzi a non rispettarli – è il suo ragionamento – È stato lui a mettere un altolà sulle riforme». La notizia rimbalza in Translantico: sul Quirinale si va muro contro muro. Lo spaesamento sembra coinvolgere molti del Centrodestra che a quel punto si domandano: ora cosa succede? Alcuni big di Fi se ne vanno. Così Paolo Sisto, presidente della commissione Affari Costituzionali. La faccia tradisce la tensione accumulata: «È solo il momento di fermarsi e di riflettere su quanto sta accadendo». Più duro l’ex ministro Paolo Romani, capogruppo Fi al Senato: «Renzi non può tenere insieme tre maggioranze: una al governo, un’altra sulla legge elettorale, un’altra sul Quirinale». Eppure, la giornata era iniziata con l’ex premier che non era così intenzionato a rompere con Renzi. A spingere finché non venisse messa la parola fine sul nome di Mattarella erano stati i fedelissimi, Confalonieri e Gianni Letta riuniti a palazzo Grazioli. All’ora di pranzo la svolta. Sarebbero stati i “falchi” del partito a fare pressing perchè non cedesse ai “ricatti renziani” e a porsi contro la candidatura di Mattarella. Poi nel primo pomeriggio il confronto con Angelino Alfano. E con gli esponenti del Ncd, il “muro contro muro” ha cominciato ad incrinarsi. Il ministro dell’Interno al quale Berlusconi ha chiesto apertamente di sfilarsi dall’esecutivo, gli ha risposto «no». Alfano, da un lato ha deciso di non mollare Berlusconi, dall’altro però rompere con Renzi significherebbe pagare un prezzo troppo alto. In serata è la capogruppo a Montecitorio, Nunzia De Girolamo a precisare: «I due piani rimangono distinti. Il patto di maggioranza con Renzi non prevedeva un patto sul Colle». Parole chiare le sue: il governo non rischia. Ma poco dopo qualcuno, sempre del suo partito, la smentisce annunciando che in realtà c’è un’ala oltranzista in Ncd pronta a sposare fino in fondo la battaglia annunciata da Berlusconi. «Altro che inviti alla prudenza. Qualcuno sarebbe disposto a buttare all’aria tutto». Oggi si ricomincia: due votazioni alle 9.30 e alle 15.30

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