ROMA «Ma non ha cacciato Inzaghi figuriamoci se rinuncia a Verdini!». La tesi dell’ex ministro azzurro è che «passata la buriana, il patto del Nazareno resterà in piedi». Forza Italia è in ebollizione. Volano gli stracci tra fittiani e nazareni. Silvio Berlusconi è nervoso e talmente sicuro di essere stato «tradito» da Renzi che si guarda bene dal chiedere ai magistrati una deroga che gli permetta di restare a Roma. A nauseare il Cavaliere anche il comportamento di molti esponenti di FI i quali, dopo anni di continui inchini, ieri hanno trovato il coraggio per chiedere all’ex presidente del Consiglio di «farsi da parte». Berlusconi non se lo fa dire due volte e fa accendere i motori dell’aereo che lo riporta ad Arcore e domani a Cesano Boscone. In sostanza «meglio gli anziani della casa di riposo che i nominati di largo del Nazareno».
DIRETTA
A Roma lascia un manipolo di luogotenenti in conflitto tra loro. «Non ne posso più di essere guidata da un paio di deficienti», sostiene la deputata azzurra che si sposta di capannello in capannello.
«Rischiamo l’isolamento», si interroga Maria Stella Gelmini che pur considerando la candidatura di Mattarella «un colpo basso che finirà con l’indebolire Renzi», sta sulla linea di Giovanni Toti: «Il Quirinale è una cosa, le riforme costituzionali ed elettorali un’altra». Il coordinatore azzurro si barcamena tra il pressing di Letta e Confalonieri in favore di Mattarella, e i capigruppo che nella riunione di ieri mattina, sostengono di «non assicurare i numeri» su Mattarella. Berlusconi chiama anche la figlia Marina che lo rassicura sulla tenuta delle aziende. Il Cavaliere tentenna per tutta la mattinata. Su una mano ha gli editoriali scritti da Mattarella quando era direttore del Popolo e le interviste degli ultimi trent’anni del possibile nuovo inquilino del Colle. Sull’altra uno schemino che racconta la possibile distribuzione dei voti dalla quarta votazione in poi. C’è anche uno spazio vuoto per i possibili dissidenti di FI. Ovvero per coloro che vorrebbero votare Mattarella «anche perché - sostengono - abbiamo sbagliato a non costruire un candidato alternativo, visto che sapevamo come sarebbe andata con Amato».
Un paio di telefonate in direzione di palazzo Chigi convincono l’ex premier che Renzi non considera alternative al nome di Mattarella. «Un prendere o lasciare inaccettabile», tuona il Cavaliere che in vent’anni di politica non ha mai avuto dubbi su chi scegliere tra un ex Ds e un ex Dc di sinistra. Stavolta però si rende conto di non avere scelta e che il Rottamatore scegliendo di ricompattare la sinistra, gli ha chiuso ogni opzione alternativa.
«Il ragazzo con me ha chiuso», tuona Berlusconi contro Renzi prima di incontrare alla Camera i grandi elettori azzurri e usare toni molto più soft. «Mi ha chiamato Mattarella (la telefonata in realtà è stata fatta dal Cavaliere) e gli ho spiegato che contro di lui non ho nulla di personale e che votiamo scheda bianca per rispetto». Una mano tesa utile per il dopo e che tiene conto del rischio che alla fine il patto con l’Area popolare possa non reggerà e che il partito di Alfano, per obbligo di lealtà di governo, alla fine possa spaccarsi e votare Mattarella dalla quinta in poi e sempre che non esca alla quarta votazione. Raccontano che ieri sera, per convincere Alfano a restare incollato a FI, Berlusconi sarebbe anche pronto ad aprirgli di nuovo le porte di FI mettendolo alla guida di un nuovo partito. «Ora le riforme e la legge elettorale se le fa da solo con Fassina e Civati», attacca il Cavaliere che per sbollire l’ira, senza compromettere nulla ed evitare il banco degli imputati, decide di rientrare ad Arcore.
TATTICA
In un partito ormai ben oltre la crisi di nervi, solo Fitto esulta («l’avevo detto che stavamo sbagliando tutto»), mentre i suoi chiedono ai vertici del partito di mettere a punto un meccanismo per controllare chi non rispetta l’ordine di votare scheda bianca.
Una ventina di senatori e una trentina di deputati sarebbero pronti a votare Mattarella. I primi per fare un dispetto a Fitto, i secondi per smentire Brunetta che il gruppo azzurro di Montecitorio non lo controlla ormai da tempo. Infine ci sono i siciliani, partito nel partito, che Mattarella sono pronti a votarlo dalla quarta. La falla dentro FI sembra destinata ad allargarsi. Sul piede di guerra è la Ravetto, perplessa l’ex ministro Bernini. L’assenza del leader da Roma contribuisce ad alimentare tensioni e scambi di accuse. Il successo ottenuto sull’Italicum, passato con i voti determinanti di FI sull’emendamento Esposito, aveva convinto i sostenitori del Patto del Nazareno che lo schema si potesse ripetere sul Quirinale. Ovvero che Renzi avrebbe scelto con Berlusconi un candidato comune e potabile per il Pd come per FI. «Non avevamo un nome alternativo, ecco perché io ho sostenuto l’idea di votare Prodi», spiegava ieri pomeriggio alla Camera l’azzurro Minzolini. Troppo tardi e comunque troppo per il Cavaliere che continua ad avere un unico e solo incubo: il voto anticipato a primavera.