Lo dico anche a costo di apparire patetico: quando i voti hanno raggiunto la fatidica quota 505 e un lungo applauso liberatorio ha salutato l'elezione di Sergio Mattarella, mi sono commosso. Ho conosciuto il nuovo presidente una ventina d'anni fa e serbo il ricordo di un uomo colto, gentile, sempre attento a misurare le parole e a non far pesare all'interlocutore la propria preparazione. Tutto il contrario dei politici caciaroni, cresciuti a pane e risse da talk- show, a cui siamo abituati. Chi non lo ha votato, avendo tutto il diritto di farlo, ne ha irriso la sua presunta tristezza, ma credo che chi si è visto ammazzare dalla mafia, proprio sotto casa, il fratello abbia a sua volta il diritto di essere almeno malinconico. Per inciso, fu proprio Sergio a prendere tra le braccia il povero Piersanti morente e credo che sia normale che certi ricordi ti segnino il carattere per la vita. Un po' di rispetto, perdio! Meglio di tutti è stato ieri l'amico di una vita, l'economista Salvatore Butera, a delineare la personalità del nuovo inquilino del Colle: «E' una persona composta, che ha sofferto tanto e proprio per questo comprende la sofferenza degli altri». E c'è un gran bisogno di avere al Quirinale un presidente non altero, ma vicino a un popolo che, tra alluvioni e terremoti, alle sofferenze è purtroppo allenato. Ho trovato fuori luogo anche il commento di Paolo Gatti, uno dei tre consiglieri abruzzesi spediti a Roma per il voto: «Hanno scelto un signorile reperto archeologico». No, io credo che Mattarella (di 17 anni più giovane di Napolitano) sarà un presidente attento e discreto, capace di dispensare alla bizzarra politica italiana i consigli di cui ha bisogno. Buon lavoro a lui. E buona domenica a tutti voi.