PARIGI La Grecia lancia l'offensiva anti-austerità in Europa proprio mentre dalla Germania arriva il primo niet da Angela Merkel: non ci sarà nessuna ristrutturazione del debito greco. Dopo un incontro non cordialissimo con il capo dell'Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem, il neo ministro delle Finanze greco Yanis Vanoufakis comincia non a caso dalla Francia di Hollande un minitour europeo che lo porterà martedì anche a Roma da Renzi insieme con il premier Alexi Tsipras. Il premier greco si è detto fiducioso sul raggiungimento di un accordo tra Grecia e Europa «con benefici reciproci», anche se ha aggiunto di aver bisogno di tempo «per respirare e creare un programma di ripresa a medio termine». Vanoufakis (che ha esordito a Bruxelles annunciando che la Grecia non intende più sottostare agli esami della troika) incontrerà oggi pomeriggio il collega alle Finanze francesi Michel Sapin. I due avrebbero dovuto vedersi domani, ma il ministro greco ha preferito anticipare la visita a Parigi. Se il viaggio europeo del ministro greco non prevede per ora tappe nell'ostile Berlino, venerdì sera è toccato a François Hollande portare la buona parola della crescita a Angela Merkel. Il presidente francese e la cancelliera tedesca si sono infatti incontrati per una cena informale a Strasburgo, ospiti del presidente dell'Europarlamento Martin Schulz. La cena, inizialmente prevista per l'11 gennaio ma poi rinviata a causa degli attentati di Parigi, si è svolta, secondo il portavoce di Schultz, «in un'atmosfera molto amichevole e costruttiva».
TONI DURI
Meno amichevole il tono dell'intervista che Merkel ha rilasciato all'Hamburger Abendblatt. «Non vedo come ci possa essere una nuova cancellazione del debito greco. C'è già stato un condono volontario da parte dei creditori privati: le banche hanno già cancellato miliardi del debito greco». All'inizio del 2012 la Grecia aveva già ottenuto una ristrutturazione del suo debito con i creditori privati pari a 100 miliardi di euro. Il paese resta comunque soffocato da un debito pubblico che sfiora il 175 per cento del Pil. Dello stesso parere della cancelliera è anche la stragrande maggioranza dei tedeschi: il 76 per cento ritiene che la Grecia debba onorare i suoi debiti. Merkel ha sì voluto ridire che «l'obiettivo è, adesso come prima, che la Grecia resti membro dell'Eurozona», ma ha soprattutto precisato che «l'Europa continuerà a mostrare la sua solidarietà alla Grecia, come pure agli altri paesi particolarmente colpiti dalla crisi, se questi paesi faranno le riforme necessarie e prenderanno misure di risparmio». Per terminare, la cancelliera ha invitato il nuovo governo a mettere le sue carte sul tavolo: «Noi, ovvero la Germania e tutti gli altri partner europei, aspettiamo di capire con quali proposte il nuovo governo greco intende farsi avanti». E' toccato poi al ministro delle Finanze Wolfgang Schaeuble precisare meglio quello che la Germania si aspetta che arrivi da Atene. «Se io fossi un politico responsabile, in Grecia, non farei alcun dibattito su un nuovo taglio del debito» ha detto Schaeuble, escludendo che l'Europa sia ostaggio delle fissazioni tedesche in materia di austerity. Le decisioni dell'Unione vengono prese a maggioranza, ha aggiunto il ministro, «quindi le regole del Patto di Stabilità sono tutt'altro che un diktat tedesco».
Anche in Spagna avanza la sinistra anti-austerity. Il partito Podemoschiede un cambiamento delle politiche europee
MADRID «Il governo di Tsipras ha fatto in 6 giorni quello che altri non hanno fatto in 6 anni. Ma qui il lavoro dovranno farlo gli spagnoli. Le politiche di austerità sono servite solo ad aumentare debito, disoccupazione e disuguaglianze. Chi deve temere di restare isolata in Europa è la Merkel, dato che sia il governo italiano che quello francese sono convinti della necessità di un cambio». Parla chiaro Pablo Iglesias Turrion (nella foto), il 36 enne leader di Podemos, mentre fuori, nella Plaza Cibeles, cresce la marea venuta da tutta la penisola per partecipare alla «marcia del cambio». Decina di migliaia di persone (100mila per la polizia, oltre il triplo per gli organizzatori). Non è una protesta, ma una dimostrazione di forza. Prima di immergersi nella folla, Iglesias abbraccia Jean-Luc Melenchon, ex ministro fondatore del Partito della Sinistra francese, venuto ad apprendere. «E’ un evento storico, la vittoria di Siryza in Grecia e tutti sappiamo che la seguente sarà quella di Podemos in Spagna» assicura.
Il fiume umano confluisce alla Puerta del Sol, la piazza dove 4 anni fa il movimento del 15-M diede inizio alla svolta, il simbolo dello spazio politico recuperato. «Tic tac tic tac, il conto alla rovescia per il governo di Mariano Rajoy è cominciato», avverte Pablo Iglesias. Figlio di un’avvocatessa e di un professore di storia, laureato in diritto e dottore in scienze politiche, con cinque professori universitari, il leader con il codino ha dato vita un anno fa al cartello politico. A sei mesi 6 dall’exploit alle europee, con l’8% dei voti, Podemos è oggi, secondo alcuni sondaggi, il primo partito, con oltre il 27%, e si avvia a vincere le amministrative del prossimo maggio e le politiche d’autunno.
LA PIATTAFORMA POLITICA
Il segreto dl successo? L’aver occupato in maniera trasversale, con il contatto diretto con i cittadini in internet e un’abile strategia di comunicazione in tv, lo spazio lasciato vuoto dai partiti screditati, alimentato dall’insofferenza per la corruzione e il martirio della crisi. Uno spazio altrove – in Francia o in Germania – occupato dall’estrema destra xenofoba. Contro la paura, il riscatto della speranza, alla quale fa appello Pablo Iglesias, con la sua oratoria semplice ed efficace, sostenuta da dati e citazioni colte. Pescando a sinistra - fra socialisti e militanti della Sinistra Unita delusi - come nelle fila del Pp. Ed è il motivo per cui Podemos ha mitigato il suo discorso, sfumando su linee più socialdemocratiche, per presentarsi come unica alternativa in grado di recuperare «la sovranità popolare, la decenza e il cambio politico».
GLI OBIETTIVI
Riesca o meno a porre fine all’alternanza fra le due principali forze al governo nei 40 anni di democrazia, Podemos ha già fatto un favore alla Spagna, costringendo i partiti tradizionali a correre ai ripari, con misure anti-corruzione e per la trasparenza delle istituzioni. «Sogniamo, ma prendiamo molto sul serio i nostri sogni», avverte Pablo Iglesias dal palco di Puerta del Sol, sgranando il «programma di salvataggio cittadino». Esorta a recuperare la sovranità europea «che non è a Davos, alla Bundesbank o della Merkel». La Patria messianicamente annunciata è quella che «ha bisogno di sognatori, di Don Chisciotte».