ROMA «Ci fossi stato io, non sarebbe andata così male»: tra l’arrabbiato e il dispiaciuto, ieri il leader forzista Silvio Berlusconi ripeteva questo mantra ai suoi interlocutori, sottintendendo indirettamente il fallimento di Denis Verdini nella trattativa per il Quirinale. L’ex Cavaliere non gli ha rivolto alcuna accusa ufficiale, per ora, limitandosi a raccogliere il malessere manifestato nei confronti del coordinatore dai parlamentari che lo hanno raggiunto sabato sera a cena, e ieri a pranzo.
LE POSIZIONI
«I voti azzurri dati a Mattarella ci indicano chiaramente che una partita è stata giocata nello scuro delle urne per il Quirinale», spiegavano ieri fonti vicine all’ex Cavaliere, confermando che «per trattare sulle riforme, bisogna pensare a delegazioni e moduli diversi». Berlusconi, però, ha ascoltato senza prendere ufficialmente partito, lasciando che altri si facessero interpreti della sua irritazione nei confronti del coordinatore. E se Maria Rosaria Rossi ribadisce la sua stima per Gianni Letta, ma aggiunge che «ha sbagliato questa trattativa», tra i fedelissimi del cerchio magico gli attacchi a Raffaele Fitto ormai non si contano più: «Forza Italia va azzerata ma il primo ad andare via sia lui e si porti via Verdini. Basta traditori!», ha scritto su twitter Edorardo Sylos Labini, responsabile cultura forzista, subito rilanciato da Marcello Fiori, responsabile dei club Forza Silvio.
LE TENSIONI
In realtà, i malpancisti interni a Forza Italia hanno finto col dare una mano alla strategia renziana, indebolendo l’ex Cavaliere più del necessario, sotto il peso della costante critica che ora, a molti degli stessi fittiani, appare consumata nel momento sbagliato. Non a caso ieri Renata Polverini, che già da un po’ si muove autonomamente, sottolineava: «Penso che se la figura di Mattarella fosse stata il frutto di una discussione avrebbe potuto essere eletto già alla prima votazione».
Dal canto suo, però, Fitto non sembra demordere, e ieri ha lanciato un altro altolà al Cavaliere: «Che Renzi voglia più forni, mi pare naturale. Il problema sarebbero i fornai che ancora gli dovessero credere». Ma se difficilmente il Cavaliere gli accorderà la testa dei mediatori del Nazareno, è più probabile che questa settimana riallacci i fili del discorso sul rilancio del partito: «I gruppi saranno riuniti più spesso per dare modo a tutti di esprimere la propria opinione», filtrava ieri da Arcore.
LA STRATEGIA
Un modo per neutralizzare i dissidi interni, e restare in partita al tavolo del Nazareno, per ottenere quell’agibilità politica che, nella visione di Berlusconi, è l'unica strada per ricostruire il centrodestra uscito con le ossa ancor più rotte dalla prova del voto per il Colle. Come? L'obiettivo ora è far uscire allo scoperto Matteo Renzi. «E' inevitabile che ci siano delle conseguenze nel dialogo portato avanti fino ad ora», ha commentato il consigliere politico Giovanni Toti.
In realtà, ad attendere al varco il leader democratico è lo stesso Verdini, convinto che a Renzi non convenga affidarsi alla maggioranza che ha eletto il Capo dello Stato. E che dunque tornerà a bussare alla porta forzista. Ma se prima la contropartita delle riforme poteva essere il Quirinale, ora sul piatto ci sarebbe proprio l'agibilità politica dell’ex Cavaliere. Che potrebbe tornare a essere un uomo libero grazie alla delega fiscale che il governo approverà entro fine mese.