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Data: 03/02/2015
Testata giornalistica: Il Messaggero
Renzi: ora turbo alle riforme basta trattare con i partitini. Ncd, alta tensione tra i moderati «Non siamo tappetini di Matteo»

ROMA Voltare pagina. E poiché per Renzi l’operazione Mattarella è stata una «bellissima pagina», ora si riparte dal punto in cui si era prima della pausa Quirinale. Ma a velocità doppia, a costo di sferzare «i partitini»: «L’Italia ha bisogno di correre, e l’elezione del presidente della Repubblica mette il turbo alle riforme». Una speranza, ma anche un ammonimento a chi, dentro e fuori la maggioranza, chiede tempo per regolare conti, lenire ferite aperte, riequilibrare i rapporti nel governo: «Il Pd è il motore del cambiamento, e non ci spostiamo di una virgola».
POLEMICHE COL FIATO CORTO

Il presidente del Consiglio celebra l’orgoglio democrat con una lettera agli iscritti e quasi finge di non sentire i lamenti di Ncd e Forza Italia: «Le polemiche dei partiti si scioglieranno come neve al sole appena dopo il giuramento del Capo dello Stato» dice ai microfoni di Radio Rtl. Per lui la vicenda Quirinale è un capitolo chiuso che deve chiudere anche le polemiche che ne sono seguite: «L’idea che dal giorno dopo si debba giocare al rilancio è una cosa che sa di vecchia politica».
Le strategie del premier per portare Mattarella al Quirinale hanno creato scompiglio negli altri partiti. Forza Italia è sconquassata, minaccia di chiamarsi fuori dagli accordi del Nazareno su legge elettorale e riforme istituzionali. Renzi è preoccupato? «Io credo che il partito di Berlusconi abbia tutto l’interesse a star dentro le riforme. Non che sia importante per i numeri che porta, ma per il concetto secondo cui le regole si scrivono insieme con le opposizioni». Comunque, se si sfileranno poco importa: «Noi andiamo avanti. Speriamo con loro. Se non vorranno, andiamo avanti lo stesso».
Lascia capire che gli uomini del Cavaliere alla fine torneranno all’ovile del Patto del Nazareno: «Gli accordi con loro riguardavano le riforme, nient’altro. Dunque gli accordi non sono stati violati e non capisco perché dovrebbero abbandonare il campo». Come unico ramoscello d’ulivo lascia aperta la questione della cosiddetta norma salva-Silvio del decreto fiscale sostenendo che è un capitolo ancora da discutere e valutare, non da bocciare a priori poiché «Berlusconi non c’entra».
Più delicata la questione degli alleati di governo del Nuovo Centrodestra, alle prese con polemiche intestine e defezioni. Renzi minimizza. «Io li capisco, perché noi del Pd in fatto di divisioni ne sappiamo più degli altri. Ma tutto passerà in meno di 24 ore». L’importante, dice, è che le questioni interne non distraggano dalle priorità di governo: «Siamo qui per far ripartire l’Italia, non per ricompattare le minoranze dei piccoli partiti». Chi ha da leccarsi le ferite faccia pure, ma senza condizionare il resto: «Quelli che hanno tenuto ferma l’Italia per vent’anni non possono pensare che rallentiamo proprio ora che siamo a un passo dal chiudere su alcuni provvedimenti decisivi».
IUS SOLI E DIRITTI CIVILI

Poi, una lettera al Pd, ridisegna l’agenda delle priorità di governo che - oltre all’Italicum e al ridimensionamento del Senato - prevede la riforma del fisco, della giustizia, della pubblica amministrazione, della scuola. Ma anche di questioni che certamente non entusiasmano gli alleati dell’Ndc: diritti civili e ius soli. Pare una provocazione, ma più che altro è un modo per rivitalizzare l’orgoglio di partito: «Siamo il Pd, la più grande speranza della politica italiana. Guai a noi se ci tirassimo indietro».

Ncd, alta tensione tra i moderati «Non siamo tappetini di Matteo»

ROMA Angelino Alfano resiste in maggioranza, nonostante un nuovo attrito con Matteo Renzi che, sull’onda dell’euforia per l’elezione di Mattarella, alza i toni con gli alleati di Area popolare e li invita «a leccarsi le ferite», avvertendo di «non essere disponibile a verifiche e colloqui con i vari partitini».
L’IRRITAZIONE

Frase che irrita il leader del Ncd, che ha sì problemi, ma assicura «il rilancio della nostra area politica». Ecco perciò il ministro dei Trasporti, Maurizio Lupi, avvertire che «noi centristi abbiamo consentito la nascita del governo Letta e di quello Renzi, nonché l’approvazione delle riforme e anche l’elezione del nuovo Capo dello Stato. Perciò - sottolinea - vorrei ricordare al premier che non siamo tappetini e neppure cespugli del Pd». Ma intanto il Nuovo centrodestra deve affrontare il disagio di Maurizio Sacconi, che si è dimesso da presidente dei senatori, di Cicchitto e di Nunzia De Girolamo, che chiede «la ricomposizione del centrodestra» e potrebbe lasciare il ruolo di capogruppo alla Camera. Per Montecitorio si vedrà. A palazzo Madama in pole position c’è Renato Schifani, ma anche Gaetano Quagliariello, che ora si scaglia «contro le alleanze a macchia di leopardo per le Regionali» e, come la De Girolamo predica un accordo con Forza Italia.
LO SGRETOLAMENTO

E, dopo l’addio di Cazzola e Berselli, ieri si sono rincorse altre voci che davano per imminenti le dimissioni dei senatori Piero Aiello, Laura Bianconi e Tonino Gentile, che in serata però smentiscono ribadendo «il legame indissolubile politico e umano con Alfano». Il quale è intenzionato a restare segretario «per lavorare a un accordo con Berlusconi» e ministro dell’Interno «per condizionare il governo sulle nostre proposte», nonostante De Girolamo e Quagliariello lo abbiano invitato a scegliere. Lupi assicura: «Non ci è mai venuto in mente di suggerire ad Angelino di uscire dal governo per dedicarsi solo alla segreteria del Ncd». Conferma invece il suo addio la portavoce Barbara Saltamartini, dopo un colloquio con il segretario-ministro, anche se raccontano che già un mese fa aveva manifestato la sua intenzione di tornare nel centrodestra, dove si è formata. «Non posso più restare al governo - scrive la Saltamartini, che dovrebbe entrare nella Lega di Salvini - il premier ha imposto un metodo non rispettoso verso gli alleati, ha fatto prevalere gli interessi del Pd, anteponendoli a quelli degli italiani, che sono in attesa di quelle riforme economiche e sociali urgenti per uscire dalla crisi». E Sacconi avverte che «occorre essere pronti a mettere in discussione la nostra partecipazione al governo, se costretti da atti di controriforma su temi sensibili come il lavoro, il fisco e la giustizia». Il timore è che, dopo il ritrovato feeling con Sel e l’ala sinistra del Pd, «Renzi possa spostare a sinistra l'asse del governo, ritoccando il Jobs act. E - ammonisce - dobbiamoridiscutere anche la riforma costituzionale, in particolare il nuovo Senato. Non possiamo accettare una camera di debitori, cioè di Regioni e Comuni, dotata di potere». Per il senatore Andrea Augello, «non accadrà nulla di tutto questo, ma sta a noi incalzare Renzi sui nostri temi. E in Senato dovrà capire quanto pesano i nostri voti».
In realtà, il vero problema è la collocazione in vista delle alleanze per le Regionali e per le Politiche, specie se si andrà al voto con il premio alla lista. In Lombardia, scalpitano Lupi, tentato dalla corsa per il sindaco, e Formigoni, che insiste «per una direzione al più presto». In Campania, la De Girolamo e annuncia che c’è una sola prospettiva: l’intesa con FI.

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