ROMA «Un politico, nelle istituzioni, si deve sentire ospite, anche se protagonista». E’ la frase con la quale Sergio Mattarella varca il portone di quella che ha appena chiamato, nel discorso ai grandi elettori, «la casa degli italiani». Un luogo, questo luogo, il Quirinale, nel quale viene accolto da Briciola, la cagnetta mascotte dei carabinieri di qui, e scende dall’auto e quasi ce l’ha tra i piedi. Poi il quadrupede capisce la solennità del momento e si mette in posa a sua volta. Vorrebbe sorridergli il presidente, ma sembra impietrito nell’emozione, che in lui si manifesta nel corpo che si contrae appena percettibilmente e nelle spalle che gli salgono timidamente fino quasi a coprirgli il collo. «Questo è un palazzo troppo ampio per me», dirà a un amico dopo la festa del giuramento, e forse sta pensando alla moglie che non c’è più e riposa a Palermo. Dove Mattarella questo week end non andrà a pregare al cimitero, perchè un dolore privato diventerebbe in questa fase un’occasione pubblica e mediatica e i sentimenti devono restare, anche se in politica «il personale è pubblico», qualcosa di intangibile e perfino di sacro.
LA COMMOZIONE
Mentre parla nella sala dei corazzieri, ha un momento di commozione quando ringrazia Piero Grasso per le parole appena pronunciate a proposito di quella mattina del 1980, quando entrambi si ritrovarono, uno come giovane professore e soprattutto fratello e l’altro come giovane magistrato, intorno al corpo esangue di Piersanti. Undici posti, nelle prime file, sono stati riservati ai familiari del neo-presidente in questa cerimonia al Quirinale. E ci sono i nipoti. Anche Manfredi, liceo classico al Visconti di Roma, che segue con lo sguardo il nonno e sembra volerlo proteggere dalla curiosità di tutti.
Mattarella e i suoi familiari consumano - è l’ora di pranzo e i tre figli, il nipote e altri parenti hanno anche assistito dalla tribuna della Camera al discorso di Sergio - una colazione nell’appartamento del presidente al Quirinale. Leo Longanesi diceva che, ai tempi di Luigi Einaudi, il presidente offriva al massimo mezza mela ai suoi commensali. Stavolta si mangia un po’ di più. E Mattarella si concede qualche sorsata di bollicine, e altre le hanno bevute gli invitati al brindisi precedente: un buon Ferrari offerto dalla famiglia Lunelli. Pranzo, e pennichella. La prima in questo palazzo, e riesce a sciogliere lo stress. In questo stesso appartamento, che non è quello dove abitava Giorgio Napolitano, il suo successore ha deciso di risiedere - si affaccia sui giardini interni - e la prima notte ha pensato di trascorrerla qui. Il libro da comodino già c’è (una rilettura): «La storia d’Europa nel secolo decimonono» di Benedetto Croce. Mentre la libreria di Mattarella resterà in buona parte nella casa di Palermo, ma alcuni dei suoi testi prediletti che ha a Roma sono in arrivo al Quirinale. E tra questi ci sono alcune pagine del 1957 di Leopoldo Elia (il suo maestro e uno dei pochi che lo batteva sempre nelle sfide a chi ricordava meglio le formazioni di calcio delle squadre dagli anni ’30 ai ’70) che Mattarella predilige particolarmente e dicono così: «Il Capo dello Stato deve invitare al volante un altro uomo politico ma non può nè prescrivergli la strada nè imporgli i compagni di viaggio». Matteo Renzi a metà pomeriggio lascia lo studio del presidente - dopo avergli presentato come da prassi le dimissioni ed essersele viste rifiutate - ed è arciconvinto che Mattarella terrà fede a questa massima di Elia.
IL LAVORO
La sera è in riunione permanente - per parlare dei dossier aperti - con Donato Marra, il segretario generale confermato a tempo nell’incarico così come tutti gli altri consiglieri del presidente. E della riconferma dello staff, Mattarella ha parlato con Napolitano. Poi in tarda serata, addormentandosi, darà un’occhiata a Porta a Porta dove è ospite Renzi. E intanto arriva alle orecchie del presidente la notizia che gli uffici pubblici stanno già mettendo la sua foto alle pareti (alcuni la faranno convivere con quella di Napolitano) e lui s’intimidisce: «Potevano pure aspettare un po’, non c’è fretta».
Dal brindisi dopo il giuramento, Mattarella è andato via dopo non molto. E ha lasciato la sala insieme a Giovanni Legnini, vice-presidente del Csm: «Vieni, dobbiamo parlare». Il plenum del consiglio superiore della magistratura è uno degli appuntamenti a cui Mattarella si sta preparando. Così come la politica estera: e la rete degli ambasciatori italiani sta lavorando allo sbarco europeo di un presidente che dai tempi in cui fu ministro della Difesa non ha più calcato la scena internazionale. Tra 15 giorni verrà in visita a Roma il nuovo segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, e avrà un incontro con Mattarella. Il quale, forse perchè Roma è Caput Mundi, ieri si è intrattenuto con il sindaco Ignazio Marino e gli ha detto: «Ci tengo che Roma recuperi quel suo ruolo storico, e la storia è anche futuro, di grande capitale del Paese». Intanto gli ex quirinabili - da Amato a Fassino, da Finocchiaro a Cantone - hanno fatto la fila insieme agli altri per salutarlo nel salone delle feste. E a qualcuno di loro è parso di sentire dal neo-presidente, oltre a «grazie», «grazie», «grazie», anche un: «mi scuso». Forse per aver rubato la scena ad altri. Senza volerlo. Poi tutti vanno via, e nel palazzo resta lui solo. Insieme al fardello del potere sulle spalle.